Scendete immediatamente. Ho trovato qualcosa d’importante.
Brom? chiese Eragon.
Già, rispose il vecchio, irritato. Adesso fai atterrare quella lucertola troppo cresciuta, lo sono qui...
Gli inviò un’immagine della sua posizione. Eragon si affrettò a spiegare a Saphira dove andare, e la dragonessa virò verso il fiume di sotto. Nel frattempo, Eragon preparò l’arco e un certo numero di frecce.
Se Brom è nei guai, sono pronto.
Anch’io, disse Saphira.
Eragon trovò Brom che agitava le braccia al centro di una radura. Saphira atterrò, ed Eragon smontò in. fretta, guardandosi intorno in cerca di pericoli. I cavalli erano legati a un albero ai margini della radura, ma Brom era solo, Eragon si avvicinò al vecchio e gli chiese: «Che cosa succede?»
Brom si grattò il mento e borbottò una serie di imprecazioni. «Non provare mai più a bloccarmi in quel modo. Già è difficile per me raggiungerti senza dover anche lottare per farmi sentire.;»
«Scusami.»
Il vecchio sbuffò. «Ero più a valle, lungo il fiume, quando ho notato che le tracce dei Ra’zac erano scomparse. Sono tornato indietro finché non ho trovato il punto dove scomparivano. Guarda il terreno e dimmi che cosa vedi.»
Eragon s’inginocchiò per esaminare il terreno e trovò una confusione di impronte difficili da decifrare. Numerose’ orme di Ra’zac si sovrapponevano. Eragon si disse che le tracce dovevano essere vecchie di pochi giorni. Sopra di esse c’erano lunghi solchi profondi. Sembravano familiari, ma Eragon non seppe dire perché.
Si alzò, scuotendo il capo. «Non ho idea di cosa...» Poi il suo sguardo cadde su Saphira, e capì all’istante che cosa aveva lasciato quei solchi. Ogni volta che la dragonessa si alzava in volo, gli artigli delle zampe posteriori affondavano nel terreno e lo dilaniavano allo stesso modo. «Non sembra probabile, eppure l’unica spiegazione che mi viene in mente è che i Ra’zac se ne siano andati a dorso di drago. Oppure hanno uccelli giganteschi su cui sono volati in cielo. Tu hai qualche altra ipotesi?»
Brom si strinse nelle spalle. «Ho sentito dire che i Ra’zac si spostano da un luogo all’altro a una velocità incredibile, ma questa è la prima volta che lo vedo con i miei occhi. Sarà impossibile trovarli, se hanno delle cavalcature volanti. Di una cosa sono sicuro però: non sono draghi. Un drago non accetterebbe mai di essere cavalcato da un Ra’zac»
«Che cosa facciamo? Saphira non può seguire le loro tracce in cielo. E se anche potesse, ti lasceremmo indietro.»
«Non c’è facile soluzione a questo problema» disse Brom. «Pensiamoci mentre pranziamo. Magari ci verrà un’ispirazione, tra un boccone e l’altro.» Eragon si avviò mestamente a prendere i viveri dalle bisacce. Mangiarono in silenzio, gli occhi rivolti al cielo sereno.
Ancora una volta Eragon pensò a casa e si chiese che cosa stesse facendo Roran. Gli apparve la visione di una fattoria, bruciata e il dolore minacciò di travolgerlo. Che cosa farò se non trovo i Ra’zac? Quale sarà il mio scopo, allora? Potrei tornare a Carvahall raccolse un ramoscello da terra e lo spezzò in due tra le dita oppure viaggiare con Brom e continuare il mio addestramento.
Eragon contemplò le pianure, sperando di riuscire ad acquietare il tumulto dei propri pensieri. Quando Brom finì di mangiare, si alzò e abbassò il cappuccio. «Ho ripassato tutti i trucchi che conosco, tutte le parole di potere che sono alla mia portata, e considerato tutte le capacità a nostra disposizione, ma ancora non riesco a trovare il modo di rintracciare i Ra’zac.» Eragon si abbandonò contro Saphira, scoraggiato. «Saphira potrebbe farsi vedere in qualche città. Questo attirerebbe i Ra’zac come mosche intorno al miele. Ma sarebbe estremamente rischioso. I Ra’zac porterebbero con sé i soldati, e il re potrebbe dimostrarsi abbastanza interessato da venire di persona, il che vorrebbe dire morte certa per te e per me.»
«E dunque?» disse Eragon, allargando le braccia. Tu hai qualche idea, Saphira?
No.
«Dipende da te» disse Brom. «È la tua missione.»
Eragon digrignò i denti con rabbia e si allontanò da Brom e da Saphira. Stava per addentrarsi fra gli alberi, quando il suo piede urtò qualcosa di duro. Sul terreno c’era una fiaschetta di metallo con una cinghia di cuoio lunga abbastanza da passare sulla spalla di qualcuno. Su di essa era impresso un simbolo d’argento che Eragon riconobbe come l’insegna dei Ra’zac.
Eccitato, raccolse la fiaschetta e ne svitò il tappo. Un odore nauseabondo si sparse nell’aria, lo stesso che aveva annusato quando aveva trovato Garrow fra le macerie della loro casa. Inclinò la fiaschetta e una goccia di liquido chiaro e lucente gli cadde sul polpastrello. All’istante, il dito di Eragon bruciò come se l’avesse messo su una fiamma. Urlò e strofinò la mano sul terreno. Dopo un istante, il dolore calò, fino a diventare un sordo pulsare. Il liquido gli aveva corroso una chiazza di pelle.
Scuro in volto, tornò in fretta da Brom. «Guarda che cosa ho trovato.» Brom prese la fiaschetta per esaminarla, poi versò un po’ di liquido nel tappo. Eragon fece per avvertirlo: «Attento, ti brucerà...»
«La pelle, lo so» disse Brom. «Immagino che te lo sia versato sulla mano. Solo il dito? Bene, almeno hai avuto il buonsenso di non berlo. Di te non sarebbe rimasta che una pozzanghera melmosa.»
«Cos’è?» domandò Eragon.
«Un olio, estratto dai petali della Seithr, una pianta che cresce su una piccola isola nei freddi mari settentrionali. Allo stato naturale, quest’olio viene usato per preservare le perle; le rende lustre e resistenti. Ma se vengono pronunciate particolari parole su quest’olio, insieme a un sacrificio di sangue, esso acquista la proprietà di devastare la carne. Questa non sarebbe una caratteristica tanto particolare: esistono un’infinità di acidi in grado di dissolvere muscoli e ossa. Solo che quest’olio lascia tutto il resto intatto. Puoi immergervi qualunque cosa ed estrarla integra, a meno che non facesse parte di un animale o di un essere umano. Questo lo rende uno strumento ideale per la tortura o l’omicidio. Si può conservare nel legno, intingervi la punta di una lancia, o lasciarlo gocciolare sulle lenzuola affinchè la persona che le tocca bruci viva. Ci sono una miriade di usi per quest’olio, limitati soltanto dall’inventiva di chi lo utilizza. Le ferite che provoca sono lente a guarire, È piuttosto raro e costoso, specie in questa forma alterata.»
Eragon rammentò le terribili ustioni che aveva visto sul corpo di Garrow, Ecco che cosa hanno usato su di lui, capì con orrore. «Mi chiedo perché i Ra’zac lo abbiano lasciato indietro, se è così prezioso.»
«Devono averlo perso mentre volavano via.»
«Ma perché non sono tornati indietro a prenderlo? Dubito che il re li perdonerà quando scoprirà questa mancanza.»
«Giusto» disse Brom. «ma li perdonerebbe ancora meno se tardassero a portargli tue notizie. Sta’ sicuro che se i Ra’zac lo hanno raggiunto, il re ora conosce il tuo nome. E questo vuoi dire che dobbiamo stare molto più attenti quando entriamo in una città. Ci saranno messaggi che ti riguardano affissi in tutto l’Impero.»
Eragon tacque per riflettere. «Quest’olio... quanto è raro, di preciso?»
«Quanto un diamante in un porcile» rispose Brom, asciutto. Poi aggiunse, con maggiore dolcezza:
«In realtà quest’olio viene usato soprattutto dai gioiellieri, ma solo da coloro che se lo possono permettere.»
«Perciò esistono dei commercianti che lo vendono?»
«Forse uno, al massimo due.»
«Bene» disse Eragon. «Secondo te, le città costiere tengono i registri delle spedizioni?»