Si voltò di scatto.
Naturalmente il corridoio alle sue spalle era vuoto, ma l’impressione era che un secondo prima non fosse stato così.
Era una situazione abbastanza da brividi. Burt non si sarebbe comportato in questo modo e non l’avrebbe fatto neppure un ospite che fosse rimasto in giro fino a tardi.
C’era solo una direzione dove una persona sarebbe potuta andare. Katelyn tornò rapidamente nel foyer passando davanti agli ascensori. Uno sguardo all’indicatore del piano le confermò che si trovavano tutti al pianterreno. Il che lasciava…
Guardò lungo l’altro corridoio.
Vuoto. Un paio di porte che conducevano fuori e tutto silenzioso come doveva essere.
Ma poi sentì un click quasi impercettibile che proveniva dal fondo del corridoio.
Quindi si trattava, probabilmente, di un ospite rientrato molto tardi, che era salito per le scale per motivi suoi ed era entrato in camera. Forse aveva paura dell’ascensore. Tutto qui. Niente di drammatico.
Solo che… c’era qualcosa che non quadrava.
L’ospite sarebbe dovuto passare alle sue spalle — nel qual caso lei avrebbe dovuto accorgersene. Non era strano che non l’avesse salutata, anche se era ubriaco e imbarazzato per farsi trovare in quello stato dal personale?
A meno che la persona non dovesse affatto trovarsi lì.
Sono cose che capitavano: le porte dell’hotel erano aperte tutto il giorno e fino a metà notte. Tu entravi, facevi un cenno confidenziale verso il bancone e nessuno ti creava problemi. Nelle ore pomeridiane e serali giuste potevi tranquillamente infiltrarti in una delle camere.
Katelyn aveva due possibilità: andare al pianoterra, prendere la radio che avrebbe dovuto avere con sé — dannazione — e rintracciare Burt, oppure dare una sveglia all’inutile tizio della sorveglianza che passava la notte nascosto nel seminterrato a masturbarsi. Era meglio Burt perché non l’avrebbe guardata come per domandarle a che scopo faceva il direttore di notte se aveva bisogno che qualcuno le tenesse la mano al buio. Burt non lo avrebbe detto o pensato. Ma chiunque altro sì, se ne avesse avuto notizia.
Il che portava all’opzione due.
Voltò le spalle agli ascensori e cominciò a percorrere il corridoio. Sforzandosi di essere molto tranquilla, professionale e rilassata, ritirò un paio di menu mentre passava. Altre colazioni continentali.
Avvertì alle sue spalle il rumore di uno degli ascensori che si muoveva.
Si fermò e si voltò, sperando che si fermasse a quel piano, che le porte si aprissero e che arrivasse un altro impiegato. Se fosse stato così, avrebbe trovato un pretesto per farsi raggiungere.
Ma le porte non si aprirono. Katelyn scosse la testa, irritata. Questo era il suo hotel. Non si sarebbe fatta spaventare.
Un altro menù, qualche porta senza istruzioni per la colazione, un altro menù. Poi si fermò a metà strada e si voltò.
Strano che la camera 511 non avesse il menù attaccato alla porta, mentre invece aveva il cartello: «Rifare la stanza».
Non aveva senso. Chi lo metterebbe mai prima di andare a letto?
Spinse leggermente la porta, che si aprì di qualche centimetro.
Dentro era tutto buio. Strano anche questo. Naturalmente la porta avrebbe dovuto essere chiusa a chiave, dato che quelle con serratura automatica sono uno standard di sicurezza in un hotel moderno. Per non parlare della serratura a scatto che, almeno, avrebbe dovuto essere chiusa.
Bussò delicatamente. Nessuna risposta.
Non si ricordava se la stanza fosse occupata. Avrebbe dovuto portarsi, oltre alla radio, anche l’elenco degli ospiti. Non ne aveva mai visto il motivo. La gente voleva la colazione oppure no. Cosa doveva fare, svegliarli per sapere se l’avevano dimenticata?
Infilò una mano e azionò l’interruttore della luce. Non accadde nulla. Improvvisamente tutto assumeva contorni più definiti. Certamente c’era un problema con la stanza 511, corto circuito o qualcos’altro. Succedeva. Molto probabilmente il cartellino sulla porta serviva a ricordare a qualcuno di provvedere.
Allora perché non gliel’avevano detto? Questo era esattamente il tipo di problema che doveva esserle comunicato. Se le persone non la prendevano seriamente, come diavolo faceva a svolgere il suo lavoro?
La bocca di Katelyn si strinse in una linea sottile. Non riusciva a sopportare il fatto di non essere presa sul serio.
Spinse ulteriormente la porta e fece un passo nel buio corridoio interno. Rimase ferma in ascolto, ma non riuscì a sentire nulla.
Entrò nella stanza. C’era odore di chiuso. L’aria intorno a lei sembrava sollevarsi e abbassarsi come una marea governata dal respiro di tutti coloro che dormivano intorno a lei. Di norma la luce esterna e l’illuminazione stradale avrebbero rischiarato a sufficienza l’ambiente permettendo di distinguere facilmente le sagome, ma le tende in fondo alla stanza erano chiuse. Riuscì a intuire che il letto era vuoto e intatto, ma poco altro di più.
Cercò a tentoni la scrivania e provò ad accendere la luce.
Anche questa non funzionava. Okay, allora l’impianto elettrico era sicuramente andato a puttane. Katelyn non riusciva a capire come questo fosse potuto accadere solo in un’unica stanza, però…
Improvvisamente la camera apparve ancora più buia e si sentì un leggero click. Lei si voltò. Il rettangolo di luce gialla del corridoio era scomparso.
Sentì qualcosa che poteva essere un rumore di passi sulla moquette. Fece un passo indietro andando a sbattere nello spigolo della scrivania.
«C’è qualcuno?»
Lui non rispose, ma c’era. Uscì fuori dal buio più profondo, con il viso che appariva morbido in quella singolare oscurità.
Katelyn cercò di indietreggiare, senza trovare però un punto dove nascondersi. L’uomo fece un altro passo felpato verso di lei, che colse uno scintillio nella sua mano.
Era sul punto di urlare, ma proprio in quel momento il viso dell’uomo passò attraverso un raggio di luce fioca che filtrava da fuori, una nuvola che spuntava dietro un’altra, più scura. Qualcosa nei tratti del viso la bloccò e rimase a fissarlo.
«No,» disse deciso. «Tu non mi conosci. Nessuno mi conosce.»
E poi fu su di lei, attraverso il tempo, con una rapidità che nulla avrebbe potuto fermare.
Nessuno degli ospiti ricevette le uova o i toast o i fiocchi d’avena in orario il mattino dopo. Ci furono molte lamentele, specialmente provenienti dai due piani più alti, dove i menu erano inspiegabilmente scomparsi. Era già pomeriggio quando un ospite controllò la stanza 511 trovando tutti i menu sparsi sul pavimento di un ambiente altrimenti vuoto e con le luci che non funzionavano.
L’hotel si prodigò per far passare sotto silenzio la sparizione. La polizia interrogò Burt per primo, naturalmente, ma l’uomo era confuso come gli altri e più scosso della maggior parte delle persone. Il suo capo gli piaceva. La notte precedente era stato sul punto di dirle qualcosa quando si erano incontrati all’ascensore. Aveva cercato di dire «Salve» in un modo che fosse un po’ più confidenziale, nel caso lei pensasse che lui stesse sulle sue o qualcosa del genere solo perché lei era il capo o perché era bianca. Ora non c’era più. La maggior parte delle persone sembrava convinta che la donna si fosse imboscata, e che sarebbe tornata entro un paio di giorni con la coda tra le gambe. Un direttore di notte donna significa «nessuno a casa ad aspettarti», così dicevano, e donne come quella erano tutte a un passo dalla clinica o da Prozac Beach.
Burt sapeva che Miss Katelyn non era così, e quando, la notte successiva, le porte dell’ascensore si aprirono e lei non era lì, lui pensò che fosse andata via per sempre, e non in un posto piacevole.