El si voltò a guardare Naeryndam. «Sono in debito con voi, onorato signore. Sono pronto, se volete condurmi dal Coronal».
«Sì, fratello», ringhiò Lady Namyriitha, sul volto un’espressione di disgusto, «rimuovete quella cosa dalle mie stanze. E tu smetti di fissarlo, Nanthee; il tuo comportamento ci avvilisce davanti a una bestia sudicia!»
La fanciulla rimproverata stava fissando, quasi estasiata, l’umano, con la sua barba ispida, le sue orecchie mozze e… le sue diversità. El le strizzò l’occhio.
Ciò fece infuriare Namyriitha e Sheedra, madre di Nanthleene, che prese la figlia per una mano e la trascinò fuori dalla stanza.
«Vieni, Principe Elminster», esclamò freddamente l’anziano mago. «Le fanciulle impressionabili di questa casa non sono per te. Nonostante vada a tuo merito il fatto che non sei disgustato di fronte a persone di razze diverse dalla tua. Molti dei miei simili non sono di così larghe vedute, perciò corri un pericolo costante in questo luogo». Detto ciò gli porse la sua spada luccicante per l’elsa. «Prendi la mia spada, vuoi?»
Stupito, Elminster afferrò la spada incantata e quando soppesò la lama, leggera e flessibile, percepì il formicolio di magie potenti. Era un’arma magnifica. La sollevò e rimase stupito della sensazione che conferiva e del modo in cui l’acciaio – se acciaio era - scintillava di blu nella luce della camera da letto. Più di una guardia annaspò allarmata alla vista del mago che armava l’intruso umano, ma Naeryndam non prestò loro attenzione.
«Anche noi correremmo un grave pericolo se un uomo dovesse vedere le glorie e le difese del nostro regno, ed è per questo che non permettiamo che a pochi della tua razza di vivere dopo aver dato anche una sola occhiata alla città. Perciò la mia spada offuscherà la tua vista, e ti costringerà ad accompagnarmi».
«Non ve n’è bisogno, Signore. Non ho alcuna intenzione di ostacolarvi, o di fuggire», lo rassicurò El sinceramente, mentre la nebbia li avvolgeva entrambi in un mondo di luce blu. «Né ho intenzione di nuocere a questa magnifica città nei tempi che verranno».
«Io questo lo so, ma molti altri elfi no», ribatté tranquillamente Naeryndam, «e alcuni sono molto abili con frecce e spade». Il mago fece un passo avanti e la nebbiolina blu scivolò via dietro di loro, dissipandosi nel nulla.
El si guardò attorno meravigliato; non si trovavano più in una stanza da letto affollata, bensì sotto il cielo notturno, nel cuore verde di un giardino. Sopra di loro brillavano stelle sfavillanti; sotto i loro piedi due sentieri di muschio morbido e rigoglioso si incontravano accanto alla statua di una grande pantera alata, che emanava un vivido bagliore blu nell’oscurità della notte. Fuochi fatui danzavano e si rincorrevano qua e là sopra le magnifiche piante, ondeggiando su luminosi fiori notturni, accompagnate dalla musica flebile di arpe invisibili.
«Il giardino del Coronal?», domandò El sussurrando piano. L’anziano elfo sorrise per lo stupore negli occhi dell’umano.
«Il giardino del Coronal», tuonò la sua voce in conferma. Non appena ebbe finito di parlare qualcosa si sollevò dal terreno ai loro piedi: diafano, e grazioso, e tuttavia dall’aspetto fatale.
Curve lisce e nude, lunghi capelli fluenti: quell’essere emanava un bagliore blu-bianco, e i suoi occhi erano due pozze scure contro le stelle quando mormorò qualcosa nelle loro menti, Chi va là?
«Naeryndam, anziano della Casata degli Alastrarra, e ospite», affermò risoluto il vecchio mago.
Il guardiano oscillò per incontrare il suo sguardo, e poi fissò Elminster negli occhi, da pochi centimetri di distanza.
Questi fu scosso da un brivido quando quegli occhi scuri penetrarono i suoi, e deglutì visibilmente. Non desiderava di certo vedere arrabbiato quel volto sereno e meraviglioso.
È un uomo. La chioma blu-bianca turbinò austera.
«Sì», rispose l’elfo con tono secco. «So riconoscerli anch’io».
Perché porti con te un intruso nel luogo in cui il Coronal dimora questa notte?
«Per vedere il Coronal, naturalmente», rispose Naeryndam alla giovane non-morta. «Quest’uomo ha portato la kiira della mia casata dall’erede morente al suo successore, solo e a piedi attraverso il cuore profondo della foresta».
Lo spirito turbinante sembrò guardare Elminster con rinnovato rispetto. È qualcosa che un Coronal dovrebbe vedere; non sono tante le meraviglie del mondo. Il volto spettrale color blu-bianco si fermò nuovamente a un palmo da quello del principe. Non sai parlare, umano?
«Non volevo mancare di rispetto a una signora», esclamò cautamente El, «e non sapevo come rivolgermi a voi. Ma ora possiamo presentarci». Il principe indietreggiò con una gamba e accennò un inchino. «Sono Elminster, della terra di Athalantar. E voi chi siete, Signora del Chiaro di Luna?»
Meraviglia dopo meraviglia, affermò lo spirito, illuminandosi. Un mortale che desidera conoscere il mio nome. Mi piace quel «Signora del Chiaro di Luna» con cui mi avete chiamato; suona bene all’orecchio. Tuttavia sappiate, Elminster, che in vita ero Braerindra ultima della Casata dei Calauth.
La sua voce, inizialmente sbalordita e compiaciuta, terminò con una nota tanto triste che Elminster riuscì a stento a frenare le lacrime. Con voce roca la consolò: «Sappiate, Lady Braerindra che finché dimorerete qui, la Casata dei Calauth non verrà dimenticata».
Ah, ma chi ne terrà vivo il ricordo? La voce nelle loro menti fu un triste sospiro. La foresta cresce attraverso stanze senza soffitto, una volta magnifiche, e dissemina le ossa e la polvere dei miei familiari, mentre io sono qui, distante. Un guardiano, ora. Gli abitanti di Cormanthor ci definiscono «fantasmi» e ci temono, si tengono a distanza. Siamo soli, e soli rimarremo.
«Io ricorderò la Casata dei Calauth», affermò tranquillamente El con voce risoluta. «E se vivrò e mi sarà concesso di camminare liberamente per Cormanthor, tornerò a parlare con voi, Lady Braerindra. Non verrete dimenticata».
La sua chioma color blu-bianco turbinò attorno a Elminster, e un brivido lo percorse. Non avrei mai pensato di udire un mortale farmi ancora onore nel mondo, rispose la voce nelle loro teste, colma di meraviglia. E tanto meno di udire tali parole da un uomo. Siate il benvenuto tutte le volte che troverete tempo di farmi visita. Il principe-mago percepì un freddo intenso, improvviso, sulla guancia e rabbrividì involontariamente. Naeryndam lo prese per le spalle mentre vacillava.
I miei ringraziamenti anche a voi, saggio mago, aggiunse lo spirito, mentre El cercava di sorridere. È una vera meraviglia ciò che mostrerete al nostro Coronal.
«Già, ora dobbiamo andare. Addio, Braerindra, al nostro prossimo incontro», rispose l’elfo.
Alla prossima, ribatté flebilmente la voce, e fili di fumo blu-bianco sprofondarono nel terreno e scomparvero.
Naeryndam trascinò Elminster lungo uno dei sentieri coperti di muschio. «Il modo con cui fai tuoi i dolori altrui mi impressiona davvero, uomo. Inizio ad avere qualche speranza per la razza umana».
«Riesco… riesco a malapena a parlare», rispose El battendo i denti. «Il suo bacio era tanto… freddo».
«In realtà, se avesse voluto, avrebbe potuto succhiarti la vita, ragazzo», gli rivelò l’anziano elfo. «È a questo che serve Braerindra, e tutti quelli come lei. Tuttavia tranquillizzati; il gelo passerà, e non dovrai più temere il tocco di nessun non-morto di Cormanthor, per sempre. O meglio, fino a quando durerà il tuo «per sempre».