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Fece un sorriso stentato. «Naturalmente non gli credetti, pensai che fosse semplicemente una sua fantasia; c’era qualcosa in lui a quei tempi che era un po’… Non saprei. Ma quando lei è apparso sulla porta, stasera, ho capito che dopo tutto aveva ragione. Aveva un fratello, proprio uguale a lui.»

Annuii, perché dovevo farlo, ma stavo pensando che si sbagliava e che anche lui si sbagliava. Io gli assomigliavo fisicamente, pianto e basta. Ero comunque sorpreso che avesse potuto notare la somiglianza, se Paul era un bambino l’ultima volta che lei lo aveva visto.

«Alla fine ne trovammo una disponibile. Lo sistemammo in una famiglia qui in città ed era lì da un anno quando si trasferirono in un altro stato e lui andò con loro. Qualunque cosa fosse a non essere andata bene, quella volta funzionò. Ecco tutto.»

La fissai.

«Cosa c’è?» disse.

Continuai a guardarla.

Lei abbassò lo sguardo sulle sue mani e parlò con voce pacata. «Che cosa ha fatto?»

«Mrs. Campbell,» dissi. «Mi dica quello che non mi ha ancora detto. Devo sapere assolutamente.»

Rialzò lo sguardo su di me e quando parlò lo fece velocemente, con lo sguardo vitreo. «Pochi anni dopo incontrai il marito della coppia che lo aveva abbandonato sugli scalini dell’edificio. Non avevo più saputo nulla di loro da quel giorno — quando ti comporti in quel modo con un bambino vieni cancellato dalle nostre liste e rischi il tribunale. In effetti, c’eravamo quasi arrivati, ma poi la moglie si ammalò, e così… soprassedemmo. Vidi quell’uomo dall’altra parte della strada e distolsi volontariamente lo sguardo, ma subito dopo corse verso di me in mezzo al traffico. Arrivò, mi si piazzò davanti e cominciò a parlare. Mi disse che sua moglie aveva un cane, quando Paul viveva con loro. Disse che per la maggior parte del tempo in cui visse in casa loro, il bambino fu bravo, bravissimo, quasi come se avesse deciso che quello era il modo in cui le cose stavano e che doveva farsene una ragione. Andava quasi sempre d’accordo con la loro figlia. Ma con il cane, Paul non si trovava e quando abbaiava lo odiava, perché diceva che lo guardava in modo strano. Era un cane piuttosto vecchio, la moglie lo aveva dai tempi dell’università e lo amava più di qualsiasi cosa al mondo. ‘Anche più di me,’ era solito dire il marito, ma andava bene così: anche a lui piaceva quell’animale. Quel vecchio cane sonnacchioso non faceva granché, dormiva nel cortile sul retro e sbatteva la coda sul pavimento ogni tanto.»

Si fermò per prendere un respiro profondo. «Poi un giorno Paul entrò in casa di corsa dicendo che il cane aveva avuto un incidente. Si precipitarono tutti a vedere. Il cane giaceva steso con il corpo per metà all’interno del cortile e per l’altra metà nella stradina esterna sul retro della casa, con la testa devastata come se fosse stata presa dalle ruote di una macchina. Paul piangeva a dirotto e si disperava, così il cane fu sepolto in fretta e fu solo a tarda sera, quando erano entrambi seduti a letto, che la moglie dell’uomo disse qualcosa. Non guardò l’uomo e parlò piano, come se si rivolgesse al muro. Disse che in tutti gli anni che avevano vissuto in quella casa, il cane non si era mai avvicinato alla strada sul retro. Disse che le sembrava strano che qualcuno fosse andato così velocemente da non riuscire a fermarsi. E aggiunse che era molto singolare che fosse solo la testa a essere così pesantemente danneggiata, strano che entrambi gli occhi e la bocca fossero così malconci.

«Il marito ci rifletté su e per quella sera fu tutto. Alla fine si addormentarono. Questo accadde una settimana prima che riportassero Paul. Il marito ammise di non poter spiegare perché erano sicuri, che non avevano prove, ma quello che era accaduto era più che sufficiente. Sua moglie non voleva più tenerlo.»

Mrs. Campbell alzò un dito per impedirmi di dire qualcosa. «No, adesso mi ascolti. Pensai che potesse trattarsi di una sorta di menzogna esagerata detta per giustificare il loro gesto, e che probabilmente questa impressione era leggibile sul mio volto. L’uomo si limitò a scuotere la testa e a dire che se avessi guardato negli occhi sua moglie per tutti quegli anni, avrei saputo capire cosa era vero e cosa no. Poi se ne andò e non lo rividi mai più.»

«Gesù,» dissi.

«Giusto.» Annuì. «E l’ultima cosa riguarda solo me; gliela dirò e poi se ne dovrà andare. Sei o sette anni dopo quel fatto, non molto prima che andassi in pensione, ci fu un incendio. Muriel ha detto di avergliene accennato. Andarono persi molti documenti.»

«Sì, me l’ha detto.»

«Una cosa che Muriel non sa, però, è questa. Quella mattina ero in ritardo per andare al lavoro — il tram si era rotto e avevo dovuto fare a piedi sei isolati. Quando arrivai là, l’edificio era già in fiamme e la gente correva avanti e indietro per la strada. Avrebbe potuto essere un giorno ancora più tragico, anche se comunque morirono quattro persone e molte altre rimasero ustionate. L’incendio scoppiò quando il palazzo era pieno di gente. E mentre mi trovavo lì, cercando di rendermi conto dell’accaduto, avvertii una strana sensazione alle mie spalle. Mi voltai e…»

Deglutì a fatica. «Lui era lì, dall’altra parte della strada, e osservava. Era cresciuto, ormai era un ragazzo. Aveva lo stesso aspetto che lei ha adesso, era solo più magro. Lo vidi solo per un attimo e poi scomparve. O forse non lo vidi affatto. Talvolta penso di aver visto quel viso e di averlo riconosciuto. Ma il più delle volte, penso sia stata solo una proiezione mentale ed è questo il motivo per cui non ne ho mai fatto cenno a nessuno. Nemmeno a Muriel, che era come una figlia per me, e che lo è ancora quando ha tempo.»

«Era lui,» dissi piano. «Era Paul.»

Mi afferrò per il braccio, con le sue dita forti e sottili. «Quello che non deve assolutamente pensare è che questo abbia a che fare con il suo essere stato dato in affidamento, con i genitori che lo adottarono e che tentarono disperatamente di dargli una vita normale. Non andò così. Queste persone hanno aiutato Muriel e migliaia di altri come lei a crescere.»

«Lo so,» dissi. «Nemmeno i miei genitori erano quelli naturali, tuttavia mi amarono più di quanto io abbia mai meritato.»

Questo la sorprese, ma si contenne. Si alzò in piedi e capii che il tempo a mia disposizione era scaduto.

Alla porta, mentre ero nella veranda mi afferrò nuovamente il braccio e mi disse un’ultima cosa.

«Ho passato tutta la mia vita con i ragazzi e nel complesso mi è piaciuto molto. Ma un aspetto della mia visione del mondo cambiò in quel periodo e per una buona ragione.»

«Cos’era?»

«Continuo a credere che siamo tutti esseri umani,» disse facendo un passo indietro e chiudendo la porta intermedia, «ma non penso che siamo tutti figli di Dio. No, non lo credo affatto.»

Tornai in albergo perché non sapevo cos’altro fare. Persi ogni entusiasmo quando arrivai nell’atrio e finii per starmene seduto al bar a fissare la strada attraverso il vetro colorato. Tutti avevano le loro esperienze personali, come ho detto. Questa era una delle mie.

Ero disorientato ed esasperato. San Francisco era un vicolo cieco. Mrs. Campbell non ricordava il nome della famiglia che aveva adottato Paul definitivamente. A ogni buon conto, si erano trasferiti e lei non sapeva dove. I suoi colleghi di allora erano morti o irreperibili. Il filo era stato tagliato, non ultimo dal fuoco. Ero convinto che Paul fosse tornato e avesse appiccato l’incendio, e che anche Mrs. Campbell pensasse la stessa cosa — così come ero convinto che lei capisse che il ragazzino che era stato trovato per strada da solo non aveva potuto accettare di essere scaricato come un pacco postale da una famiglia all’altra fino a quando non fosse diventato grande abbastanza per andarsene e cercare la sua strada nel mondo: fino a quando sarebbe diventato la persona in grado di mettere le cose ‘a posto’.