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Brom sospirò. «Ciò di cui stai parlando, un duello magico, per così dire, è estremamente pericoloso. Non ti sei mai chiesto come abbia fatto Galbatorix a sconfiggere tutti i Cavalieri con l’aiuto di appena una decina di traditori?» «Non ci ho mai pensato» ammise Eragon. «Ci sono molti modi. Alcuni li apprenderai in seguito, ma il punto fondamentale è che Galbatorix era ed è tuttora un maestro nell’insinuarsi nella mente altrui. Vedi, in un duello magico ci sono regole severe che i contendenti devono osservare: altrimenti moriranno entrambi. Tanto per cominciare, nessuno usa la magia finché uno dei duellanti non ottiene l’accesso alla mente dell’altro.»

Saphira circondò Eragon con la coda e chiese: Perché aspettare? Quando l’avversario capisce che lo stai attaccando, è già troppo tardi perché possa reagire, Eragon ripetè la domanda ad alta voce. Brom scosse il capo. «No, non funziona così. Se all’improvviso usassi il mio potere contro di te, Eragon, tu moriresti di sicuro, ma nel brevissimo lasso di tempo prima di soccombere avresti comunque modo di reagire. Perciò, a meno che uno dei duellanti non abbia desiderio di morire, nessuna delle due parti attacca finché uno non ha infranto le difese dell’altro.»

«E poi che cosa succede?» lo interrogò Eragon. Brom si strinse nelle spalle e disse: «Una volta entrato nella mente del tuo nemico, ti sarà facile anticipare quello che farà e prevenirlo. Ma anche con questo vantaggio è possibile perdere, se non sai come contrastare gli incantesimi.» Riempì la pipa e l’accese. «E questo richiede una capacità di pensiero straordinariamente veloce. Prima di poterti difendere, devi comprendere l’esatta natura delle forze dirette contro di te. Se vieni attaccato con il calore, devi capire se sarà sotto forma di aria, fuoco, luce o qualche altro mezzo. Soltanto quando lo avrai capito potrai combattere la magia, per esempio, raffreddando il materiale incandescente.»

«Sembra difficile.»

«Infatti lo è» confermò Brom. Un filo di fumo si levò dalla sua pipa. «Di rado qualcuno riesce a sopravvivere a un duello simile per più di qualche istante. L’enorme quantità di energia e di perizia necessarie condanna chiunque non abbia ricevuto il dovuto addestramento a una fine rapida. Quando avrai fatto progressi, comincerò a insegnarti i metodi necessari. Nel frattempo, se mai dovessi trovarti coinvolto in un duello di magia, ti consiglio di fuggire a gambe levate.»

32

Dras-Leona. La fangosa

Si fermarono per pranzare a Fasaloft, un grazioso, animato villaggio arroccato su un’altura in riva al lago. Mentre mangiavano nella sala comune dell’ostello, Eragon porse l’orecchio ai vari pettegolezzi e si rincuorò nel non sentire voci su di lui e Saphira.

La pista, ormai una vera e propria strada, era peggiorata negli ultimi due giorni. Le ruote dei carri e gli zoccoli di ferro dei cavalli avevano devastato il terreno, rendendo molti tratti impraticabili. Un aumento nel flusso dei viaggiatori aveva costretto Saphira a nascondersi di giorno per poi raggiungere Eragon e Brom di notte.

Per giorni e giorni viaggiarono verso sud costeggiando il Lago di Leona. Eragon cominciò a chiedersi se sarebbero mai riusciti ad aggirarlo, e fu lieto quando incontrarono finalmente degli uomini che dissero che Dras-Leona si trovava a solo a un giorno di cavallo.

La mattina dopo, Eragon si svegliò di buon’ora. Le sue dita formicolavano per l’ansia al pensiero di trovare finalmente i Ra’zac. Dovete stare attenti, voi due, disse Saphira. I Ra’zac potrebbero aver disposto delle spie in attesa di viaggiatori che corrispondano alla vostra descrizione.

Faremo del nostro meglio per non destare sospetti, la rassicurò Eragon.

La dragonessa abbassò il muso fino a incrociare il suo sguardo. Può darsi, ma ricorda che non potrò proteggerti come ho fatto con gli Urgali Sarò troppo lontana per venirti in aiuto, e non sopravviverei a lungo in quelle minuscole vie che la tua razza ama costruire. Segui i consigli di Bromi è un uomo saggio.

Lo so, rispose Eragon in tono grave.

Andrai con Brom dai Varden? Una volta eliminati i Ra’zac, vorrà portarti con sé da loro, E dato che Galbatorix sarà infuriato per la morte dei Ra’zac, forse quella sarà la cosa migliore che possiamo fare.

Eragon si massaggiò le braccia. Non voglio combattere l’Impero per sempre come i Varden. La vita non è soltanto una guerra costante. Ci sarà tempo per rifletterci quando i Ra’zac saranno morti.

Non esserne troppo sicuro, lo ammonì lei; poi andò a nascondersi fino alla notte.

La strada era affollata di contadini che portavano le loro merci al mercato di Dras-Leona. Brom ed Eragon furono costretti a rallentare l’andatura dei cavalli e ad aspettare dietro i carri che ostruivano la strada.

Scorsero del fumo in lontananza verso mezzogiorno, ma passò un’altra lega prima che la città fosse visibile. Al contrario di Teirm, una città progettata a tavolino. Dras-Leona era un confuso ammasso di edifici cresciuto sulla sponda del Lago di Leona. Le vie strette e tortuose erano soffocate da costruzioni cadenti, e il cuore della città era circondato da un muro giallastro e sporco, intonacato di fango.

Parecchie miglia a est sorgeva una montagna di roccia nuda, che squarciava il cielo con guglie e pilastri svettanti come alberi di una tenebrosa nave da incubo. Le pareti quasi verticali sorgevano dal terreno come un frammento frastagliato d’osso della terra.

Brom la indicò. «Quello è l’Helgrind. È la ragione per cui Dras-Leona fu fondata in origine. La gente ne è affascinata, anche se è un luogo malsano e maligno.» Poi fece un gesto verso le mura della città. «Per prima cosa dovremmo andare in centro.»

Mentre cavalcavano lungo la strada per Dras-Leona, Eragon si accorse che l’edificio più alto della città era una cattedrale che torreggiava oltre le mura. Era straordinariamente somigliante al Monte Helgrind, soprattutto quando i suoi archi e i pinnacoli sfaccettati catturavano la luce.

«Chi venerano?» chiese.

Brom fece una smorfia. «Le loro preghiere vanno all’Helgrind. É una religione crudele, la loro. Bevono sangue umano e fanno sacrifici di carne. I loro sacerdoti spesso sono mutilati perché credono che più ossa e carne si offrono, meno si è aggrappati alle cose del mondo mortale. Trascorrono gran parte del tempo a discutere su quale dei tre picchi dell’Helgrind sia il più alto e importante e se il quarto, il più basso, debba essere incluso nelle loro preghiere.»

«E’ orribile» esclamò Eragon con un brivido.

«Già» disse Brom in tono cupo. «ma non dirlo davanti a un credente. Perderesti subito una mano per espiare.»

Davanti agli enormi cancelli di Dras-Leona, condussero i cavalli attraverso la calca. Ai lati dei cancelli erano schierati dieci soldati che di tanto in tanto fermavano la gente per un controllo; ma Brom ed Eragon passarono senza intoppi.

Le case dentro la città erano alte e strette, per compensare la mancanza di spazio. Quelle vicino alle mura esterne condividevano con esse. una parete. La maggior parte degli edifici incombevano sulle viette tortuose coprendo il cielo, tanto da rendere difficile stabilire se fosse notte o giorno. Quasi tutti erano fatti di scuro legno grezzo, un colore che contribuiva a rabbuiare la città. Le strade erano sudicie e nell’aria aleggiava un odore di fogna.

Un gruppetto di bambini laceri correva fra le case, litigando per un pezzo di pane. Mendicanti deformi erano accovacciati davanti all’ingresso, a chiedere l’elemosina. I loro monotoni, acuti lamenti erano come un coro di dannati. Non trattiamo così nemmeno gli animali, pensò Eragon, lo sguardo traboccante di rabbia. «Non mi piace questo posto» disse, ribellandosi alla vista.