«Che sgarbata» commentò.
«Tieni per te le tue opinioni» lo rimbeccò Brom. «e non dire niente. Lascia parlare me.» Incrociò le braccia, tamburellando le dita sui gomiti. Eragon chiuse la bocca e distolse lo sguardo.
La porta si spalancò all’improvviso, e uscì un uomo alto. I suoi abiti costosi erano sgualciti, i capelli grigi spettinati, e il suo volto era cupo, la fronte bassa solcata da una lunga cicatrice. Alla vista dei due, sgranò gli occhi e si appoggiò allo stipite della porta, ammutolito. La sua bocca si aprì e si chiuse un paio di volte, come un pesce che annaspa. Poi, con voce sommessa e incredula, disse: «Brom...?»
Brom si portò l’indice alle labbra e tese una mano per afferrare il braccio dell’uomo. «È bello rivederti, Jeod! Sono lieto che la memoria non ti abbia tradito, ma non usare quel nome. Nessuno deve sapere che sono qui.»
Jeod si guardò intorno, ancora spaventato. «Credevo che fossi morto» sussurrò. «Che cosa ti è successo? Perché non mi hai fatto più sapere nulla?»
«Ti spiegherò tutto. C’è un posto dove possiamo parlare liberamente?»
Jeod esitò, spostando lo sguardo da Brom a Eragon e viceversa, il volto una maschera indecifrabile. Infine disse: «Non possiamo parlare qui, ma se aspettate un momento.. vi accompagnerò dove potremo farlo.»
«Bene» disse Brom. Jeod annuì e svanì dentro la casa.
Chissà se riuscirò a sapere qualcosa di più sul passato di Brom, pensò Eragon.
Quando Jeod.riapparve, c’era uno stocco al suo fianco. Indossava un giubbetto ricamato e un cappello piumato. Brom lo squadrò con occhio critico, e Jeod scrollò le spalle, imbarazzato. Li condusse attraverso Teirm, verso la fortezza. Eragon camminava dietro i due uomini, portando i cavalli per la cavezza. Jeod indicò la loro destinazione. «Risthart, il signore di Teirm, ha decretato che tutti i mercanti e i commercianti debbono condurre i propri affari nel suo castello. Anche se la maggior parte di noi svolge i propri affari da qualche altra parte, dobbiamo pur sempre affittare delle stanze qui. È un’assurdità, lo so, ma accettiamo per tenercelo buono. Nessuno potrà origliare la nostra conversazione; le mura sono molto spesse.»
Varcarono l’ingresso principale della fortezza ed entrarono nel maschio. Jeod si diresse verso una porta laterale e indicò un anello di ferro. «Puoi legare i cavalli lì. Nessuno li disturberà.» Dopo che Fiammabianca e Cadoc furono sistemati, Jeod aprì la porta con una chiave di ferro e li fece entrare. La porta dava su un. lungo corridoio illuminato da fiaccole inserite nei supporti lungo i muri. Eragon rimase sorpreso dal freddo e dall’umidità che dilagavano lì dentro.
Quando toccò una parete, le sue dita scivolarono su uno strato viscido. Rabbrividì.
Jeod prese una fiaccola dal suo supporto e li scortò lungo il corridoio. Si fermarono davanti a una massiccia porta di legno. L’aprì e li invitò a entrare in una stanza con una pelle d’orso sul pavimento, poltrone imbottite e scaffali colmi di libri rilegati in pelle.
Jeod accatastò della legna nel caminetto, poi vi infilò sotto la fiaccola. Il fuoco attecchì subito.
«Dunque, vecchio mio, adesso devi spiegarmi parecchie cose.»
Il volto di Brom s’increspò di rughe nel sorridere. «Chi sarebbe il vecchio? L’ultima volta che ti ho visto, i tuoi capelli non erano grigi. Adesso sembrano ciuffi spelacchiati di un teschio in decomposizione.»
«E tu sei lo stesso di vent’anni fa. Il tempo sembra averti preservato come un vecchio bisbetico solo perché tu possa infliggere le tue interminabili lezioni di saggezza a ogni nuova generazione. E comunque ora basta con i complimenti! Raccontami la tua storia. Una cosa in cui sei sempre stato bravo» disse Jeod, impaziente. Eragon drizzò le orecchie e attese avido il racconto di Brom. Brom si mise comodo in una poltrona ed estrasse la sua pipa. Soffiò lentamente un anello di fumo che diventò verde, guizzò nel caminetto e scomparve su per la canna fumaria. «Ricordi quello che stavamo facendo a Gil’ead?»
«Naturalmente» disse Jeod. «Difficile dimenticare quel genere di cose.»
«Un eufemismo, però vero» disse Brom asciutto. «Quando siamo stati... separati, non sono più riuscito a trovarti. In quel trambusto scovai una piccola camera. Non c’era niente di particolare, solo casse e scatole, ma tanto per curiosità cominciai a frugare in giro. La fortuna mi fu benigna, poiché trovai proprio quello che stavamo cercando.» Sul volto di Jeod si dipinse un’espressione di assoluto stupore. «A quel punto non potevo più aspettarti. Potevano scoprirmi da un momento all’altro, e tutto sarebbe andato perduto. Mi camuffai alla meglio e lasciai la città di nascosto per andare da...»
Brom esitò e scoccò un’occhiata furtiva a Eragon. Poi disse: «... dai nostri amici. Lo conservarono in una grotta per sicurezza e mi fecero promettere che mi sarei preso cura di chiunque l’avesse ricevuto. Ma fino al giorno in cui fossero state necessarie le mie prestazioni, dovevo scomparire. Nessuno doveva sapere che ero vivo, nemmeno tu. Mi è costato molto darti quel dolore. Perciò andai a nord e mi nascosi a Carvahall.»
Eragon serrò la mascella, infuriato con Brom che continuava a bella posta a tenerlo all’oscuro di tante cose.
Jeod aggrottò la fronte e disse: «Allora i nostri... amici hanno sempre saputo che eri vivo?»
«Sì.»
Jeod sospirò. «Immagino che sia stato necessario questo espediente, ma vorrei che me l’avessero detto. Carvahall non è a nord, sull’altro versante della Grande Dorsale?» Brom fece sì con la testa. Per la prima vota, Jeod parve accorgersi di Eragon. I suoi occhi grigi lo scrutarono attenti. Inarcò un sopracciglio e disse: «Allora presumo che adesso tu stia onorando il tuo compito.»
Brom scosse la testa. «No, non è così semplice. Qualche tempo fa è stato rubato, almeno è quello che credo, perché non ho saputo nulla dai nostri amici, e sospetto che i loro messaggeri siano caduti in un’imboscata. Così ho deciso di indagare per conto mio. Eragon andava nella mia stessa direzione e così stiamo viaggiando in compagnia da un po’.»
Jeod era perplesso. «Ma se non avevano inviato messaggi, come facevi a sapere che era...»
Brom si affrettò a interromperlo, dicendo: «Lo zio di Eragon è stato ucciso dai Ra’zac. Gli hanno bruciato la casa e lui si è salvato per un soffio. Merita di vendicarsi, ma ci hanno lasciati senza tracce da seguire, e così abbiamo bisogno di aiuto per trovarli.»
Il volto di Jeod si schiarì. «Capisco.,. Ma perché siete venuti qui? Io non so dove potrebbero nascondersi i Ra’zac, e coloro che lo sanno non ve lo direbbero mai.»
Brom si alzò e s’infilò una mano sotto il mantello. Estrasse la fiaschetta dei Ra’zac. La lanciò a Jeod.
«Contiene olio di Seithr, del tipo pericoloso. È dei Ra’zac. L’hanno persa lungo il cammino e noi l’abbiamo trovata. Dobbiamo controllare i registri delle spedizioni di Teirm per poter risalire ai compratori dell’olio. In questo modo troveremo il covo dei Ra’zac»
Il volto di Jeod s’increspò di rughe mentre rifletteva. Indicò i libri sugli scaffali. «Vedi quelli? Sono tutti i registri dei miei commerci. Soltanto dei miei. Vi state imbarcando in un’impresa che richiederà mesi per essere portata a termine. Ma c’è un problema più grosso. I registri che cerchi sono conservati nel castello, ma solo Brand, amministratore di Risthart, li può consultare. I commercianti come me non hanno il permesso di maneggiarli perché temono che potremmo falsificare i conti, frodando l’Impero delle sue preziose tasse.»
«A questo penserò io al momento opportuno» disse Brom. «Ma dobbiamo riposare per qualche giorno prima di poter decidere come procedere.»
Jeod sorrise. «In questo posso aiutarvi. La mia casa è la vostra casa, naturalmente. Usate altri nomi, qui in città?»
«Sì» disse Brom. «Io sono Neal, e il ragazzo è Evan.»
«Eragon» mormorò Jeod pensoso. «Hai un nome singolare. Sono ben pochi coloro che portano il nome del primo Cavaliere. Nella mia vita ho letto soltanto di tre che si chiamavano così.» Eragon si stupì che Jeod conoscesse l’origine del suo nome.