«Come facevo a sapere che cosa pensava Trevor?» disse Eragon. «Dovrei essere capace di leggere la mente delle persone?»
«Andiamo» lo canzonò Brom. «ormai dovresti conoscere la risposta. Avresti potuto scoprire le intenzioni di Trevor così come comunichi con Cadoc o Saphira. Le menti degli uomini non sono poi così diverse da quelle di un drago o di un cavallo, È una cosa semplice da fare, ma è un potere che bisogna usare con parsimonia e grande cautela. La mente di una persona è il suo ultimo santuario. Non devi mai violarlo, a meno che le circostanze non te lo impongano. I Cavalieri avevano regole molto severe al riguardo. Se venivano infrante senza giusta causa, la punizione era terribile.»
«E tu puoi farlo anche se non sei un. Cavaliere?» domandò Eragon.
«Come ho già detto, con l’adeguata istruzione, tutti possono comunicare con la propria mente, anche se a differenti livelli di abilità. Se anche questa sia magia... Be’, è difficile stabilirlo. È chiaro che possedere capacità magiche aiuta il processo, come anche legarsi a un drago, ma conosco parecchi che hanno imparato da solii Pensaci: puoi comunicare con ogni essere, anche se magari il contatto non è del tutto chiaro. Puoi passare tutto il giorno ad ascoltare i pensieri di un uccello o provare le sensazioni di un verme durante un acquazzone. Devo ammettere però che non ho mai trovato gli uccelli particolarmente interessanti. Ti suggerisco di cominciare con un gatto; hanno personalità davvero insolite.»
Eragon si rigirò fra le mani le redini di Cadoc, riflettendo sulle implicazioni di quanto aveva detto Brom. «Ma se posso entrare nella testa di qualcuno/ questo significa che gli altri possono fare altrettanto con me? Come faccio a sapere se qualcuno mi sta spiando la mente? C’è modo di impedirlo?» Come faccio a sapere se Brom può indovinare quello che sto pensando in questo momento?
«Be’ sì. Saphira non ti ha mai tenuto fuori dalla sua mente?»
«È capitato» ammise Eragon. «Quando mi ha portato sulla Grande Dorsale, non riuscivo a parlarle. Non che mi stesse ignorando; credo che non mi sentisse proprio. La sua mente era circondata da mura impenetrabili.»
Brom si sistemò meglio la fasciatura sul braccio, aggiustandola, verso l’alto. «Soltanto poche persone sanno capire se c’è qualcuno nella loro mente, e fra queste, soltanto pochissime riescono a impedire l’accesso. È una questione di allenamento e di modo di pensare. Grazie ai tuoi poteri magici, saprai sempre se c’è qualcuno nella tua mente. Quando te ne sarai accorto, bloccarlo sarà una semplice questione di concentrazione, per escludere tutto il resto. Per esempio, se pensi solo a un muro di mattoni, il tuo nemico troverà solo quello nella tua mente. Tuttavia occorre un’enorme quantità di energia e disciplina per bloccare a lungo qualcuno. Se sei distratto anche dalla minima cosa, il tuo muro vacillerà e il tuo avversario farà breccia nel punto debole.»
«Come faccio a imparare?» disse Eragon.
«C’è soltanto un modo: allenarsi, allenarsi e poi allenarsi. Immagina qualcosa e prova a pensare solo a quello, escludendo tutto il resto, il più a lungo possibile. È una capacità molto avanzata; soltanto pochi sanno padroneggiarla» disse Brom.
«Non mi serve la perfezione, ma la sicurezza.» Se posso entrare nella mente di qualcuno, posso anche fargli cambiare idea? Ogni volta che scopro qualcosa di nuovo sulla magia, divento sempre più sospettoso.
Quando raggiunsero Saphira, la dragonessa li sorprese facendo scattare la testa in avanti. I cavalli indietreggiarono nervosi. Saphira squadrò Eragon con occhi di ghiaccio ed emise un sordo sibilo. Eragon scoccò a Brom uno sguardo preoccupato: non aveva mai visto Saphira così arrabbiata. Le chiese: Qualcosa non va?
Tu, ringhiò lei. Sei tu il problema.
Eragon aggrottò la fronte e smontò da Cadoc. Non appena i suoi piedi ebbero toccato terra, Saphira gli fece lo sgambetto con la coda e lo inchiodò al suolo con una zampa. «Che cosa fai?» urlò il ragazzo, cercando di alzarsi: ma la dragonessa era troppo forte per lui. Brom li osservava attento dalla groppa di Fiammabianca.
Saphira abbassò la testa fino a trovarsi faccia a faccia con Eragon. Il ragazzo si fece piccolo piccolo sotto quello sguardo implacabile. Tu! Ogni volta che sparisci dalla mia vista, ti metti nei guai. Sei come un cucciolo, che ficca il naso dappertutto. Ma che cosa succede se ficchi il naso dove non devi? Come farai a sopravvivere? Non posso aiutarti quando sono a miglia di distanza. Sono rimasta sempre nascosta per non farmi vedere, ma adesso basta! Non lo farò più, perché potrebbe costarti la pelle!
Capisco perché sei sconvolta, disse Eragon, ma sono molto più grande di te e so badare a me stesso. Guarda che sei tu quella che ha bisogno di protezione.
La dragonessa arricciò le labbra e fece schioccare i denti. Lo credi davvero? disse. Domani cavalcherai me e non quello stupido ronzino, altrimenti ti porterò fra le mie grìnfie. Sei o no un Cavaliere dei Draghi? Non t’importa niente di me?
La domanda bruciò dentro Eragon, che abbassò lo sguardo. Sapeva che la dragonessa aveva ragione, ma aveva paura di cavalcarla. I loro voli erano stati l’impresa più dolorosa che avesse mai sopportato.
«Che cosa succede?» chiese Brom.
«Vuole che domani cavalchi lei» disse Eragon, sconfortato.
Gli occhi di Brom scintillarono. «Be’, ora hai una sella. Tutto sommato, se volate lontani, non dovrebbero esserci problemi.» Saphira spostò rapida lo sguardo sul vecchio; poi tornò a fissare Eragon.
«Ma se vieni aggredito o ti accade un incidente? Non riuscirò ad arrivare in tempo e...»
Saphira premette la zampa sul suo torace con maggior forza, bloccandogli le parole in gola. È
proprio questo il punto, ragazzo.
Brom represse un sorriso. «Vale la pena di rischiare. Ormai è tempo che tu impari a cavalcarla. Mettiamola così: sorvolando il territorio davanti a me, potrai individuare trappole, agguati o altre sgradite sorprese.»
Eragon guardò Saphira e disse: D’accordo, lo farò. Ma adesso lascia che mi alzi.
Dammi la tua parola.
È proprio necessario? chiese il ragazzo. La dragonessa lo fissò in silenzio. Va bene. Ti do la mia parola che domani volerò con te. Contenta?
Sì.
Saphira lo lasciò andare e con una spinta delle zampe spiccò il volo. Eragon avvertì un lieve brivido guardandola salire a spirale. Borbottando, tornò da Cadoc per seguire Brom.
Era quasi il tramonto quando prepararono il bivacco. Come al solito, prima di cena Eragon e Brom duellarono. Nel bel mezzo della lotta, Eragon sferrò un colpo tanto violento che entrambi i bastoni si spezzarono come ramoscelli. I pezzi volarono nel buio in una nuvola di schegge. Brom gettò ciò che restava del suo bastone nel fuoco e disse: «Con questi abbiamo chiuso; butta anche il tuo. Hai imparato bene, ma di più non possiamo fare con quei poveri legni. Non possono insegnarti altro. È arrivato il momento di usare le lame.» Estrasse Zar’roc dalla sacca di Eragon e gliela porse.
«Ma così ci faremo male sul serio» protestò Eragon.
«No. Dimentichi ancora la magia» disse Brom. Alzò la sua spada e la fece girare, così che la luce del falò si riflette sulla lama. Posò un dito su ciascun lato della lama e si concentrò a fondo, la fronte solcata da rughe profonde. Per un momento non successe nulla, poi il vecchio esclamò «Géuloth du knìfr!» e una piccola scintilla rossa balenò fra le sue dita. Mentre la scintilla tremolava. Brom fece scorrere le dita lungo la lama della spada. Poi’ la girò e fece lo stesso dall’altro lato. La scintilla svanì nel momento stesso in cui il vecchio tolse le dita dal metallo.