Il battito ritmico delle ali di Saphira interruppe il corso dei suoi pensieri. Tornò in fretta alla radura e vi giunse proprio mentre Saphira atterrava. Brom cavalcava sul suo dorso, come Eragon aveva visto, ma la sua spada era insanguinata. Il volto del vecchio era teso; la barba era macchiata di sangue. «Cos’è successo?» lo interrogò Eragon, temendo che fosse ferito.
«Cos’è successo?» ruggì il vecchio. «Sono andato a rimediare il danno che hai fatto!» Agitò in alto la spada, che tracciò in aria un arco di goccioline rosse. «Ma lo sai che cos’hai combinato con quel tuo trucchetto? Lo sai, eh?»
«Ho impedito agli Urgali di catturarti» disse Eragon, con un vuoto allo stomaco.
«Già» ringhiò Brom. «ma quella tua bella esibizione di magia ti ha quasi ucciso! Hai dormito per due giorni. C’erano dodici Urgali. Dodici! Ma questo non ti ha impedito di provare a spedirli fino a Teirm, vero? Ma che cosa ti diceva quella testa? Scagliare un sasso contro ciascuna di quelle zucche sarebbe stata la cosa più intelligente da fare. Ma no, tu hai preferito stordirli perché poi potessero scappare. Ho passato questi due giorni a cercare di rintracciarli. Perfino con l’aiuto di Saphira, tre sono fuggiti!»
«Non volevo ucciderli» mormorò Eragon, facendosi piccolo piccolo.
«Non mi pare sia stato un problema, a Yazuac.»
«Ma lì non ho avuto scelta, e non sapevo controllare la magia. Questa volta mi è sembrato troppo... estremo.»
«Estremo!» gridò Brom. «Non c’è niente di estremo quando il tuo avversario non mostra la tua stessa pietà. E poi perché, perché ti sei fatto vedere?»
«Tu avevi detto che avevano trovato le impronte di Saphira. A quel punto che differenza faceva se mi vedevano?» ribattè Eragon, sulla difensiva.
Brom conficcò la spada nel terreno con un moto di stizza. «Ho detto che probabilmente le avevano trovate. Non lo sapevamo per certo. Forse credevano di essere sulle tracce di qualche viaggiatore disperso. Ma adesso che cosa penseranno? Insomma, sei atterrato davanti a loro! E dato che li hai lasciati vivi, adesso batteranno la campagna raccontando l’episodio a destra e a manca! L’Impero lo verrà a sapere di sicuro!» Alzò le mani al cielo. «Dopo questo, non meriti di essere chiamato Cavaliere, ragazzino.» Brom sfilò la spada dal terreno e si avvicinò al fuoco. Prese uno straccio da sotto il mantello e cominciò a pulire la lama con gesti bruschi.
Eragon era confuso. Provò a chiedere consiglio a Saphira, ma l’unica risposta che ottenne fu: Parla con lui.
Esitante, Eragon fece un passo verso il falò e disse: «Servirebbe se chiedessi scusa?»
Brom sospirò e rinfoderò la spada. «No. Le tue scuse non possono cambiare quello che è successo.»
Puntò l’indice contro il petto di Eragon. «Hai fatto una scelta terribile, che avrebbe potuto avere conseguenze gravissime. Non ultimo il fatto che sei quasi morto. Morto, capisci? Da adesso in poi devi pensare. C’è un buon motivo per cui siamo nati con in testa un cervello, e non un buco.»
Eragon annuì, imbarazzato. «Ma forse non è così male come pensi» disse. «Gli Urgali già sapevano di me. Avevano l’ordine di catturarmi.»
Brom sgranò gli occhi, sbalordito. «Già, non è male come pensavo. È peggio! Saphira mi ha detto che hai parlato con.gli Urgali, ma a questo non ha accennato.»
Eragon si affrettò a riferire il dialogo nei minimi dettagli. «E così adesso hanno una sorta di capo, eh?» disse Brom.
Eragon annuì. .
«E tu hai pensato bene di sfidare il suo volere, insultarlo e attaccare i suoi uomini» commentò Brom, scuotendo la testa. «Non immaginavo che potesse andar peggio. Se gli Urgali fossero stati uccisi, il tuo sgarbo sarebbe passato inosservato. Ma adesso sarà impossibile ignorarlo. Complimenti: ti sei appena fatto nemico uno degli esseri più potenti di Alagasëia.»
«D’accordo, ho commesso un errore» disse Eragon, avvilito.
«Proprio così» replicò Brom secco, gli occhi che lampeggiavano. «Non solo, ma così dovrò preoccuparmi anche di chi sia questo fantomatico capo degli Urgali.»
Eragon rabbrividì e chiese in tono sommesso: «E adesso?»
Ci fu una pausa inquietante. alt tuo braccio ci metterà almeno un paio di settimane a guarire. Approfitteremo di questo periodo per ficcarti un po’ di sale in zucca. Immagino che in parte sia colpa mia. Ti ho insegnato come fare le cose, ma non quando è opportuno farle. Ci vuole discrezione, una qualità di cui è chiaro che manchi. Tutta la magia di Alagaèsia non ti servirà se non sai quando usarla.»
«Ma andiamo lo stesso a Dras-Leona?» chiese Eragon. Brom roteò gli occhi. «Certo. Continueremo a seguire i Ra’zac, ma se anche li trovassimo, con quel braccio ferito non potresti far nulla.»
Cominciò a togliere la sella da Saphira. Ti senti in grado di cavalcare?»
«Si.»
«Bene, allora oggi faremo ancora qualche miglio.» «Dove sono Cadoc e Fiammabianca?.
Brom indicò in lontananza. «Li ho lasciati legati poco lontano, dove c’era erba.» Eragon si preparò a partire e seguì Brom fino ai cavalli.
Saphira si rivolse a lui. Se mi avessi spiegato che cosa intendevi fare, tutto questo non sarebbe successo. Ti avrei detto che non uccidere gli Urgali era una pessima idea. Ho acconsentito a fare ciò che mi chiedevi solo perché pensavo che fossi ragionevole!
Non voglio parlarne.
Come vuoi, tagliò corto lei.
Lungo la strada, ogni buca o asperità che incontravano gli zoccoli del cavallo echeggiava nel corpo di Eragon, che stringeva i denti dal dolore. Se fosse stato solo, si sarebbe fermato; ma con Brom accanto a lui, non osava lamentarsi. Per giunta, Brom cominciò a impegnarlo in complicate strategie teoriche che vedevano in scena gli Urgali, la magia e Saphira. Le battaglie immaginarie furono molte e varie. A volte erano compresi anche altri draghi o uno Spettro. Eragon scoprì che si potevano torturare il corpo e la mente al tempo stesso. Sbagliò la maggior parte delle risposte e cominciò a sentirsi sempre più incapace.
Quando sostarono per la notte. Brom borbottò, accigliato: «Bell’inizio.» Eragon sapeva di averlo deluso.
31
Maestro di scherma
Il giorno dopo fu più facile per entrambi. Eragon si sentiva meglio e fu in grado di rispondere in maniera corretta a molte più domande. Dopo un esercizio particolarmente difficile, Eragon disse a Brom della visione che aveva avuto. Il vecchio si accarezzò la barba. «Dici che la donna era prigioniera?»
«Sì.»
«Hai visto il suo volto?» domandò Brom con crescente interesse.
«Non bene. La luce era poca, eppure posso dire che era bellissima. E strano; non ho fatto fatica a scorgere i suoi occhi. E lei mi ha guardato.»
Brom scrollò la testa. «Per quanto ne so, è impossibile che qualcuno sappia di essere divinato.»
«Hai idea di chi possa essere?» chiese Eragon, sorpreso dal tono di desiderio nella sua stessa voce.
«Non proprio» ammise Brom. «Fossi costretto, immagino che potrei anche azzardare qualche ipotesi, ma nessuna mi sembra probabile. Il sogno che mi hai raccontato è davvero singolare. A quanto pare sei riuscito a divinare nel sonno qualcosa che non hai mai visto dal vero... e senza nemmeno pronunciare le parole di potere. I sogni a volte toccano il regno degli spiriti, ma in questo caso è diverso.»
«Allora per comprendere non ci resta che cercare la donna in ogni prigione o segreta» scherzò Eragon, benché in cuor suo non pensasse che l’idea fosse così assurda. Brom rise e continuarono a cavalcare.
Il severo addestramento che Brom impartiva a Eragon riempì quasi ogni ora, e i giorni lentamente si fondevano in settimane. Per via della stecca al braccio, Eragon fu costretto a usare la sinistra quando si esercitavano nei duelli, e ben presto divenne abile quanto lo era con la mano destra. Nel tempo che impiegarono per riattraversare la Grande Dorsale e arrivare nelle pianure, in Alagasëia era giunta la primavera con il suo carico di fiori. Gli alberi ancora privi di foglie erano rossi di bacche e nuovi fili d’erba cominciavano a spuntare fra gli steli secchi dell’anno prima. Gli uccelli tornarono dalla migrazione invernale per accoppiarsi e fare i nidi.