Выбрать главу

Continuavi a vivere così fino a quando diventavi vecchio e la tua vita cominciava a scorrere al contrario, e passavi dall’avere una casa intera al possedere solo una stanza in una delle case dei tuoi figli, ammettendo che avessero deciso di tenerti con loro, per poi finire in una stanza di un edificio estraneo, una qualche casa di riposo, circondato da vecchi rincoglioniti mai visti prima, e che, se li avessi incontrati, avrebbero anche potuto esserti antipatici: i giovani non capiscono che le somiglianze fisiche delle persone anziane non implicano che dentro siano uguali. E non tutti hanno lo stesso ritmo. In modo ancora più evidente di quanto non accada con la salute che si fa precaria, questa progressione rende duramente palese che la vita sta andando nella direzione sbagliata. Tutti quegli anni consacrati all’acquisto di una casa, tutti quei prestiti e quelle aspirazioni, vengono cancellati, eliminati dal disco della tua vita. Vengono sollevati gentilmente dalle tue mani come un coltello da cucina tolto a qualcuno tròppo giovane. Le cose che hai conquistato e che hanno contribuito a darti una dimensione vengono regalate, vendute o buttate e tu vieni nuovamente costretto in una cameretta, come se avessi ancora una volta dodici anni — ma questa volta, invece di sentirti in sintonia con il mondo esterno, tutta la realtà ha smesso da molto tempo di avere un senso. Te ne stai seduto in posti tranquilli, guardi fuori dalle finestre e cerchi di non farti prendere dal panico nel momento in cui ti accorgi quanto tu dimentichi in fretta questi giorni oppure quanto poco ci sia da dimenticare. Le stratificazioni del tuo io che hai acquisito nel corso degli anni si sono dissolte, riducendoti alla dipendenza; e non c’è nemmeno da scherzare dicendo che quella è solo una fase passeggera, che arriverà il tuo momento, perché non è così. Il tuo momento è già arrivato ed è anche passato. Ora sei semplicemente il colore di fondo del tempo di qualcun altro, e anche questo probabilmente svanirà presto.

Nel frattempo ci sono altre persone che percorrono il tuo tragitto da e per il lavoro, e vivono nella tua vecchia casa, dove hanno tinteggiato a nuovo i muri ed eliminato le tue scaffalature. E il pianeta continua a ruotare.

Un giorno, dopo un viaggio particolarmente difficile di andata e ritorno dal gabinetto, dopo essere stata di nuovo sistemata sulla sedia, esausta, piccola e spaventata, la nonna aveva guardato il ragazzo e aveva detto:

«È un peccato che Lui riservi il peggio per la fine.»

Lui non aveva capito immediatamente, ma solo sette mesi più tardi, quando sedeva in silenzio dietro una delle sedie del salotto due ore dopo essere ritornato dal funerale della nonna. Era seduto lì da un po’, a pensare a quella vecchia donna, quando sua madre era entrata nella stanza con un disco in mano. Si era diretta verso lo stereo, lo aveva acceso e poi si era seduta ad ascoltare.

Il ragazzo fu assalito da una paura terribile. Non sapeva cosa fare. Era consapevole di essere spettatore di un momento privato di sua madre e che non le avrebbe fatto, per niente piacere sapere di non essere da sola in quella stanza. Ne fu consapevole in modo particolare quando sentì qualcosa che poteva somigliare a un pianto. Non aveva mai sentito sua madre piangere prima di allora. E non l’avrebbe sentita mai più.

Così si limitò a starsene seduto ad ascoltare.

Sua madre rimase immobile per tutta la durata della musica. Poi si alzò, afferrò il disco e lo lanciò violentemente in un angolo, dove si frantumò in mille pezzi.

Poi uscì come una furia sbattendo la porta.

Quando la donna fu lontana, lui emerse da dietro la sedia. Il suo corpo gli diceva di portare le chiappe fuori dalla stanza in un battibaleno, di andare al piano di sopra, fuori, di fare qualcosa, ma il suo cervello sapeva che sua madre era già a metà strada verso un bar e lui desiderava sapere di che musica si trattasse. Vinse il cervello.

Si avvicinò allo stereo e osservò la copertina. Era il Requiem di Fauré, e riconobbe che proveniva dalla stanza della nonna: uno dei pochi oggetti che aveva portato con sé in casa loro quando era stata giudicata troppo anziana per continuare a vivere da sola. La custodia era vecchia, scolorita e malconcia e dava l’idea che il disco fosse stato preso e rimesso a posto tantissime volte, nella sua vita reale, quando la donna poteva scegliere quale musica sentire. Forse fu quello che lo fece dirigere verso l’angolo, raccogliere uno dei frammenti più grossi del disco per portarlo in camera sua: aveva capito che sarebbe arrivato un giorno in cui qualcun altro avrebbe esercitato il suo controllo su di lui, e che tutto quello che gli restava era solo il tempo che intercorreva tra questi due momenti.

Aveva dodici anni. Quattro anni dopo il Requiem di Fauré fu il primo disco che comprò. Alle soglie dei vent’anni era già una musica che ascoltava solo in privato. Aveva imparato che Fauré era uno di quei compositori che erano un po’ troppo conosciuti. Era un po’ come mettere su Le quattro stagioni di Vivaldi o la Quinta sinfonia di Beethoven o l’Aria sulla quarta corda di Bach. Finivi per fare la figura dell’ignorante indipendentemente da quanto ti piacesse quella musica, perché eri circondato da persone che davano valore alle idee — fra cui quella di essere intelligenti e fuori dal comune, staccati dalla massa — piuttosto che all’esperienza. Erano persone che ritenevano fosse meglio ammirare qualcosa piuttosto che apprezzarla, che vivevano una vita di costante fragilità, oppure si concedevano qualche tentazione in privato.

Persone che non avevano il coraggio di rendersi conto che se si fossero comportate con sufficiente energia potevano cambiare il mondo.

Questo accadde non molto tempo prima che lui si lasciasse alle spalle quella gente, tutta la gente, ad anni luce di distanza, quando trovò la strada del fumo. Ascoltare sua madre, sentire quei suoni strani, orrendi bellissimi provenire da lei, quello era reale. Quello era qualcosa che stava accadendo, un avvenimento in tempo reale, un cambiamento del colore del mondo mentre la morte di sua nonna incideva il suo marchio indelebile sulla realtà. Era stato come l’apparizione fugace di un lago distante o di una ragazza addormentata o di un lurido angolo di strada, sincero e vulnerabile nella sua verità semplice e autentica.

La morte è reale. La morte cambia le cose. Tutto il resto è un riempitivo, semplicemente un messaggio dal nostro sponsor.

La morte di quella vecchia era stata rivelatrice, specialmente perché lui sapeva che la caduta che alla fine aveva ucciso la donna non era stata accidentale. In fin dei conti qualcuno la stava aiutando a scendere dalle scale, e lui l’aveva sentita supplicare «No», una volta, proprio prima di cadere.

Ma dopo tutto si fece silenzioso per lei, non urlò più nella notte, non si sporcò più, e nessuno udì più il suo respiro affannoso. Venne messa sottoterra a riposare in pace, e doveva certamente sapere che sua figlia aveva pianto per lei dopo che se n’era andata.