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Dempton si avvicinò sorridendo sotto i fiammeggianti baffi rossicci. «Roran! Sono lieto che tu sia venuto. Con le nuove mole che ho acquistato, ci sarà molto più lavoro di quanto possa farne da solo. Sei pronto a partire?»

Roran mostrò lo zaino. «Sì. Andiamo subito?»

«Ci sono alcune cosette che devo sbrigare prima, ma partiremo al massimo fra un’ora.» Eragon strofinò i piedi per terra quando Dempton si rivolse a lui arricciandosi la punta di un baffo. «Tu devi essere Eragon. Avrei voluto offrire un lavoro anche a te, ma Roran ha preso l’unico posto disponibile. Magari fra un anno o due, eh?»

Eragon abbozzò un sorriso e gli strinse la mano. L’uomo era cordiale; in altre circostanze gli sarebbe riuscito simpatico, ma in quel momento Eragon avrebbe voluto che il mugnaio non avesse mai messo piede a Carvahall. Dempton sbuffò. «Bene, molto bene.» Rivolse la sua attenzione a Roran e prese a spiegargli come funzionava un mulino.

«Sono pronti» lo interruppe Horst, indicando una serie di involti sul tavolo. «Potete prenderli.» Si scambiarono una stretta di mano; poi Horst uscì dalla bottega, facendo cenno a Eragon di seguirlo. Eragon ubbidì, incuriosito. Trovò il fabbro sulla strada, con le braccia incrociate. Eragon indicò con il pollice il mugnaio alle sue spalle e disse: «Cosa ne pensi di lui?»

«È un brav’uomo» borbottò Horst. «Roran si troverà bene con lui.» Si spazzolò con aria assente qualche filo metallico dal grembiule, poi posò una mano possente sulla spalla di Eragon. «Figliolo, ti ricordi la lite con Sloan?»

«Se ti riferisci al pagamento della carne, sappi che non l’ho dimenticato.»

«No.. mi fido di te, figliolo. Quel che voglio sapere è se hai ancora quella pietra blu.»

Il cuore di Eragon ebbe un sussulto. Perché lo vuole sapere? Forse qualcuno ha visto Saphira!

Sforzandosi di mantenere il controllo, rispose: «Sì, ma perché me lo chiedi?»

«Non appena torni a casa, cerca di sbarazzartene.» Eragon soffocò un’esclamazione sgomenta, mentre Horst proseguiva. «Ieri sono arrivati due stranieri. Due tipi loschi vestiti di nero e armati di spada. Mi è venuta la pelle d’oca solo a vederli. Ieri sera hanno cominciato a fare domande a tutti, chiedendo di una pietra come la tua. E oggi lo stesso.» Eragon impallidì. «Nessuno con un briciolo di buonsenso ha detto niente, sanno riconoscere i guai quando li incontrano. Ma conosco qualcuno che potrebbe parlare.»

Eragon si sentì attanagliare le viscere dal terrore. Chiunque avesse mandato la pietra sulla Grande Dorsale, alla fine l’aveva ritrovata. O forse l’Impero era venuto a sapere di Saphira. Non sapeva che cosa fosse peggio. Pensa! Pensa! L’uovo ormai è andato. Adesso per loro è impossibile trovarlo.

Ma se sanno che cos’era, capiranno che cosa è successo... Saphira potrebbe essere in pericolo!

Ricorse a tutto il suo autocontrollo per assumere un’aria disinvolta. «Grazie per avermelo detto. Sai dove sono?» Notò con orgoglio che la sua voce tremava appena.

«Non ti ho avvertito per farteli incontrare, ragazzo! Vattene da Carvahall. Torna a casa.»

«Sicuro» disse Eragon per tranquillizzare il fabbro. «se credi che sia meglio.»

«Altroché, se lo credo.» Il volto di Horst si addolcì. «Forse esagero, ma ho un gran brutto presentimento. Sarà meglio che resti a casa finché quei due non se ne vanno. Cercherò di tenerli lontani dalla tua fattoria, anche se dubito che servirà a molto.»

Eragon gli scoccò un’occhiata colma di gratitudine. Avrebbe voluto raccontargli di Saphira. «Me ne vado subito» disse, e tornò indietro da Roran. Lo abbracciò forte e gli disse addio.

«Non resti ancora un po’?» domandò Roran, sorpreso.

Eragon represse una risata. Per qualche ragione, quella domanda gli pareva buffa. «Non ho niente da fare qui, e non voglio vederti partire.»

«D’accordo» disse Roran, perplesso. «Immagino che questa sia l’ultima volta che ci vedremo per parecchi mesi.»

«Sono convinto che passeranno in fretta» replicò Eragon, asciutto. «Abbi cura di te e torna presto.»

Lo abbracciò ancora e si allontanò dalla bottega. Horst era ancora sulla strada. Consapevole di essere seguito dallo sguardo del fabbro, Eragon prese la via che portava fuori da Carvahall. Non appena il fabbro scomparve alla vista, sgusciò dietro una casa e tornò al villaggio per un’altra strada. Cercò in ogni vicolo, restando nell’ombra, le orecchie tese in ascolto del più lieve rumore. Con la mente tornò in camera sua, dove aveva lasciato l’arco; quanto avrebbe voluto averlo con sé! Percorse Carvahall in lungo e in largo, evitando qualsiasi incontro, finché non sentì una voce sibilante provenire da dietro una casa. Per quanto avesse un buon udito, dovette fare uno sforzo per cogliere le parole.

«Quando è successo?» La voce era melliflua; sembrava colare nell’aria come un rivoletto untuoso, ma aveva un che di gelido e sibilante che gli fece rizzare i capelli sulla nuca.

«Circa tre mesi fa» rispose qualcun altro, che Eragon identificò subito come Sloan.

Per il sangue di uno Spettro, gli sta dicendo... Decise che avrebbe mollato un pugno a Sloan, la prossima volta che l’avesse incontrato.

Intervenne una terza persona. La voce era cavernosa, umida, faceva pensare a qualcosa in decomposizione, alla muffa, e ad altre cose che era meglio non toccare. «Sei sicuro? Non vorremmo che ti sbagliassi. Perché in tal caso sarebbe una situazione davvero... incresciosa.» A Eragon non fu difficile immaginare che cosa sarebbe successo. Chi, se non l’Impero, avrebbe osato minacciare la gente in quel modo? Nessuno. Ma chiunque avesse inviato l’uovo doveva essere abbastanza potente da usare la forza impunemente.

«Sì che sono sicuro. All’epoca ce l’aveva lui. Non sto mentendo. Un sacco di gente lo sa. Chiedete in giro.» Sloan era chiaramente terrorizzato. Poi disse qualcosa che Eragon non sentì.

«L’abbiamo fatto, ma abbiamo ricevuto scarsa... collaborazione.» Le parole erano ironiche. Ci fu una pausa. «La tua informazione ci è stata preziosa. Non ci dimenticheremo di te.» Questo è certo, pensò Eragon.

Sloan borbottò qualcosa; poi Eragon sentì qualcuno allontanarsi in fretta. Spiò da dietro l’angolo. In mezzo alla strada c’erano due uomini alti, con lunghi mantelli neri dal bordo sollevato all’altezza dei polpacci, dove spuntavano i foderi delle spade. Sulle loro casacche spiccavano complicati stemmi intessuti d’argento. Avevano il volto coperto dal cappuccio e le mani guantate. La loro schiena mostrava uno strano rigonfiamento, come se gli abiti fossero imbottiti.

Eragon si spostò appena per vedere meglio. Uno degli stranieri si irrigidì e lanciò un eloquente grugnito al compagno. Si volsero di scatto, pronti all’attacco. Eragon trattenne il fiato, in preda a un terrore mortale. Il suo sguardo rimase inchiodato sui volti nascosti, mentre un potere immenso s’impadroniva della sua mente e gli impediva qualsiasi movimento. Tentò di opporsi e gridò a se stesso: Muoviti!, ma le sue gambe non risposero. Gli stranieri presero ad avanzare tranquilli verso di lui. Eragon sapeva che ormai lo vedevano in viso. Erano quasi all’angolo; le loro mani corsero alle spade...

«Eragon!» Il ragazzo trasalì nel sentirsi chiamare. Gli stranieri si bloccarono, sibilando. Brom arrivò da una traversa, a testa nuda, il bastone in mano. Dov’era non poteva vedere gli stranieri. Eragon tentò di avvertirlo, ma la sua lingua e le sue mani erano paralizzate. «Eragon!» esclamò ancora il vecchio. Gli stranieri scoccarono un’ultima occhiata a Eragon; poi scivolarono via tra le case. Eragon crollò a terra, tremante. Aveva la fronte imperlata di sudore e sentiva un gran freddo. Il vecchio gli tese la mano e lo aiutò ad alzarsi. «Ragazzo, che ti prende? Ti senti bene?»

Eragon deglutì e annuì senza parlare. Si guardò intorno, in cerca di qualcosa di insolito.