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Ancora una volta il cardinale Lourdusamy pare leggergli nel pensiero. — Niente manipolazioni genetiche, Federico. Alcune… migliorie… e un addestramento davvero unico presso un nuovo ramo delle forze armate della Pax. Ma il guerriero è sempre totalmente umano… e cristiano.

— Un solo soldato? — dice de Soya, perplesso.

— Un solo soldato — conferma il cardinale Lourdusamy. — Non inserito nella catena di comando della Flotta della Pax. Il primo membro delle elitarie Legioni che saranno il reparto d’assalto della Crociata che Sua Santità annuncia oggi.

De Soya si strofina il mento. — E sarà sotto il mio comando diretto, come lo sono stati Gregorius e Kee?

— Ma certo, ma certo — tuona il cardinale Lourdusamy, appoggiandosi alla spalliera e incrociando le mani sull’ampio ventre. — Ci sarà un solo cambiamento, ritenuto necessario da Sua Santità in seduta con il Sant’Uffizio. Anche costei avrà un diskey papale, per separata autorità su decisioni militari e su quelle azioni ritenute necessarie per la salvezza della Chiesa.

— Costei — ripete de Soya, sforzandosi di capire. Se lui e la misteriosa "guerriera" avranno uguale autorità conferita dal Papa, come potranno prendere decisioni? Finora ogni aspetto della ricerca della bambina ha avuto sfaccettature e implicazioni militari, pensa de Soya. Ogni sua decisione è stata rivolta alla salvezza della Chiesa. Sarebbe meglio che l’avessero semplicemente destituito e sostituito, anziché coinvolgerlo in quella falsa compartecipazione di poteri.

Prima che de Soya possa esprimere l’obiezione, il cardinale Lourdusamy si sporge verso di lui e dice, con il tono più basso che il suo vocione consenta: — Federico, Sua Santità la vede ancora coinvolto in questa storia… e responsabile in prima persona. Ma Nostro Signore ha rivelato una terribile necessità che il Santo Padre cerca di toglierle dalle mani, ben sapendo quanto lei sia fino all’ultimo uomo di coscienza.

— Terribile necessità? — ripete de Soya. Capisce, con un immediato senso di vuoto allo stomaco, di che cosa si tratta esattamente.

Il cardinale Lourdusamy si sporge sulla scrivania e i suoi lineamenti sono un contrasto di luce intensa e di fitta ombra. — Il succubus generato dal cìbrido — dice — dev’essere eliminato. Distrutto. Il virus dev’essere sradicato dal Corpo di Cristo, come primo passo verso la futura chirurgia correttiva.

Prima d’aprire bocca, de Soya conta fino a otto. — Io trovo la bambina — dice. — E quel… guerriero… la uccide.

— Sì — conferma Lourdusamy. Dà per scontato che il Padre Capitano de Soya accetti il cambiamento nella missione. Cristiani rinati, preti (gesuiti in particolare) e ufficiali della Flotta della Pax non stanno lì a cavillare, quando il Santo Padre e la Santa Madre Chiesa assegnano loro un compito.

— Quando incontrerò questo guerriero, Eccellenza? — domanda de Soya.

— Questo stesso pomeriggio la Raffaele traslerà nel sistema di Sol Draconis — dice con voce acuta monsignor Oddi, dal suo posto alle spalle e alla sinistra di de Soya. — Il suo nuovo membro d’equipaggio è già a bordo.

— Posso sapere il nome e il grado? — dice de Soya, girandosi verso l’alto monsignore.

Gli risponde il Segretario di Stato, cardinale Simon Augustino Lourdusamy. — Per il momento non ha ancora un grado formale, Padre Capitano de Soya. A un certo punto diventerà un ufficiale delle neonate Legioni della Crociata. Per ora lei e i suoi soldati potrete rivolgervi al vostro nuovo compagno chiamandolo per nome. De Soya aspetta.

— Si chiama Nemes — tuona il cardinale. — Rhadamanth Nemes. — I suoi occhi hanno un guizzo in direzione di monsignor Oddi. Quest’ultimo si alza. De Soya si affretta a imitarlo. È chiaro che l’udienza è terminata.

Il cardinale Lourdusamy alza nel gesto della benedizione tre dita della mano grassoccia. De Soya china la testa.

— Possa il Nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo difenderla e proteggerla e concederle il successo in questo importantissimo viaggio. Lo chiediamo nel nome di Cristo.

— Amen — mormora monsignor Luca Oddi.

— Amen — dice de Soya.

44

Il grattacielo non era l’unico edificio sepolto nel ghiaccio: l’atmosfera risublimata di Sol Draconis Septem ricopriva un’intera città, un pezzetto dell’antica hybris dell’Egemonia lì sepolta come un preistorico insetto imprigionato nell’ambra.

Padre Glauco era un uomo gentile, allegro, generoso. Presto venimmo a sapere che era stato punito con l’esilio su Sol Draconis Septem perché apparteneva a uno degli ultimi ordini teilhardiani della Chiesa. Quando Papa Giulio VI aveva promulgato una bolla per condannare la filosofia dell’antipapa, l’ordine di padre Glauco aveva rigettato i canoni di Teilhard, ma era stato ugualmente sciolto e i suoi appartenenti erano stati scomunicati o esiliati sui pianeti più sperduti del dominio della Pax. Padre Glauco non considerava esilio i suoi cinquantasette anni standard su quella tomba di ghiaccio… li definiva la sua missione.

Pur riconoscendo che i Chitchatuk non avevano mai mostrato il minimo interesse per la conversione, padre Glauco ci confessò d’avere ben poco interesse a convertirli. Ammirava il loro coraggio, rispettava la loro onestà ed era affascinato dalla loro cultura guadagnata a caro prezzo. Prima di perdere la vista (cecità da neve, la chiamò, non semplice cataratta: una combinazione di freddo, di vuoto e delle radiazioni dure che colpivano la superficie del pianeta) aveva viaggiato con numerose bande Chitchatuk. — A quel tempo erano più numerose — ci disse, mentre ce ne stavamo seduti nel suo studio vividamente illuminato. — Il logorio ha preteso il suo tributo. Cinquant’anni fa in questa regione c’erano decine di migliaia di Chitchatuk; oggi ne sopravvivono solo alcune centinaia.

I primi giorni, mentre Aenea, A. Bettik e il prete cieco parlavano, trascorsi la maggior parte del tempo a esplorare la città sepolta.

Padre Glauco teneva illuminati quattro piani dell’alto edificio usando lanterne a pastiglie di combustibile. — Per tenere lontano gli spettri artici — spiegò. — Odiano la luce. — Trovai una scala e scesi nelle tenebre, tenendo pronte una torcia e la carabina. Una ventina di piani più in basso, un alveare di ghiaccio portava ad altri edifici della città sepolta. Vari decenni prima, padre Glauco aveva contrassegnato a pennaluce gli ingressi: magazzino, tribunale, centro trasmissioni, palazzo dell’Egemonia, albergo e così via. Esplorai alcuni edifici e notai i segni delle più recenti visite del prete. Al terzo sopralluogo trovai le profonde cripte dove erano immagazzinate le pastiglie di combustibile ad alta energia. Quelle pastiglie erano la fonte del calore e della luce del vecchio prete e costituivano inoltre la sua principale merce di scambio per ricevere le visite dei Chitchatuk.

— Gli spettri artici danno loro tutto, tranne materiale combustibile — ci disse. — Le pastiglie danno loro luce e un briciolo di calore. Ci piace fare baratti: loro mi danno carne e pelli di spettro artico, io contraccambio con luce e calore e garrula conversazione. Penso che abbiano cominciato a parlare con me perché la mia banda consisteva del più elegante numero primo… uno! All’inizio tenevo segreta la località del tesoro. Ora so che i Chitchatuk non mi deruberebbero mai. Neppure se ne andasse della loro vita. Neppure se ne andasse della vita dei loro bambini!

Non c’era molto da vedere, nella città sepolta. Laggiù il buio era assoluto e la mia torcia faceva ben poco per disperderlo. Se avevo nutrito speranze di trovare un facile mezzo per scendere il fiume fino al secondo portale (un grosso saldatore ad acetilene, per esempio, o una trivella a fusione) quelle speranze furono presto spazzate via. La città, fatta eccezione per i quattro piani occupati da padre Glauco, con mobilio e libri, luce, cibo, calore e conversazione, era gelida e morta come il nono girone dell’inferno.