— Sono certo che non si tratta di un danno permanente — disse Leoh, con il tono più persuasivo che riuscì a trovare.
Le luci sui pannelli di comando si riaccesero di scatto, mentre la stanza tornava a illuminarsi. — Ehm — borbottò il meditec capo. — Se non sbaglio, tutto è ancora a posto. La corrente è tornata.
— Non ci capisco niente — disse Hector.
— Neanch’io — confessò Leoh. — Ma è un problema da chiarire.
— Che cosa?
— Come ha fatto il tenente a passare da una cabina all’altra. — Poi, rivolto al meditec capo, disse forte: — Desidero vedere la registrazione di questo esperimento. Avete niente in contrario?
L’uomo stava controllando le apparecchiature con la sollecitudine aggressiva di un padre preoccupato. — Credo che non dovreste fare più simili esperimenti fino a che non avremo installato dei gruppi elettrogeni supplementari — disse. — Tutto l’edificio è rimasto al buio.
10
Leoh sedeva nel suo studio dietro la duellomacchina e fissava lo schermo, ora spento. In quei tre giorni aveva esaminato il nastro almeno un centinaio di volte, cronometrandolo fino al psicosecondo. Aveva visto Geri e Hector nuotare pigramente, felici, come due delfini umanizzati completamente a loro agio nel mare. Poi si presentava la forma scura da pescecane di Odal, Geri strillava di paura, la scena si interrompeva.
Era stato proprio in quel momento — nell’arco di quattro psicosecondi, secondo i calcoli del professore — che l’energia elettrica era venuta a mancare in tutto l’edificio.
Quanto ci aveva messo Hector a passare dalla sua cabina a quella di Geri? Trenta secondi? Leoh aveva guardato nella cabina del tenente circa trenta secondi dopo l’interruzione. Forse meno. Dieci? Era materialmente impossibile: nessuno poteva staccarsi dai neurocontatti e passare da un cubicolo all’altro in un tempo così breve. Tanto più che tutte e due le porte erano chiuse.
Dunque pensò il professore come ha fatto a trasferirsi da Geri? Precognizione? Si è accorto prima che Odal sarebbe comparso per spaventare la ragazza? E allora, perché non se ne ricorda? O, perlomeno, perché non ricorda di essere passato da una cabina all’altra? E perché quell’enorme assorbimento di energia? Che cos’è accaduto alla macchina, per causarlo?
Leoh vedeva una sola risposta, ma era talmente azzardata che preferiva trovarne un’altra. Quella risposta era teletrasferimento.
La duellomacchina amplificava i poteri del telepate naturale. Certi dicevano di essere in grado di spostare piccoli oggetti senza alcuno sforzo fisico evidente. La duellomacchina poteva forse amplificare anche quella capacità? E, nel farlo, assorbire tutta l’energia elettrica dell’edificio?
Leoh scosse la testa. Troppa teoria, nessun fatto. Se ci fossero state delle telecamere per la registrazione nelle cabine, si sarebbe potuto precisare il momento esatto dell’arrivo di Hector. Aveva compiuto il tragitto in quattro secondi. O in un tempo ancora minore?
La porta si aprì e comparve la figura alta e magra del tenente. Se ne stava lì, indeciso.
Leoh alzò gli occhi. — Sì?
— È l’ora… Il giornalista e i suoi padrini sono arrivati per il duello.
Seccato per l’interruzione, Leoh si alzò e si diresse verso la macchina. — Quante stupidaggini! — borbottò. — Solo una bravata pubblicitaria.
Il meditec capo, presentò i due contendenti e i rispettivi padrini. Per Leoh, soltanto Hector. Per il reporter, il direttore del suo giornale, nervoso e semicalvo, e il vicepresidente di una rete televisiva, dall’aria tranquilla e beata. Probabilmente quello ha tre esperti di dietetica e un biochimico che fanno del loro meglio per impedirgli di superare il peso disse Leoh tra sé.
Scambiate le frasi di prammatica, i duellanti entrarono nelle rispettive cabine. Hector sedette ad un’estremità della lunga panca curva e imbottita che, staccandosi dal banco di manovra, correva lungo la parete. Il direttore e il vicepresidente sedettero all’altra estremità. Eccetto i meditec, che presero il loro posto ai vari apparecchi, nella stanza non c’era nessuno. La galleria della stampa era vuota. Sui pannelli si accesero le luci, e la stanza silenziosa vibrò per il ronzio appena percettibile dell’energia elettrica.
Solo dieci minuti dopo, tutte le luci dei pannelli di comando passarono dal verde al color ambra. Il duello era terminato.
Hector si alzò di scatto e si diresse alla cabina di Leoh. Il professore uscì, sorridendo leggermente.
— Siete… è andato tutto bene? — domandò Hector.
Il reporter stava uscendo dall’altra cabina e il suo direttore allungò una mano per sorreggerlo. Pareva un grosso pezzo di pasta, bianco come un lenzuolo e scosso terribilmente.
— Manca di riflessi — commentò Leoh — e non ha alcuna idea delle più elementari leggi della fisica.
Il vicepresidente della rete televisiva si alzò e si diresse verso Leoh, tendendogli la mano e sfoderando un sorriso che metteva in mostra una dentatura imponente. — Permettete che mi congratuli con voi, professore — disse in tono corale.
Leoh gli strinse la mano, ma rispose: — Questo è stato semplicemente uno spreco di tempo, e mi sorprende che un uomo nella vostra posizione indulga in simili follie!
L’altro chinò appena la testa e rispose, piano: — Temo di avere avuto torto. I miei collaboratori mi avevano convinto che sarebbe stato opportuno compiere l’esperimento e render noti al pubblico i risultati. Avete qualcosa in contrario, se presentiamo il nastro con la registrazione sul nostro schermo tridimensionale?
— Il vostro inviato farà la figura del cretino. È stato investito da una boccia e poi, sopravvalutando le sue forze, si è rotto la schiena cercando di sollevare…
Il vicepresidente alzò entrambe le mani. — Non m’importa affatto di quello che mostrerà la pellicola. Sono deciso a renderla di dominio pubblico, se voi non avete niente in contrario.
— Per me, sono d’accordo.
— Diventerete famoso in tutto il pianeta! — esclamò l’altro. — Il vostro nome sarà familiare a chiunque. Diventerete un divo della tri-di!
— Se il nastro con la registrazione riuscirà a convincere gli acquatainiani che la duellomacchina è assolutamente sicura, sarò soddisfatto — disse Leoh. — In quanto alla fama, sono già abbastanza noto.
— Ma non al grosso pubblico. Certo, siete famoso tra gli scienziati e tra l’élite di Acquatainia e della Federazione. Ma l’uomo della strada vi ha visto solo di sfuggita qualche volta nel telegiornale. Ora, invece, diventerete popolarissimo.
— Per via di questo stupido duello? Ne dubito.
— Vedrete — promise il vicepresidente.
Il vicepresidente non aveva esagerato. Anzi, gli avvenimenti superarono le sue previsioni.
Il duello di Leoh fu trasmesso sulle reti della tridimensionale in tutto il pianeta, quella sera stessa. Prima che finisse la settimana la registrazione era stata proiettata in tutto l’Ammasso d’Acquatainia, ed era stata richiesta anche dalla Federazione Terrestre.
Per la prima volta il grosso pubblico poteva assistere a un duello, e il fatto che vi partecipasse l’inventore della famosa macchina rendeva la trasmissione due volte affascinante. La vista del reporter che cascava ingenuamente nei trabocchetti, mentre Leoh lo esortava con sollecitudine a stare attento a ogni passo, sembrò divertentissima alla maggior parte degli spettatori. Gli acquatainiani, che ormai da tanti mesi vivevano sotto la minaccia di una guerra incombente, provarono un sollievo immenso nell’assistere a quella specie di farsa: l’inventore della duellomacchina, l’uomo che aveva posto fine ai delitti di Kerak, sfoggiava la propria bravura dimostrando di poter opporre una mente superiore al dittatore Kanus.