Выбрать главу

«Non essere stupido, Feyd» gli rispose brusco il Barone. «Finché la Gilda Spaziale rimane virtualmente fuori dal controllo imperiale, non può essere altrimenti. Come fanno le spie e gli assassini a correre su e giù?»

La bocca di Feyd-Rautha produsse un inarticolato «Oooh». «Abbiamo preparato dei diversivi, alla Residenza» disse Piter. «Vi sarà un attentato alia vita dell’erede degli Atreides… un attentato che potrebbe anche avere successo.»

«Piter!» tuonò il Barone. «Avevi detto…»

«Avevo detto che un incidente può sempre capitare» replicò Piter. «E l’attentato deve apparire genuino.»

«Ah, ma il ragazzo ha un corpo così giovane e dolce…» mormorò il Barone. «Certo, potenzialmente è molto più pericoloso del padre… con quella strega di sua madre che lo addestra, maledetta donna! Beh, continua, Piter.»

«Hawat avrà indovinato che abbiamo un agente, tra loro» disse Piter. «I sospetti, ovviamente, cadranno sul dottor Yueh, che per l’appunto è il nostro agente. Ma Hawat ha compiuto indagini, e ha scoperto che il nostro dottore è un laureato della Scuola Suk, con il Condizionamento Imperiale… il che fa presumere che sia abbastanza fedele da poter curare perfino l’Imperatore. Si fa molto affidamento sul Condizionamento Imperiale. Si è convinti che quel condizionamento sia definitivo, e che non sia possibile estinguerlo senza uccidere il soggetto. Tuttavia, come qualcuno ha osservato a suo tempo, con una leva adatta si può scardinare un pianeta. Noi abbiamo trovato la leva che può scardinare il dottore.»

«Come?» esclamò Feyd-Rautha. L’argomento lo affascinava. Tutti sapevano che era impossibile rimuovere un Condizionamento Imperiale!

«Un’altra volta» disse il Barone. «Vai avanti, Piter.»

«Al posto di Yueh» proseguì Piter, «faremo inciampare Hawat su un’altra persona sospetta molto più interessante. La stessa assurdità del sospetto finirà per raccomandare quella donna all’attenzione di Hawat.»

«Donna?» chiese Feyd-Rautha.

«Lady Jessica in persona» confermò il Barone.

«Non è forse sublime?» insistette Piter. «La mente di Hawat sarà così sconvolta da una simile prospettiva, che le sue funzioni di Mentat ne saranno paralizzate. Potrebbe addirittura cercare di ucciderla.» Piter si accigliò. «Ma non credo che lo farà.»

«Tu non vuoi che lo faccia, eh…?» sogghignò il Barone.

«Non mi distraete» ribatté Piter. «Mentre Hawat sarà occupato con Lady Jessica, distoglieremo ulteriormente la sua attenzione con una rivolta delle guarnigioni urbane, o qualcosa di simile. La rivolta sarà soffocata. Il Duca crederà di avere la situazione in pugno. Poi, quando il momento sarà maturo, a un segnale di Yueh noi precipiteremo loro addosso col grosso delle nostre forze…»

«Continua, digli tutto» lo incitò il Barone.

«Li attaccheremo insieme a due legioni di Sardaukar travestite con la divisa degli Harkonnen.»

«Sardaukar!» annaspò Feyd-Rautha. La sua mente corse alle terribili truppe imperiali, gli spietati assassini, i soldati fanatici dell’Imperatore Padiscià.

«Vedi quanta fiducia ho in te, Feyd?» disse il Barone. «Nulla di tutto questo deve trapelare alle altre Grandi Case, altrimenti il Landsraad potrebbe coalizzarsi contro la Casa Imperiale, e tutto precipiterebbe nel caos.»

«Il punto più importante» fece Piter, «è questo: dal momento che la Casa degli Harkonnen viene qui usata per il lavoro sporco dell’Imperatore, noi ne ricaviamo un vantaggio concreto. Certamente è un vantaggio pericoloso, ma, se usato con cautela, apporterà alla Casa degli Harkonnen una ricchezza più grande di qualsiasi altra Casa dell’Impero.»

«Non puoi immaginare quanta ricchezza, Feyd» continuò il Barone. «Neppure nei tuoi sogni più folli. Per prima cosa, avremo in mano, irrevocabilmente, la direzione della CHOAM.»

Feyd-Rautha assentì. Ecco di che cosa si trattava: la ricchezza!

La CHOAM era la chiave della ricchezza, ogni Nobile Casa affondava le mani nei forzieri della Compagnia, sfruttando i propri poteri direttivi per agguantare tutto quello che poteva. I direttorati della CHOAM erano il segno di un effettivo potere nell’Impero: essi, legati all’equilibrio instabile delle forze del Landsraad, servivano a bilanciare la strapotenza dell’Imperatore e dei suoi sostenitori.

«Il Duca Leto» disse ancora Piter, «potrebbe cercar rifugio tra i Fremen, quei pochi pezzenti che abitano ai bordi del deserto. O potrebbe cercar di mandare la sua famiglia in quell’immaginaria oasi di sicurezza. Ma quella via è bloccata da uno degli agenti di Sua Maestà, l’Ecologo Planetario. Forse lo ricorderete… Kynes.»

«Feyd lo ricorda» fece il Barone. «Continua.»

«Non vi piacciono molto i particolari, Barone» replicò Piter.

«Ti ordino di continuare!» ruggì il Barone.

Piter scrollò le spalle. «Se le cose andranno come previsto» dichiarò a Feyd-Rautha, «entro un anno standard la Casa degli Harkonnen avrà un suo vassallaggio su Arrakis. Tuo zio godrà di un beneficio legale su quel feudo. Un suo agente personale dominerà su Arrakis.»

«Più profitti» disse Feyd-Rautha.

«Esatto» confermò il Barone. E pensò: È solo un atto di giustizia. Perché noi siamo quelli che abbiamo soggiogato Arrakis… a parte quei pochi bastardi Fremen che si nascondono sui bordi del deserto… e qualche innocuo contrabbandiere, legato al pianeta più strettamente degli schiavi indigeni.

«E le Grandi Case sapranno che il Barone ha distrutto gli Atreides!» esclamò Piter. «Tutti lo sapranno.»

«Lo sapranno» ansimò il Barone.

«E la cosa più bella» continuò Piter, «è che anche il Duca lo saprà. Già adesso lo sa. Sta fiutando la trappola.»

«È vero, il Duca lo sa» disse il Barone. C’era una sfumatura di tristezza nella sua voce. «Non può fare a meno di saperlo… che peccato!»

Il Barone si allontanò dal globo di Arrakis. Mentre emergeva dall’ombra, la sua figura acquistò una dimensione… era grosso, e immensamente grasso. Le protuberanze quasi invisibili sotto le pieghe della veste scura rivelavano che quel grasso era in parte sostenuto da sospensori portatili sistemati sulla pelle. Doveva pesare, in verità, almeno duecento chilogrammi standard, ma i suoi piedi non ne dovevano sostenere più di cinquanta.

«Ho fame!» tuonò il Barone, e si sfregò le labbra sporgenti con la mano coperta di anelli. Fissò Feyd-Rautha con occhi avvolti da cuscinetti di grasso. «Fai portare qualcosa da mangiare, mio caro. Mangeremo prima di ritirarci.»

Così parlò Santa Alia del Coltello: «La Reverenda Madre deve saper combinare l’arte della seduzione di una cortigiana con l’intoccabile maestà di una dea vergine, mantenendo questi due attributi in perfetto equilibrio fra loro finché durano i poteri della sua giovinezza. Poi, una volta tramontate bellezza e giovinezza, lei scoprirà che quel ’posto di mezzo’ un tempo occupato dalle tensioni che mantenevano l’equilibrio è diventato una fonte di astuzia e d’infinite risorse.»

dalle «Cronache familiari di Muad’Dib», della Principessa Irulan

«Allora, Jessica, hai qualcosa da dirmi?» chiese la Reverenda Madre.

Era quasi l’ora del tramonto a Castel Caladan, il giorno dell’ordalia di Paul. Le due donne erano sole nel soggiorno di Jessica, mentre Paul aspettava nella stanza accanto: quella della Meditazione, isolata acusticamente.

Jessica era in piedi davanti alle finestre che si affacciavano a sud. Guardava, e tuttavia non vedeva, le nubi colorate della sera, al di là del prato e del fiume. Udì, e tuttavia non ascoltò, la domanda della Reverenda Madre.

C’era già stata un’ordalia, molti anni prima. Una ragazza magra, i capelli color del bronzo, il corpo ancora in preda agli sconvolgimenti della pubertà, era entrata nello studio della Reverenda Madre Gaius Helen Mohiam, Supervisore della Scuola Bene Gesserit su Wallach IX. Jessica chinò gli occhi sulla mano destra. Distese le dita, ricordando il dolore, il terrore, la rabbia.