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La creatura sfoderò gli artigli, e nonostante fossero lontani dal bersaglio, lasciarono nella loro scia un formicolio da brivido. La mente di El si intorpidì lievemente: sembrava non riuscire a concentrasi sugli incantesimi.

Quanti gliene erano rimasti, a proposito?

Oh, Mystra. Non riusciva a ricordare.

Quando la creatura tornò all’attacco, questa volta più vicina, il principe fu colto dal panico. Corri! El si voltò e schizzò via tra gli alberi, inciampando a causa delle gambe più corte e del corpo più leggero. Per tutti gli dei, gli elfi erano velocissimi!

Riusciva a schivare agevolmente gli attacchi della creatura misteriosa. Per impulso si spostò rapidamente all’indietro, nella direzione da cui era venuto. Il mostro lo seguì.

Si voltò nuovamente, e questa volta arrischiò un semplice incantesimo di fuga, nonostante sapesse che la gemma conteneva molto di più. Una bestia tanto caotica, fatta di incantesimi tanto bizzarri, sicuramente sarebbe svanita al tocco di…

La magia di El divampò. La creatura sfuggente, dai numerosi artigli, tremolò, si scosse e continuò ad avvicinarsi.

Elminster abbassò il capo e iniziò a correre veloce, zigzagando fra gli alberi, acquattandosi dietro ad affioramenti rocciosi, balzando sopra radici e funghi dall’aspetto poco rassicurante. I sibili e i borbottii dietro di lui però non accennavano a diminuire.

L’ultimo principe di Athalantar fu attraversato da un brivido quando si accorse di poter correre molto più rapidamente di quanto non immaginasse.

Bene, gli rimaneva un’ultima piccola arma magica: un incantesimo che gli permetteva di sprigionare fiamme dalla mano. Solitamente serviva per accendere il fuoco o per indurre bestie feroci alla ritirata, non era un incantesimo da battaglia, ma…

El si nascose dietro un albero, prese fiato e iniziò ad arrampicarsi. Le sue nuove dita, più lunghe e più esili trovarono fessure nella corteccia in cui le sue mani umane non avrebbero mai potuto entrare, e dato il peso minore del corpo poté aggrapparsi ad appigli che non avrebbero mai retto il suo corpo precedente. Quando El trovò un ramo che giudicò sufficientemente grande, l’entità misteriosa gli era ormai alle calcagna.

Giunta dietro l’albero, la creatura sembrò percepire la sua presenza, e guardò in alto senza esitazioni. Elminster indirizzò la fiamma tra i numerosi occhi della bestia magica, e si mise al riparo, per evitare che gli balzasse addosso.

Si aspettava che la cosa urlasse e si dimenasse, o quanto meno indietreggiasse, invece non esitò minimamente e tentò di mordergli la mano attraverso le fiamme. Sembrava addirittura più grande e più vigorosa, per niente ferita dall’incantesimo.

I suoi potenti artigli fendettero freneticamente l’aria; El azzardò un’occhiata e decise che sarebbe stato prudente salire più in alto. Aveva appena iniziato ad arrampicarsi quando l’albero tremò sotto di lui. La creatura aveva squarciato corteccia e legno come fossero stati aria, ricavando un appiglio per le sue zampe. Un singolo colpo ed ecco un altro appiglio. Senza pausa l’entità si issò sul tronco e continuò la scalata. El osservò affascinato: si arrampicava con la stessa velocità con la quale un uomo munito di un’armatura avrebbe risalito una fune!

L’avrebbe raggiunto in pochi istanti. Si trovava proprio sotto di lui, e El avrebbe potuto lanciarle qualsiasi cosa. Non gli rimanevano però che alcuni incantesimi strani, per nulla attinenti al combattimento, e non aveva tempo di ricorrere ai poteri della gemma.

Presto sarebbe stato costretto a saltare. Istintivamente si portò dietro il tronco. L’essere dai tanti artigli lo seguì piuttosto goffamente, incidendo la sua strada sulla corteccia. Bene: non sarebbe riuscita a prenderlo quando le fosse passato accanto. Elminster tornò al primo ramo, una postazione di gran lunga migliore, e si tenne saldo. Quando la creatura fu bene in vista, dall’altra parte del tronco, il principe le sferrò un piccolo incantesimo direttamente negli occhi.

Una luce divampò e subito dopo svanì. La bestia non sembrò per nulla scossa, ed El socchiuse gli occhi, sorpreso. Sì, sembrava ancora più grande, e in certo qual modo più forte.

Mentre si arrampicava verso di lui, il giovane tentò con un piccolo incantesimo di ottenere informazioni di cui in realtà non necessitava.

La magia raggiunse la creatura e svanì, senza infondergli alcuna conoscenza. La cosa si ingrandì lievemente.

Quel mostro si nutriva di incantesimi! Doveva per forza essere un ammazzamaghi, un essere di cui aveva sentito parlare molto tempo prima, nei giorni trascorsi con gli avventurieri delle Lame Coraggiose. Gli ammazzamaghi erano creature magiche, evocate da rari incantesimi repressi: il loro compito era uccidere maghi che conoscevano un solo modo di combattere, ossia sferrare incantesimi.

La sua magia, per quanto disperata, poteva solo rendere quell’essere più forte, non certo nuocergli. Era sì un uccisore di maghi e un Eletto di Mystra, ma non riusciva assolutamente a evitare gli errori, che commetteva in continuazione, con fin troppo zelo.

Basta con le riflessioni, si disse, erano un lusso per i maghi, e in quel momento sarebbe stato più opportuno dimenticarsi di appartenere alla categoria. Gli rimanevano solo pochi istanti per tentare un’alternativa prima d’esser costretto a saltare, o a morire. Cautamente sfoderò uno dei pugnali da cintola, e lo lasciò cadere di punta negli occhi della bestia sibilante.

L’arma sembrò non incontrare alcun ostacolo e raggiunse il terreno con un tonfo solido, creando al suo passaggio una striscia di vuoto nella creatura. L’ammazzamaghi rabbrividì e urlò, il tono acuto, spaventoso, furioso, ma in qualche modo più flebile di prima.

Poi smise di lamentarsi e ricominciò ad arrampicarsi per raggiungere Elminster, un odio feroce negli occhi. Il foro praticato dal pugnale era svanito, ma la bestia era visibilmente più piccola. L’ultimo principe di Athalantar annuì tranquillamente, piantò uno stivale contro il tronco sotto di lui, e prese lo slancio.

L’aria sibilò dietro di lui per un istante, prima che le sue mani afferrassero il ramo su cui intendeva fermarsi tra il fruscio delle foglie e il rumore dei ramoscelli spezzati. Vi rimase appeso per un momento, ascoltando alle sue spalle le urla incessanti, poi si lasciò cadere, ruotando per afferrare un ramo più basso.

Non sembrava affatto uno degli eroi decantati dai menestrelli. Invece di afferrare un ramò, le sue mani si chiusero su un pugno di foglie, e un istante più tardi l’Eletto di Mystra cadde duramente sul fondoschiena, fece un’involontaria capriola all’indietro e riguadagnò la posizione eretta con un grugnito. Il posteriore gli avrebbe fatto male per giorni.

E la sua corsa si sarebbe trasformata in un’andatura sgraziata. Elminster sospirò mentre osservava la creatura scivolare dall’albero in una spirale vertiginosa, per raggiungerlo e ucciderlo.

Se avesse utilizzato l’unico incantesimo che teneva ancora pronto, sarebbe tornato in un battibaleno al nascondiglio dello scettro, ma poi avrebbe dovuto ripercorrere a piedi tutto il bosco, lasciando quel mostro sibilante, e forse il misterioso inseguitore, in agguato tra il punto in cui si trovava e Cormanthor.

Raccolse allora il pugnale scagliato precedentemente. Ne aveva un altro alla cintura, un terzo nella manica, e uno in ogni stivale. Ma sarebbero stati sufficienti per arrecare all’ammazzamaghi qualcosa di più di un banale fastidio?

Pronunciando un’imprecazione tipicamente umana, l’elfo che non era Iymbryl Alastrarra proseguì zoppicando in direzione sud, coltello alla mano, domandandosi dove sarebbe riuscito ad arrivare prima che la cosa lo raggiungesse.