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Cullato dal trotto di Cadoc, Eragon ricordò quando pensava che Brom fosse soltanto un vecchio scorbutico, bravo à raccontare storie. Per la prima volta si rese conto di quanto era stato ignorante. Riferì a Saphira quello che aveva appreso. La dragonessa rimase affascinata dalle rivelazioni di Brom, e disgustata al pensiero di essere stata una proprietà di Galbatorix. Alla fine disse: Non sei contento di non essere rimasto a Carvahall? Pensa a quante avventure interessanti ti saresti perso!

Eragon finse un borbottio di esasperazione.

Quando si fermarono per la sera, Eragon andò in cerca di acqua mentre Brom preparava la cena. Si inoltrò fra gli alberi in cerca di un ruscello o una sorgente. L’aria era umida e fredda, e si strofinò le mani per riscaldarsi.

Trovò un torrente a una certa distanza dall’accampamento, si accovacciò sulla sponda e osservò l’acqua che scorreva frangendosi sulle rocce. Immerse le mani nella gelida acqua di montagna; le dita gli si intorpidirono subito. A lei non importa di noi, o di nessuno, pensò. Rabbrividì e si alzò. Un’impronta insolita sulla sponda opposta del torrente catturò la sua attenzione. Aveva una forma strana ed era molto grande. Incuriosito, saltò oltre il torrente su una lastra di roccia, ma nel toccare terra il piede gli scivolò su una chiazza di muschio umido. Si afferrò a un ramo per sorreggersi, ma il ramo si spezzò e lui protese la mano per attutire la caduta. Tutto il suo peso gravò di colpo sul polso destro, che si ruppe con uno schiocco terribile. Un dolore lancinante gli trafisse il braccio. Mormorò una serie di imprecazioni a denti stretti per impedirsi di urlare. Accecato dal dolore, si rannicchiò sul terreno, tenendosi il polso, Eragon! fu il grido allarmato di Saphira. Che cosa ti è successo?

Ho il polso rotto... una cosa stupida... sono caduto

Arrivo, disse Saphira.

No… posso farcela. Non... venire. Gli alberi sono troppo fitti per... le tue ali.

Lei gli mandò una breve immagine di se stessa che schiantava gli alberi della foresta per andarlo a prendere, poi disse: Sbrigati.

Eragon si alzò a fatica, gemendo. L’impronta, a poca distanza da lui, era molto profonda e mostrava i buchi lasciati dagli stivali chiodati. All’istante Eragon rammentò le impronte che aveva visto intorno alla catasta di corpi a Yazuac. «Urgali» esclamò orripilato, col desiderio di avere Zar’roc con sé; non poteva usare l’arco con una mano sola. Levò il capo e gridò con la mente: Saphira! Gli Urgali! Proteggi Brom!

Balzò di nuovo oltre il ruscello per tornare all’accampamento, con il coltello da caccia in pugno. Vedeva nemici dietro ogni albero e cespuglio. Spero che almeno sia un solo Urgali. Piombò nell’accampamento e fece appena in tempo ad abbassarsi quando la coda di Saphira tagliò l’aria sopra di lui. «Fermati! Sono io» urlò.

Scusa, disse Saphira, le ali chiuse davanti a sé come un muro.

«Scusa?» ringhiò Eragon, correndo verso di lei. «Avresti potuto uccidermi! Dov’è Brom?»

«Sono qui» gracchiò la voce di Brom da dietro le ali di Saphira. «Di’ a questa idiota della tua dragonessa di liberarmi; a me non da retta.»

«Lascialo andare!» disse Eragon esasperato. «Ma non gli hai detto niente?»

No, rispose lei imbarazzata. Tu mi hai detto solo di proteggerlo. Levò le ali e Brom uscì con aria imbronciata.

«Ho trovato un’impronta di Urgali. Ed è fresca.»

Il volto di Brom si fece serio. «Sella i cavalli. Ce ne andiamo.» Spense il fuoco, ma Eragon non si mosse. «Che cosa ti è successo al braccio?»

«Mi sono rotto il polso» rispose il ragazzo, vacillando.

Brom lanciò un’imprecazione e sellò Cadoc per lui. Aiutò Eragon a salire in groppa e disse:

«Dobbiamo steccarti il braccio appena possibile. Nel frattempo, cerca di non muovere il polso.»

Eragon afferrò saldamente le redini con la sinistra. Brom si rivolse a Saphira: «È quasi buio; faresti meglio a volare sopra di noi. Se arrivano gli Urgali, ci penseranno due volte prima di attaccarci con te nelle vicinanze.»

Sarà meglio per loro, altrimenti non penseranno mai più, ribattè Saphira mentre spiccava il volo. La luce sbiadiva in fretta, e i cavalli erano stanchi, ma i due viaggiatori li spronavano senza posa. Il polso di Eragon, gonfio e rosso, continuava a pulsare. A un miglio dall’accampamento. Brom si fermò. «Ascolta» disse.

Eragon udì un corno da caccia risuonare in lontananza. Seguì un silenzio agghiacciante. «Devono aver scoperto dove eravamo» disse Brom. «e probabilmente hanno visto anche le tracce di Saphira. Ora ci inseguiranno. Non è nella loro natura farsi sfuggire una preda.» Poi suonarono altri due comi, più vicini, questa volta. Eragon rabbrividì. «La nostra unica possibilità è fuggire al galoppo» disse Brom. Levò la testa al cielo e il suo volto sbiancò per lo sforzo di chiamare Saphira.

La dragonessa piombò dal cielo notturno e atterrò. «Lascia Cadoc e va’ con lei. Sarai più al sicuro» ordinò Brom. «E tu?» protestò Eragon.

«Non ti preoccupare per me. Vai!» Privo di energie per discutere, Eragon montò su Saphira, mentre Brom lanciava Fiammabianca. al galoppo, insieme a Cadoc. Saphira volava sopra di lui.

Eragon si reggeva a Saphira meglio che poteva; faceva una smorfia ogni volta che i suoi movimenti gli davano una scossa al polso. I corni suonarono vicinissimi, e fu invaso da una nuova ondata di terrore. Brom si precipitò nel sottobosco, esortando al massimo i cavalli. I corni squillarono dietro di lui, poi tacquero.

I minuti passarono. Dove sono gli Urgali? si chiese. Eragon. A un tratto udì un debole suono in lontananza. Sospirò di sollievo, abbandonandosi sul collo di Saphira, mentre sotto di loro Brom rallentava il galoppo forsennato. C’è mancato poco, disse Eragon.

Già, ma non possiamo fermarci finché... Saphira fu interrotta da uno squillo di corno proprio sotto di loro, Eragon trasalì sorpreso, e Brom riprese la sua frenetica ritirata. Urgali cornuti, gridando con voci rauche, galoppavano di gran carriera sulla pista, guadagnando terreno. Erano quasi in vista di Brom; il vecchio non sarebbe riuscito a seminarli. Dobbiamo fare qualcosa! esclamò Eragon.

Che cosa?

Atterra davanti agli Urgali!

Sei impazzito? ruggì Saphira, sbigottita.

Atterra! So quello che faccio, disse Eragon. Non c’è tempo per inventarci qualcos’altro. Stanno per raggiungere Brom!

Come vuoi,. Saphira si spinse oltre gli Urgali, poi virò, preparandosi ad atterrare sul sentiero. Eragon si concentrò per raggiungere il cuore del suo potere e avvertì la familiare barriera che lo separava dalla magia Aspettò ancora prima di infrangerla. Avvertì un muscolo del collo contrarsi. Mentre gli Urgali accorciavano la distanza, Eragon gridò: «Ora!» Saphira dispiegò le ali di colpo e atterrò sul sentiero in una nuvola di polvere e ciottoli.

Gli Urgali gridarono allarmati e strattonarono le redini dei cavalli. Gli animali si arrestarono all’istante e andarono a urtare l’uno contro l’altro; tuttavia gli Urgali riuscirono rapidamente a districarsi per affrontare Saphira ad armi snudate, Erano dodici, dodici orribili, creature dal ghigno brutale. Eragon si chiese come mai non fuggissero. Aveva creduto che alla vista di Saphira se la sarebbero data a gambe. Perché aspettano? Vogliono attaccarci o no?

Rimase di stucco quando l’Urgali più grosso si fece avanti e biascicò: «Il nostro padrone desidera parlare con te, umano!» Il mostro parlava con un forte accento gutturale.

È una trappola, lo ammonì Saphira prima che Eragon dicesse qualcosa. Non starli a sentire.