— Stiamo per farcela! — dissi. Avevo appena terminato la frase, quando una violenta esplosione scosse la nave e iniziammo il tuffo verso il fiume.
— L’antico teleporter! — grida de Soya. Già da un minuto ha visto l’arco, ma l’ha ritenuto uno dei tanti ponti. Adesso capisce. — Sono diretti al teleporter. Quel tratto di fiume faceva parte del Teti! — Passa in ambiente tattico. Non si è sbagliato: la nave della bambina accelera in direzione dell’arcata.
— Calma — dice il comandante Barnes-Avne. — I teleporter non funzionano. Dall’epoca della Caduta non hanno più funzionato. Non si può…
— Accosta! — grida de Soya al pilota. La navetta accelera, li schiaccia contro l’imbottitura dei sedioli. Nelle navette non esiste il campo di contenimento interno. — Accosta! Accosta! — grida de Soya. Passa sui canali di comando a banda larga. «A tutti i velivoli, chiudere sul bersaglio.»
— Arriveranno prima di noi — dice il pilota Cook, malgrado i 3 g che la spingono contro lo schienale del sediolo di guida.
«Capo PAC!» chiama de Soya, con voce tesa per l’alto carico gravitazionale cui è sottoposto. «Fuoco sul bersaglio. Fuoco per disabilitare motori e propulsori. Ora!»
Raggi d’energia saettano nella notte. La nave della bambina pare incespicare a mezz’aria, come una belva colpita nelle viscere, e poi cade nel fiume, mancando il portale di alcune centinaia di metri. Nella notte si alza il fungo di un’esplosione di vapore.
La navetta vira intorno alla colonna di vapore, a mille metri di quota. L’aria turbina di velivoli e di soldati in volo. All’improvviso i canali di trasmissione si riempiono di voci eccitate.
«Silenzio!» ordina de Soya sulla banda ampia. «Capo PAC, vedete la nave?»
«Negativo» risponde Klaus. «Vapore e detriti dell’esplosione…»
«C’è stata esplosione?» domanda de Soya. Poi, sulla banda compatta per le vedette di difesa in orbita mille chilometri più in alto. «Radar? Sensori?»
«Nave bersaglio abbattuta» è la risposta.
«Questo lo so, idioti!» sbotta de Soya. «Riuscite a rintracciarla sotto la superficie del fiume?»
«Negativo» risponde la vedetta. «Troppi echi spurii a terra e in aria. Il radar non riesce a distinguere fra…»
«Maledizione» impreca de Soya. «Madre Capitano Stone?»
«Sì» risponde dalla nave torcia l’ex comandante in seconda di de Soya.
«Lo annienti. Il portale. Il fiume. Lo tenga sotto fuoco per un minuto intero. Vetrifichi tutto. Aspetti… lo vetrifichi fra trenta secondi.» Passa sulle bande tattiche aeree. «A tutti i velivoli e a tutti i soldati nelle vicinanze… avete trenta secondi prima che una lancia CPB colpisca l’intera zona. Sparpagliatevi! »
Il pilota Cook segue il consiglio e fa virare di scatto la navetta, accelerando a mach 1,5 in direzione dello spazioporto. — Ehi, ehi! — grida de Soya, malgrado il carico gravitazionale. — Solo un chilometro. Devo guardare.
Sia l’ambiente tattico sia l’ambiente visuale sono una palese dimostrazione della teoria del caos: centinaia di velivoli e di soldati volano lontano dal portale come per effetto di un’esplosione. Sul radar la zona è quasi vuota, prima che il raggio violaceo scenda dallo spazio. Largo dieci metri e troppo luminoso per essere guardato direttamente, il CPB centra in pieno l’antico teleporter. Cemento, acciaio e ferroplastica si fondono in laghi e fiumi di lava, sull’una e sull’altra riva del fiume vero e proprio. In un istante il fiume stesso si muta in vapore, manda l’onda d’urto e la nube di vapore a gonfiarsi sulla città per chilometri in ogni direzione. Stavolta la nube a forma di fungo raggiunge la stratosfera.
Il capitano Wu, padre Brown e tutti gli altri fissano il Padre Capitano de Soya. Quest’ultimo intuisce il loro pensiero: "Bisognava catturare viva la bambina".
Non bada al loro sguardo e dice al pilota: — Non conosco bene questo modello di navetta. Può stare sospesa?
— Per alcuni minuti — risponde il pilota. Sotto l’elmetto, ha il viso lucido di sudore.
— Portaci laggiù e resta sospeso sopra l’arcata del teleporter — ordina de Soya. — Cinquanta metri andranno bene.
— Signore — dice il pilota — le termali e le onde d’urto delle esplosioni di vapore…
— Esegua l’ordine, tenente — ordina il Padre Capitano, con voce calma, che però non ammette discussioni.
Si librano sopra il teleporter. Il vapore e una violenta pioggerella riempiono l’aria, ma i raggi di ricerca e il radar ad alto profilo penetrano in basso. L’arcata del teleporter splende al calor bianco, ma non è ancora crollata.
— Stupefacente — mormora il comandante Barnes-Avne.
La Madre Capitano Stone interviene sulla banda tattica. «Padre Capitano, il bersaglio è stato colpito, ma esiste ancora. Vuole che lo colpisca di nuovo?»
«No» dice de Soya. Sotto l’arcata, il fiume si è autocauterizzato e l’acqua rifluisce sulla cicatrice surriscaldata. Nuovo vapore sale al cielo, mentre le rive d’acciaio e di cemento fusi colano nell’acqua. I microfoni esterni captano benissimo il sibilo. Il fiume è impazzito, pieno di gorghi e di mulinelli. E di detriti turbinanti.
De Soya alza gli occhi dai monitor tattici e vede che gli altri lo fissano di nuovo. "Gli ordini erano di catturare viva la bambina e di portarla su Pacem."
— Comandante Barnes-Avne — dice de Soya in tono formale — le dispiace ordinare ai suoi soldati di atterrare e di iniziare immediatamente la ricerca nel fiume e nelle zone adiacenti?
— Certo — dice Barnes-Avne. Emana ordini sulla rete di comando. Non stacca lo sguardo dal viso del Padre Capitano de Soya.
28
Nei giorni che seguono il dragaggio e la scoperta che nel fiume non vi sono né astronave né cadaveri, ma solo qualche traccia di rottami che potrebbero essere appartenuti alla nave della bambina, il Padre Capitano de Soya si aspetta la corte marziale e forse la scomunica. Invia su Pacem il corriere Arcangelo per comunicare la notizia e nel giro di venti ore la stessa nave, con differenti corrieri umani, torna a portare il verdetto: ci sarà una Commissione d’Inchiesta. Quando ascolta la notizia, de Soya annuisce: la ritiene un anticipo del proprio ritorno su Pacem per la corte marziale o peggio.
A sorpresa, è l’amabile padre Brown a presiedere la Commissione d’Inchiesta, in qualità di rappresentante personale del segretario di stato cardinale Simon Augustino Lourdusamy, mentre il capitano Wu rappresenta l’ammiraglio Marusyn della Flotta della Pax. Fra gli altri, fanno parte della commissione due ammiragli che hanno assistito alla disfatta e il comandante Barnes-Avne. A de Soya viene offerto un avvocato difensore, ma il Padre Capitano lo rifiuta.
Durante i cinque giorni dell’udienza, de Soya non è agli arresti, neppure domiciliari; ma è scontato che si tratterrà nella base militare della Pax fuori Da Vinci, fino alla conclusione dell’inchiesta. Durante quei cinque giorni il Padre Capitano de Soya cammina lungo il tratto di fiume all’interno della base, guarda la televisione locale e i canali ad accesso diretto, di tanto in tanto volge gli occhi al cielo e immagina di calcolare dove la Raffaele gira ancora nell’orbita di parcheggio, priva d’equipaggio e silenziosa, a parte i rumori dei sistemi automatici. De Soya si augura che il prossimo capitano onori meglio quella nave.
Parecchi amici gli fanno visita; Gregorius, Kee e Rettig sono ancora, nominalmente, le sue guardie del corpo, anche se ora non portano armi e, come de Soya, rimangono nella base della Pax, in virtuale stato d’arresto. La Madre Capitano Boulez, il capitano Hearn e la Madre Capitano Stone gli fanno visita, dopo avere reso la deposizione e prima di partire per la frontiera. Quella sera de Soya guarda l’azzurra coda delle loro navette che s’innalzano nel cielo notturno e prova un senso d’invidia. Il capitano Sati della Sant’Antonio beve con de Soya un bicchiere di vino, prima di tornare sulla propria nave torcia e al servizio attivo in un altro sistema solare. Perfino il capitano Lempriere passa a trovare de Soya, dopo la deposizione; e proprio la sua esitante simpatia alla fine indispettisce de Soya.