Dopo l’imbrunire? O in un luogo più appartato? Nel punto in cui si trovava la rete di sentieri si faceva meno fitta, i ponti erano meno numerosi e luci e suoni erano più flebili. Se avesse proseguito si sarebbe probabilmente inoltrato nel cuore verde dei boschi attorno alla città, verso sudest. Sì, sudest. Scrutò in quella direzione, e vide rampicanti, fitti gruppi di alberi nodosi, e una conca ricoperta di felci. Quest’ultima lo spinse a prendere una decisione. In quel momento gli avvallamenti ammantati di felci non occupavano una buona posizione nella sua graduatoria personale dei luoghi più attraenti.
El si voltò e riprese a camminare, muovendosi con leggerezza sulle punte, come sembrava facessero tutti gli elfi di Cormanthor. Ora si muoveva convinto, come se fosse diretto verso una destinazione conosciuta. La sua mano però era vicina all’impugnatura del pugnale, nascosto nella manica. Stava andando dritto verso un nemico invisibile, in attesa? Un nemico che avrebbe potuto sguainare una spada e trafiggere un falso Iymbryl Alastrarra?
Il suono melodioso di un’arpa si levò da un giardino pensile alla sua sinistra. Doveva proseguire, che altro poteva fare?
Dopo la missione affidatagli dal morente Iymbryl avrebbe dovuto svolgere il suo primo compito per Mystra. El scosse il capo esasperato. Quel luogo era così affascinante: avrebbe tanto voluto poter vagabondare liberamente e godersene la bellezza.
Proprio come avrebbe desiderato crescere nel regno di Athalantar con i suoi genitori, senza dover rabbrividire in regioni selvagge come orfano fuorilegge, perseguitato dai signori maghi. Sì, vi era sempre qualcuno con poteri magici in agguato a rovinare tutto. El strinse i denti e si diresse a nordest. Avrebbe attraversato la città, e poi cercato di seguirne il perimetro più esterno: aveva già percorso i labirinti del centro senza trovare il minimo segno del sigillo del falcone degli Alastrarra.
Nessuna spada invisibile lo trafisse, ma la sensazione di essere osservato era tutt’altro che svanita. A mano a mano che il giovane proseguiva, il bagliore di simboli incantati si faceva sempre più intenso. I raggi del sole morente tingevano ogni sera le cime degli alberi di luce dorata, ma là sotto, nella penombra screziata, non penetravano mai.
I giochi e le musiche proseguirono implacabili mentre la sera scendeva su Cormanthor. El continuò a camminare, cercando di controllare la preoccupazione. La gemma del sapere poteva averlo ingannato? Gli aveva forse mostrato una Casa Alastrarra più antica, oppure essa si trovava fuori dalla città? La kiira non conteneva, tuttavia, scene di un’altra abitazione di famiglia, né indicazioni che si trovasse altrove nel regno di Cormanthor. Sicuramente Iymbryl conosceva bene il luogo in cui viveva.
Sì, troppo bene per avere importanza e occupare un posto di rilievo tra i ricordi immagazzinati nella gemma. I dintorni di Casa Alastrarra erano qualcosa di ordinario per i portatori della gemma, non…
Ma un momento! Quello non era un… no, il simbolo del falcone che stava cercando?
El deviò dal sentiero, il suo passo più rapido. Sì, era proprio lui!
I suoi ringraziamenti a Mystra furono silenziosi ma non per questo meno sentiti.
Il cancello arcuato era aperto e bagliori magici verdi e blu costellavano le piante di vite che lo contornavano. El lo attraversò, fece due passi nell’oscurità del giardino oltre la soglia, e poi si voltò a scrutare la strada dietro di lui.
Nessun elfo in vista, ma lo sguardo invisibile era tutt’altro che svanito. Elminster si rigirò lentamente.
Qualcosa scintillò nel vuoto davanti a lui e fluttuò sopra il sentiero che si snodava serpeggiante nel giardino. Qualcosa che pochi attimi prima non c’era. Si trattava di un elmo luccicante, e delle braccia e delle spalle di un elfo in armatura.
O delle sue sembianze: poiché braccia, spalle e testa fu tutto ciò che vide. Il corpo su cui avrebbero dovuto poggiare mancava, e l’armatura luccicante nel buio si disperdeva come fumo sotto il petto dell’apparizione silenziosa. Mentre El la fissava, qualcosa si levò minaccioso da dietro un cespuglio alla sua sinistra: un’altra guardia, uguale alla prima.
El deglutì visibilmente. Aveva risvegliato le difese magiche di quel luogo. Attaccarle con incantesimi non era forse la scelta più saggia, perciò si girò lentamente sui talloni mentre una dopo l’altra le guardie spettrali si levavano dal giardino immerso nella semioscurità per circondarlo da ogni lato.
Le fessure per gli occhi di uno degli elmi si illuminarono di fuoco, ed El si ritrovò di fronte il primo guardiano che gli aveva bloccato la strada. La casa si ergeva dietro di lui, proprio come gli aveva mostrato la gemma. I bagliori fiochi di luci in movimento illuminarono le finestre strette e alte di cui gli Alastrarra andavano tanto fieri.
Forse, in quel momento, qualcuno di loro stava osservando dalla finestra per vedere che tipo di creatura stavano per uccidere i guardiani.
Mentre Elminster se ne stava in silenzio, interrogandosi sul da farsi, e frugando disperatamente nei ricordi della gemma in cerca di una guida, sottili fasci color ambra fuoriuscirono improvvisamente dall’interno dell’elmo e toccarono il principe di Athalantar.
El non sentì alcun dolore; i raggi lo avevano attraversato senza provocare bruciature o lacerazioni, lasciandogli solo un lieve pizzicore. Improvvisamente sentì calore sulla fronte e vide una luce che quasi l’accecò. Serrò gli occhi finché non riacquistò le sue facoltà visive.
La gemma del sapere si era risvegliata e ora brillava come una fiamma saltellante nell’oscurità del giardino. La sua manifestazione sembrò soddisfare i guardiani. I raggi indagatori svanirono, e gli elmi minacciosi iniziarono a sprofondare nel buio in ogni direzione, tutti tranne il primo, che rimase sospeso in mezzo al sentiero, l’elmo ormai scuro.
Elminster si fece coraggio e gli andò tranquillamente incontro, fin quasi a toccare col naso lo strascico fumoso che segnava il termine del suo corpo materiale.
Il contatto, tuttavia, non avvenne. Quando El fece l’ultimo passo la sentinella silenziosa svanì, e il giovane si trovò con lo sguardo fisso sull’entrata principale di Casa Alastrarra. Dal portale si levava una musica flebile, e minuscoli ornamenti di luce dorata formavano motivi infiniti ed intricati su uno dei pannelli.
La kiira non gli aveva rivelato la presenza di trappole o di campanelli, né tanto meno di servi, perciò El si incamminò verso le porte e allungò una mano sulla maniglia a forma di mezza luna, sospesa nell’aria come una barriera. Mystra avrebbe provveduto affinché fossero aperte, pensò il giovane mago.
Mentre faceva quell’ultimo passo e appoggiava la mano sopra la mezza luna, El si rese conto che qualcosa era cambiato. Per la prima volta da ore, la pressione onnipresente degli occhi invisibili che lo scrutavano era svanita.
Fu invaso da una fresca sensazione di sollievo: sollievo che durò solo un attimo prima che la maniglia sotto la sua mano si illuminasse di un fuoco improvviso color blu intenso, e le porte si aprissero silenziosamente, lasciandolo davanti agli occhi sorpresi di numerosi elfi seduti nella sala oltre la soglia.
«Oh», sussurrò Elminster. «Madre Mystra, se mi ami, assistimi in questo momento».