— Ai tempi della Rete — dice il dottor Holmer Ryum, capo del gruppo di medici legali — la megasfera dati ci avrebbe messo in contatto con gli archivi centrali dell’Egemonia nel giro di qualche secondo, via astrotel. Avremmo avuto quasi all’istante un raffronto.
— Se avessimo del formaggio, potremmo farci un panino al prosciutto e formaggio, se avessimo del prosciutto — replica il Padre Capitano de Soya.
— Prego?
— Niente, niente — dice de Soya. — M’aspetto di avere un raffronto nel giro di alcuni giorni.
Il dottor Ryum è perplesso. — In che modo, Padre Capitano? Abbiamo controllato le banche dati planetarie. Abbiamo controllato ogni pescatore di frodo da lei catturato… e, devo dirlo, su Mare Infinitum non c’è mai stato un arresto in massa come questo. Lei sta sconvolgendo un delicato equilibrio di corruzione che qui esisteva da secoli.
De Soya si sfrega la radice del naso. Nelle ultime settimane non ha dormito molto. — I delicati equilibri di corruzione non m’interessano, dottore.
— Capisco. Ma non capisco come possa aspettarsi un riscontro nel giro di qualche giorno. Né la Chiesa né la Pax centrale hanno schedature di tutti i cittadini dei vari mondi, per non parlare della Periferia e delle zone Ouster…
— Tutti i mondi della Pax hanno i propri archivi — replica con calma de Soya. — Per i sacramenti del battesimo e della croce. Per i matrimoni e per i decessi. Archivi dell’esercito e della polizia.
Il dottor Ryum allarga le mani, sconsolato. — Ma da dove vorrebbe cominciare?
— Da dove esistono le migliori probabilità di trovarlo — risponde il Padre Capitano de Soya.
Intanto, nel raggio dei milleduecento metri dove i due sommergibili di profondità convengono di scendere, non si trova niente dello sventurato tenente Belius. Centinaia di squali arcobaleno vengono storditi e portati in superficie per analizzare il contenuto del loro stomaco. Non si trovano resti di Belius né del suo crucimorfo. Migliaia di altri spazzini del mare vengono raccolti in un raggio di duecento chilometri e nel loro stomaco si scoprono frammenti di due pescatori di frodo, ma nessuna traccia di Belius né dello sconosciuto. Nella Stazione Tre-due-zero-sei Mediolitorale si celebra una messa funebre per il tenente; di lui si dice che è morto della vera morte e che ha trovato la vera immortalità.
De Soya ordina ai capitani dei due sommergibili di scendere a maggiore profondità e di cercare manufatti. I capitani si oppongono.
— Perché? — domanda de Soya. — Vi ho chiamati qui perché i vostri battelli possono raggiungere il fondo dell’oceano. Perché rifiutate?
— I Bocca a Lampada — dice il più anziano dei due capitani. — Per fare ricerche, dobbiamo usare le luci. Fino a milleduecento metri, se il sonar e il radar rilevano la loro risalita, possiamo precederli nell’emersione. Sotto quella quota, non avremmo alcuna possibilità. Non scenderemo oltre.
— Scenderete — dice il Padre Capitano de Soya. Il diskey papale brilla contro il nero dell’abito talare.
Il capitano più anziano muove un passo. — Può arrestarmi, spararmi, scomunicarmi… Non porterò a morte certa i miei uomini e il mio battello. Lei non ha mai visto un Bocca a Lampada, Padre!
De Soya gli tocca amichevolmente la spalla. — Non l’arresterò, non le sparerò né la scomunicherò, capitano. E vedrò presto un Bocca a Lampada. Forse più d’uno.
Il capitano non capisce.
— Ho fatto venire altri tre sottomarini della Flotta Oceanica — dice de Soya. — Troveremo, snideremo e uccideremo ogni Bocca a Lampada e ogni altro gigacanto nel giro di cinquecento chilometri. Quando v’immergerete, la zona sarà completamente sicura.
Il capitano anziano guarda il collega e poi de Soya. Sia lui sia il collega sembrano sconvolti. — Padre… Capitano… signore… sa quanto vale un Bocca a Lampada? Per i turisti e per le grandi fabbriche di Santa Teresa… signore.
— Circa quindicimila seidon di Mare-Occhio — dice de Soya. — Ossia circa trentacinquemila fiorini della Pax. Quasi cinquantamila marchi della Mercatoria. Cadauno. — Sorride. — E poiché riceverete il trenta percento che spetta a chi localizza per la marina i Bocca a Lampada, vi auguro buona caccia.
I due comandanti di sommergibile si precipitano alla porta.
Per la prima volta de Soya manda un suo sostituto sulla Raffaele per svolgere un incarico. Il sergente Gregorius viaggia da solo nella nave Arcangelo e porta con sé i dati riguardanti il DNA e le impronte, oltre a fili prelevati dal tappeto hawking.
«Non dimenticare» gli trasmette su raggio compatto de Soya, prima che la Raffaele passi a velocità quantica «che su Hyperion c’è ancora una forte presenza della Pax e che in qualsiasi momento almeno due navi torcia si trovano nel sistema. Ti porteranno nella capitale, San Giuseppe, per una corretta risurrezione.»
Legato nella cuccetta antiaccelerazione, il sergente Gregorius si limita a un borbottio. Sul video pare sereno e calmo, malgrado la morte imminente.
«Tre giorni per la risurrezione» prosegue de Soya «e non più di un giorno, direi, per esaminare l’archivio. E poi il ritorno.»
«Ricevuto, capitano» dice Gregorius. «Non sprecherò tempo nei bar di Jacktown.»
«Jacktown?» si stupisce de Soya. «Ah, sì… il vecchio nomignolo della capitale. Be’, sergente, se vuoi passare la tua unica vera sera in un bar, offro io. Con me hai passato vari mesi all’asciutto.»
Gregorius sogghigna. Vede sull’orologio che mancano trenta secondi al balzo quantico e alla dolorosa dipartita. «Non mi lamentavo, capitano.»
«Molto bene» dice de Soya. «Fai buon viaggio. Ah… sergente?»
«Comandi!» Dieci secondi.
«Grazie, sergente.»
Non c’è risposta. All’improvviso non c’è niente, all’altro capo del raggio compatto di tachioni coerenti. La Raffaele ha effettuato il balzo quantico.
La marina scopre e uccide cinque Bocca a Lampada. De Soya, nel tòttero di comando, va a esaminare di persona ogni carcassa.
— Buon Dio, non immaginavo che fossero così grandi — dice al tenente Sproul, quando arrivano sul punto dove il primo galleggia.
L’animale, color bianco sporco, supera di tre volte le dimensioni della piattaforma: una massa di peduncoli oculari, fauci spalancate, fenditure fibrillanti di branchie grandi ciascuna come un tòttero, viticci pulsanti lunghi centinaia di metri, dondolanti antenne che portano ciascuna una "lampada" a luce fredda di grande vividezza perfino lì al sole e bocche, molte bocche, ciascuna abbastanza grande da inghiottire un sottomarino della flotta. Sotto gli occhi di de Soya le squadre di raccolta già si affollano intorno alla carcassa esplosa per la decompressione, segano peduncoli oculari e tagliano la carne bianca in pezzi facilmente trasportabili prima che il caldo la guasti.
Soddisfatti che la zona sia stata ripulita dei Bocca a Lampada e di altri micidiali gigacanti, i due capitani portano i sommergibili a ventiquattromila metri di profondità. Laggiù, tra foreste di vermotubi grandi come le sequoie della Vecchia Terra, trovano una stupefacente varietà di vecchi relitti… sommergibili di pescatori di frodo, ridotti dalla pressione alle dimensioni di una valigetta… una fregata della marina, scomparsa da più di un secolo… Trovano anche stivali: decine di stivali.
— Il procedimento di concia — spiega a de Soya il tenente Sproul, mentre guardano insieme i monitor. — È una stranezza, ma accadeva anche sulla Vecchia Terra. Alcune delle più antiche operazioni di recupero marino, per esempio quella di una nave chiamata Titanic, non portarono mai in superficie cadaveri… il mare è troppo affamato per conservarli… ma mucchi di stivali. Qualcosa, nel procedimento di concia del pellame, scoraggia le creature marine, laggiù… e qui.