«I tuoi incantesimi?», ghignò la donna con un tono che denotava tutta la sua incredulità. Il volto di Filaurel, tuttavia, bagnato di lacrime, era sollevato e attento a ogni sua parola.
«Mentre cercavo di raggiungerlo, venne trafitto da una forca ruukha, e cadde nelle acque del torrente. I miei incantesimi ci portarono entrambi lontano dai nemici, ma Iymbryl stava morendo. Se fosse vissuto più a lungo, lo avrei condotto qui sotto la sua guida, ma ebbe solo il tempo di mostrarmi che avrei dovuto portare la kiira alla fronte, poi si ridusse in polvere».
«Ha detto qualche cosa?», singhiozzò Filaurel. «Le sue ultime parole: te le ricordi?» La sua voce si fece più angosciata e risuonò negli angoli lontani della stanza.
«Sì, Lady», le rispose gentilmente. «Pronunciò un nome, ed affermò che presto avrebbe raggiunto quella persona… Ayaeqlarune».
Vi fu un mormorio generale, e sia Melarue sia Filaurel si nascosero il volto. La madre, tuttavia, rimase immobile e bianca come il marmo, mentre l’anziano mago si limitò ad annuire tristemente.
Quel clima di dolore venne interrotto da nuovi arrivati: alcune figure slanciate, impettite e fiere, dai costumi sfarzosi e dalle maniere altezzose, entrarono nella stanza e rimasero a guardare. Si trattava di quattro donne e due fanciulle, con un signore giovane e superbo alla loro testa. El lo riconobbe dalle visioni, sebbene in quella stanza non vi fossero sedie fluttuanti né colonne costituite da alberi vivi, né macchie di sole. Quello era dunque Ornthalas, il nuovo erede, sebbene lui ancora non lo sapesse, della Casata degli Alastrarra.
Ornthalas guardò El con aria un po’ perplessa. «Fratello», domandò, corrugando elegantemente un sopracciglio, «che cosa significa tutto ciò?»
Poi diede un’occhiata intorno a sé. «La Casa è tua; non hai bisogno di sfidare nessuno». Il suo sguardo si posò su Filaurel, e si oscurò. «Oppure hai preso nostra sorel…»
«Calmati, figliolo», gli intimò seriamente Naeryndam. «Tali pensieri avviliscono tutti noi. Vedi la gemma sulla fronte di tuo fratello?»
Ornthalas guardò lo zio come se l’anziano mago avesse perduto la testa. «Naturalmente», rispose. «È una sorta di gioco? State…»
«Taci per una volta», esclamò secca Namyriitha, e qualcuno fra le guardie ridacchiò.
A quel rumore il giovane elfo si drizzò, si guardò attorno nel tentativo di imporre silenzio; poi annunciò all’anziano mago: «Sì, Onorato Zio, la vedo la kiira».
«Bene», esclamò sarcasticamente il vecchio, al che si udì un altro mormorio fra i guerrieri, questa volta un po’ più soffocato. Naeryndam lasciò che si smorzasse, e poi continuò: «Hai giurato di obbedire al portatore della kiira, come tutti noi».
«Sì», annuì Ornthalas, nuovamente perplesso. «Lo so da quando ero bambino, Zio».
«E te lo ricordi ancora? Bene, bene», ribatté a bassa voce il mago, questa volta suscitando numerose risate. Lady Namyriitha e Melarue si irrigidirono, i volti evidentemente esasperati, ma rimasero in silenzio.
«Dunque giuri sulla kiira della nostra casata, e su tutti i tuoi antenati che vivono al suo interno, di non alzare un dito, e di non sferrare alcun incantesimo su tuo fratello mentre ti si avvicina?» gli domandò Naeryndam, la voce improvvisamente dura e tintinnante come una lama sul metallo.
«Lo giuro», ribatté brevemente Ornthalas.
L’anziano elfo lo prese sotto braccio e lo condusse attraverso la barriera sibilante, poi si rivolse a El ed esclamò: «Eccolo. Fate ciò che dovete, signore, prima che qualcuno di cattivo temperamento commetta qualcosa di stupido».
El inclinò la testa in segno di ringraziamento, prese delicatamente Filaurel per i gomiti, e affermò: «Le mie umili scuse, fanciulla, per aver ostacolato la tua libertà. Era necessario. Che gli dei ti proteggano, affinché ciò non debba mai più accadere nei lunghi anni a venire».
Filaurel indietreggiò, gli occhi spalancati, e si portò le nocche alle labbra. Prima di voltarsi, tuttavia, mormorò: «Il tuo onore è integro, signore sconosciuto».
El fece due rapidi passi verso Naeryndam, lo aggirò agevolmente, e si avvicinò a Ornthalas con un sorriso gentile.
Il giovane elfo lo guardò. «Fratello, stai rinunciando?»
«Tristi notizie, Ornthalas», esclamò Elminster quando naso e fronte si incontrarono e, una volta iniziati il formicolio e lo sfavillio, si aggrappò disperatamente alle spalle dell’elfo e aggiunse, «Io non sono tuo fratello».
I ricordi ondeggiarono intorno a lui, poi si unirono in un vortice, mentre Ornthalas strillava per lo shock e per il dolore. Un impeto di magia, bianco e ruggente, lo stava trascinando con sé, ed El non poté più resistere.
«Che la legge del vostro regno mi protegga!», urlò, e in un sussurro rauco e ansimante: «Mystra, non abbandonarmi!»
La stanza sembrava girargli attorno e gli mancò il fiato per aggiungere altro. Il suo corpo si stava allungando, tutti gridavano di rabbia e di paura, e l’ultima cosa che il principe di Athalantar vide, mentre si abbandonava ai tentacoli avidi dell’oscurità, fu il volto furioso di Lady Namyriitha, che svaniva dietro l’unica cosa solida in tutta quella confusione: lo scettro di legno, saldo nella mano di Naeryndam. Mentre il buio totale lo reclamava, El si aggrappò a quell’immagine.
5.
Il giudizio del Coronal
E così accadde che Elminster di Athalantar trovasse la famiglia elfa di cui era diventato involontariamente membro e facesse ciò che aveva promesso. Come molti che eseguono un compito insolito e pericoloso, il giovane ricevette pochi ringraziamenti. Se non fosse stato per la grazia di Mystra, quella notte avrebbe potuto morire nel giardino del Coronal.
Ornthalas Alastrarra barcollò per la stanza gridando, la testa fra le mani, la voce roca e sgradevole. Lampi magici saettavano dalla gemma, che brillava come una stella nuova sulla sua fronte, verso colui che l’aveva restituita: il corpo scomposto sul pavimento, tanto giovane, brutto… e umano.
La stanza da letto di Filaurel era in uno stato di totale agitazione. I guerrieri cominciarono ad attaccare la barriera evocata da Naeryndam, ma furono respinti violentemente. Vacillarono, urlarono di dolore in mezzo a nuvole di scintille, poi riacquistarono il controllo sulle membra tremanti e tornarono all’attacco. Sotto i loro alti stivali giaceva scomposta Melarue, i capelli disposti a ventaglio intorno a lei, stordita a causa del tentativo di oltrepassare la barriera protettiva. Aveva dimenticato gli innumerevoli incantesimi insiti nei suoi gioielli.
Ma non sua madre. Lady Namyriitha si mantenne ben distante dall’aria sibilante e iniziò ad attaccare selvaggiamente la barriera incantesimo dopo incantesimo, sciogliendo la sua essenza strato per strato. Mentre le magie si infrangevano e turbinavano, Filaurel e la maggior parte delle altre donne urlarono alla vista della vera natura di Elminster, nonché per l’agonia di Ornthalas. Numerosi servitori affollarono tutte le entrate per vedere ciò che stava accadendo.
L’anziano mago passò tranquillamente sopra il corpo immobile dell’umano dal naso aquilino e vi si mise a cavalcioni, poi estrasse una spada, apparentemente dal nulla. Luci magiche ammiccarono e s’inseguirono su e giù per la lama incisa di rune, quando egli la sollevò e la scosse un po’ dubbioso, come un vecchio guerriero che appronta un’arma che si rivela più pesante di quanto non ricordasse. Con l’altra mano alzò lo scettro. Quando, un istante dopo, la barriera svanì in uno sciabordio di scintille bianche, e i guerrieri di Casa Alastrarra avanzarono con un grido d’esultanza, egli fu pronto.