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«Sì,» dissi, sollevando lo sguardo dalle mie mani che avevo osservato per tutto il tempo in cui mi ero chiesto se sarei mai riuscito ad avere io stesso una vita felice e produttiva. «Non mi aspettavo di arrivare a un punto morto così presto. E poi… tutto questo è molto importante.»

«Lo so. La capisco.»

Scossi la testa, desiderando di essere da un’altra parte. «Non credo che possa capire, ma la ringrazio per il tempo che mi ha dedicato.»

Mi alzai dirigendomi verso la porta. Avevo la mano sulla maniglia quando la donna chiese: «Lei non è per caso malato?»

La guardai, confuso e colto di sorpresa. Per un momento pensai che intendesse qualcosa in particolare.

«In che senso?»

Lei alzò un sopracciglio. «Intendevo dire se questo ha a che fare con il fatto che lei ha scoperto di essere in condizioni di salute tali che qualcuno in particolare dovrebbe saperlo, perché potrebbe trovarsi nella stessa situazione?»

La guardai negli occhi e accarezzai l’ipotesi di mentire.

«No,» dissi. «Io sto benissimo. Ma lui ha veramente qualcosa che non va.»

La lasciai seduta dietro la scrivania e ripercorsi il lungo corridoio verso il mondo esterno, dove potevo fumare e respirare» aria di prima mano e dove i miei problemi erano solo parte di ciò che io ero.

«E adesso che si fa, Bobby?»

Silenzio. Era di nuovo scomparso. Da qualche parte nel mondo degli spiriti con una birra e un ghigno, a mandare fuori di testa gli altri fantasmi.

Il pomeriggio volgeva al termine; stavo sorseggiando una birra standomene seduto a un tavolo all’aperto dell’Espresso, un bar proprio all’angolo della strada dell’albergo. I miei piedi erano affaticati e doloranti. San Francisco è senz’altro un bel posto, ma francamente ha troppe colline.

Alla faccia del fallimento totale della mattina, avevo fatto l’unica altra cosa a cui ero riuscito a pensare. Forse, pensai, forse non era nemmeno entrato nel sistema. Forse era stato semplicemente raccolto da qualcuno per la strada, che so, dalla moglie di qualche negoziante. Sapevo che questa era una fantasia scaturita dai discorsi di Mrs. Dupree sui treni di bambini nel Midwest, ma realmente non vedevo nessuna altra via percorribile e dovevo fare qualcosa per trovarlo. Ero andato alla deriva per troppo tempo. Questo era un compito che spettava solo a me, a nessuno altro.

In assenza di una qualche prova visiva utile, tentai con un altro approccio. Sapevo che i miei genitori non erano persone da gettare un bambino in pasto ai lupi. Probabilmente avevano lasciato il piccolo da qualche parte che reputavano non apertamente pericolosa e dove sarebbe potuto transitare un discreto numero di passanti. Erano a piedi e c’è un limite alla distanza che puoi percorrere con dei bambini di due anni. Perciò era probabile, o almeno possibile, che l’obiettivo della mia ricerca potesse limitarsi a un quartiere trafficato a pochi passi da Union Square. Nel peggiore dei casi sarebbe stato comunque un luogo rispondente a quelle caratteristiche, ma situato lungo una linea del tram.

Così comprai una mappa della città e cominciai a camminare. Non trovai nulla, il che significava che non avevo nessun altro posto dove andare. Un paio di mesi prima ci avevo provato, rispondendo a un’e-mail di Paul. Il mio messaggio ritornò indietro nel giro di un’ora, indirizzo inesistente, sconosciuto, impossibile da trovare. I suoi messaggi non erano tentativi di dialogo, ma enunciazioni. Anche da lì non era venuta nessuna traccia.

Terminai la mia birra e percorsi a piedi la breve distanza che mi separava dall’hotel. Mentre attraversavo la reception sentii qualcuno che chiamava il mio nome. Mi voltai lentamente.

Il giovane che era dietro al bancone aveva in mano un pezzo di carta. «C’è un messaggio per lei.»

La cosa suonava strana. Nessuno sapeva dove mi trovavo. Le poche persone che avrei avuto piacere di sentire mi avrebbero chiamato sul cellulare. Mi avvicinai al bancone sentendomi come se avessi un bersaglio disegnato sulla schiena.

Presi il foglio, ringraziai il ragazzo e mi allontanai. Quando aprii il messaggio vidi questa frase:

«Questa donna può aiutarla. Se vuole.»

C’era il numero di telefono di una sconosciuta e il nome della persona che aveva lasciato il messaggio per me: era Muriel Dupree.

Dopo una telefonata, un breve giro in Internet e una doccia veloce tornai nuovamente di sotto e presi un taxi fuori dall’hotel. Ci volle un po’ di tempo prima di trovare qualcuno disposto a portarmi nel posto dove dovevo andare, ovvero dall’altra parte della baia e poi ancora un bel po’ più lontano. Il tassista che riuscii a convincere esigette un extra che consisteva nel prestare orecchio a una lunga serie di diatribe. Fortunatamente l’uomo era troppo preso dalla sua dialettica per lasciarmi un ruolo recitante. Io grugnivo e ogni tanto dicevo: «Giusto,» continuando a guardare fuori dal finestrino mentre la città prima e i sobborghi poi scorrevano davanti ai miei occhi.

Avevo fatto una telefonata ai Servizi Sociali, sperando di parlare con Mrs. Dupree, ma senza successo. Avrei fatto meglio a tornare indietro nel tempo. Dunque, non avevo la minima idea di chi stessi andando a incontrare, ma la ricerca su Internet mi aveva informato che il numero apparteneva a una certa Mrs. Campbell e mi aveva rivelato dove viveva. È una delle poche cose che so fare. Certo, l’intenzione di Muriel era ovviamente quella che io chiamassi, chiedessi un appuntamento, dichiarassi di cosa mi occupavo e, più in generale, facessi le cose come andavano fatte. Naturalmente, me ne ero infischiato. Non sapevo assolutamente chi fosse questa persona o che cosa Muriel pensasse che la donna potesse dirmi, ma la mia limitata esperienza in questo genere di cose mi diceva che ti avvicini maggiormente alla verità se non informi in anticipo che stai venendo a cercarla. E so di cosa sto parlando. Bobby e io ci eravamo conosciuti quando lavoravamo entrambi per la CIA.

Alla fine il tizio alla guida smise di parlare e cominciò a consultare una mappa. Ci allontanammo sempre di più dalle arterie principali e alla fine ci ritrovammo in un groviglio di strade residenziali. Il quartiere era bianco, mezzo malandato, sicuramente non il sogno di un agente immobiliare. Lo percorremmo avanti e indietro per un po’ prima che mi impadronissi della mappa per dare le indicazioni del caso al tassista. Ci fermammo a metà di una strada costellata da piccole abitazioni in legno, ognuna fornita di un piccolo pezzo di terreno.

Scesi dalla macchina e pagai. Intorno non c’era nessuno.

«Se stai cercando del divertimento sei venuto nel posto sbagliato,» disse il conducente e poi ripartì.

Attesi fino a quando non fu fuori dalla visuale e poi tornai indietro di una cinquantina di metri lungo la strada dalla quale eravamo arrivati, in quanto avevo deliberatamente dato un indirizzo non esatto. La via che cercavo era in realtà a due strade di distanza e dopo aver camminato per un paio di minuti trovai la casa che dovevo visitare.

Percorsi un piccolo sentiero e salii due gradini che immettevano in una veranda. Era stata dipinta di bianco solo pochi anni prima, e presto ce ne sarebbe stato di nuovo bisogno. Cercai un campanello, ma non ne trovai, così bussai. Non avevo il minimo dubbio sul fatto che la donna fosse in casa.