Выбрать главу

«Come osi!», tuonò Oluevaera. Il giovane sollevò lo sguardo in tempo per vederla sorridere e allungare una mano per scompigliargli i capelli. «Come osi dirmi la verità», mormorò. «Pochi della mia razza lo fanno, o l’hanno fatto. È un raro piacere, trattare in tutta onestà a favore di un cambiamento».

«Che cosa mi state dicendo? Gli elfi non sono onesti?», domandò El con fare provocatorio, dopo aver notato nuovamente nei suoi vecchi occhi il luccichio delle lacrime.

«Diciamo che alcuni di noi sono troppo mondani», rispose con un sorriso, allontanandosi da lui fluttuando. Poi si voltò e aggiunse: «E gli altri sono troppo stanchi del mondo».

Alle sue parole, un’ombra si sollevò dietro di lei e comparvero improvvisamente artigli minacciosi. El si lasciò sfuggire un grido, ma gli artigli attraversarono rapidi il corpo di Oluevaera e scomparvero nell’oscurità, lasciandosi dietro un lamento acuto che riecheggiò in lontananza.

El guardò nella direzione in cui era scomparsa la creatura, poi si rivolse alla piccola maga. «Uno dei fantasmi?», domandò, le sopracciglia sollevate.

La vecchia annuì. «Anche loro vogliono imparare la tua magia».

Elminster sorrise, poi, vedendo la sua espressione, lasciò che il ghigno sparisse lentamente dal suo viso. «Non state scherzando», affermò con voce roca.

La Srinshee scosse il capo, e i suoi occhi furono velati da nuova tristezza. «Cominci a capire, spero, quanto la mia Gente abbia bisogno di te, e di altri come te, affinché infondiate in noi nuove idee e risvegliate la fiamma dello spirito che un tempo ci consentiva di elevarci sopra gli altri abitanti di Faerûn. L’armonia con gli uomini, con i mezzo sangue e gli gnomi, e persino con i nani è il sogno del Coronal. Egli vede tanto chiaramente ciò che dobbiamo fare, mentre le grandi casate si rifiutano cocciutamente di considerare qualsiasi cosa al di fuori della gloria eterna: loro sono all’apice di tutto».

El scosse il capo e abbozzò un sorriso. «Sembra che il mio fardello sia molto pesante», concluse.

«Sei in grado di portarlo», ribatté la maga, e gli strizzò l’occhio maliziosamente. «È per questo che Mystra ti ha scelto».

«Non ci siamo incontrate per decidere la cosa migliore da farsi?», chiese freddamente Sylmae, guardando il cerchio di volti solenni intorno al falò; il suo e quelli di altre cinque maghe che avevano accompagnato il Coronal alla Volta dei Secoli, dopo che i Supremi Maghi di Corte, Earynspieir e Ilimitar, si erano rifiutati di farlo.

Holone scosse il capo. «No sorella; quello è l’errore che dobbiamo lasciar commettere alle casate e agli altri membri di corte. Noi dobbiamo attendere, e osservare, e agire per il bene del regno quando le azioni avventate di altri lo renderanno necessario».

«Quali sono allora le azioni avventate che richiederebbero il nostro intervento?», domandò Sylmae. «La nomina di un uomo al rango di armathor, oppure le sue inevitabili conseguenze?»

«Le conseguenze ci indicheranno che posizioni occupano gli interessati», si intromise la maga Ajhalanda. «E le loro azioni, a mano a mano che la situazione si evolve, potrebbero richiedere il nostro intervento».

«Agiremo con la forza, non è vero?», chiese Sylmae, la voce in crescendo. «Contro il Coronal, o contro una delle grandi casate del regno, o…»

«Oppure contro tutte le casate, o contro i Supremi Maghi di Corte; o persino contro la Srinshee», concluse pacatamente Holone. «Non sappiamo in che cosa consista il nostro compito, ma solo che è nostro dovere e desiderio incontrarci, conferire e agire come un’unica entità».

«È nostra speranza, intendi», esclamò la maga Yathlanae, rimasta fino a quel momento in silenzio, «riuscire a lavorare insieme, e non essere separate, come temiamo possa accadere nel regno».

Holone annuì arcigna. «Per questo dobbiamo decidere attentamente, sorelle, molto accuratamente, per evitare discussioni tra noi».

Più di una faccia illuminata dal fuoco sospirò, sapendo quanto difficile ciò sarebbe stato.

Ajhalanda ruppe il silenzio. «Sylmae, tu frequenti la Gente di tutti i ceti molto più di noi. Quali casate dobbiamo tenere sotto controllo… chi prenderà iniziative che altri seguiranno?»

Sylmae sospirò a più riprese, cosicché le fiamme del falò tremolarono sotto i loro menti, e cominciò: «La spina dorsale delle antiche casate – quelle che disprezzano e contrastano il Coronal, e le donne maghe, e qualsiasi cosa abbia meno di tremila anni – sono gli Starym, naturalmente, e le casate degli Echorn e dei Waelvor. Loro faranno strada e le altre casate antiche, nonché quelle nuove e timide, seguiranno. Gli Starym rappresentano la marea: lenta, potente e prevedibile».

«Perché guardare la marea?» domandò Yathlanae. «Per quanto a fondo la si esamini, essa rimarrà uguale, e col passare del tempo t’inventerai soltanto nuovi motivi per osservarla e le attribuirai nuovi significati».

«Hai ragione», rispose Sylmae, «perciò non dobbiamo prestare attenzione alla marea, bensì alle casate più recenti, fiere e potenti, alle casate ricche, guidate dai Maendellyn e dai Nlossae».

«Non sono, a loro modo, altrettanto prevedibili?», obiettò Holone. «Esse sono a favore di qualsiasi evento possa diminuire il potere delle antiche casate, per poterle soppiantare o eguagliarle in termini d’importanza. Come tutti gli elfi, esse si stancano in fretta di essere derise».

«Esiste un terzo gruppo», osservò Sylmae, «che merita di essere controllato da vicino. Non sono, badate, un vero e proprio gruppo: sono coloro che camminano ognuno per la propria strada, verso stelle diverse. Alcuni li definiscono nuovi ricchi avventati; si tratta delle casate che farebbero di tutto, semplicemente per la gioia di partecipare a qualcosa di nuovo. Sono gli Auglamyr e gli Ealoeth, nonché famiglie minori come i Falanae e gli Uirthur».

«Io e te siamo Auglamyr, sorella», le ricordò pacatamente Holone. «Ci stai dunque dicendo che noi sei dovremmo tentare qualcosa di nuovo?»

«Lo stiamo già facendo», rispose Sylmae, «incontrandoci, e sforzandoci di agire di concerto. È una cosa che i fieri signori di tutte le casate, eccetto quelle nominate per ultime, non tollererebbero, se lo venissero a sapere. Le donne elfe esistono solo per danzare, per coprirsi di gemme, e per fare figli, non lo sai?»

«E per cucinare», aggiunse Ajhalanda. «Ti dimentichi la cucina».

Sylmae scrollò le spalle e sorrise. «Sono sempre stata una pessima cuoca».

Yathlanae fece altrettanto. «Vi sono maschi in questa terra che sono pessimi signori, se è per questo».

«Già, troppi», esclamò Holone, «altrimenti la nomina di un armathor umano non sarebbe altro che una notizia frivola».

«Se non agiremo saggiamente e in maniera rapida quando i tempi saranno maturi, Cormanthor correrà il rischio di essere distrutta», concluse Sylmae.

«Dunque impegniamoci», ribatté Holone, e tutte le altre le fecero eco: «Già, impegniamoci».

E come fosse stato un segnale, il falò si spense; qualcuno aveva mandato un incantesimo indagatore nella loro direzione. Senza altre parole o luci, le maghe si separarono e scivolarono via, lasciando l’aria sopra il palazzo alle stelle scintillanti e ai pipistrelli, che svolazzarono indisturbati fino al sorgere del sole.

8.

Gli usi di un uomo

Gli elfi di Cormanthor sono sempre stati noti per le loro risposte calme e misurate alle minacce. Essi riflettono sempre per mezza giornata o più, prima di affrontarle.

Shalheira Talandren, Sommo Bardo Elfo di Summerstar
Da Spade argentee e notti d’estate:
Una storia ufficiosa ma vera di Cormanthor