«Quindi, secondo te cosa accadde?»
«Non si estinsero. Non furono mai molti, e diventarono semplicemente bravi a nascondersi.»
«A nascondersi? Dove?»
«In due tipi di luoghi: il primo sono le foreste, nel Nord-est dell’Europa, in Finlandia, ma anche qui nei buoni vecchi Stati Uniti d’America. I paleontologi dicono che non c’era modo per gli Uomini di Neanderthal di arrivare fino a qui, ma io penso che questo significhi sottovalutarli. Avrebbero potuto raggiungere la costa passando dalla Russia, trovando il modo di attraversare la grande distesa di acqua ghiacciata fino ai Territori del Nord, per poi continuare a scendere fino a quando non avessero trovato un luogo abitabile. Poi, quando alla fine noi arrivammo in massa, avrebbero potuto ripiegare all’interno delle foreste. Quale posto migliore di quello? Migliaia di chilometri quadrati di territorio così selvaggio che ancora oggi la gente difficilmente si mette a perlustrarlo. La cultura degli indigeni americani di questa regione è costellata da alcuni piccoli indizi in tal senso. Presso i Chinook si raccontano delle favole sul ‘popolo fantasma’ che viveva nei loro stessi territori e con il quale la tribù aveva dei rapporti. Poi c’è il ‘popolo animale’ degli Okanogan. Abitavano proprio tra queste montagne e credevano che un tempo vivessero ‘animali’ con una loro cultura prima ancora che il ‘popolo’ — nome con cui designavano gli umani — si riunisse.»
«E il secondo posto? L’altro luogo dove si nascosero?»
«Proprio sotto il nostro naso. Qual è la leggenda più comune in Europa?»
«Non lo so.» Tom non sapeva neanche più se stava andando nella direzione giusta. Avevano superato il fondo dell’avvallamento e avevano cominciato a risalire. La crescente asperità del terreno gli era familiare, ma nulla di più, e la pendenza era ripida in tutte le direzioni, quindi non era di grande aiuto. Per il momento Tom si limitava ad avanzare, mentre Henrickson parlava con l’eloquio fluente di qualcuno che ha elaborato quei pensieri molte volte. E, detto in tutta onestà, con la sicurezza di chi non era poi tanto scaltro come credeva lui.
«Gli orchi, gli elfi, i troll, sono tutti esempi, secondo me, della sopravvivenza dell’Uomo di Neanderthal. Creature che vivevano qui prima di noi e che avevano le loro strane abitudini. Che all’inizio erano numerose, ma poi divennero sempre più rare — fino a diventare quasi invisibili. Ma ci ricordiamo di loro. Il linguaggio lavora in modo strano. ‘A quei tempi c’erano dei giganti qui’ . Sono convinto che ‘gigante’ non significhi ‘corpo di grandi dimensioni’. Significa che i nuovi arrivati trovarono una specie stanziale potente ed esperta — che era grande da un punto di vista culturale, come il popolo animale degli Okanogan.»
«Ma si estinsero.»
«Non del tutto. Di cos’altro sentiamo parlare moltissimo in tutto il mondo? Di fantasmi. Presenze oscure. E poi? Di alieni. Di quegli uomini verdi che, quasi per caso, sembra che facciano atterrare spesso le loro astronavi nelle foreste, il che è un approccio piuttosto singolare all’aviazione, non credi? Uomini verdi, fate, spiriti, sono tutti modi per dare una spiegazione a eventi strani cui assistiamo di tanto in tanto. Un modo per liquidare una specie che si dice essere estinta, ma che si è semplicemente dissimulata sullo sfondo — e che si aggira silenziosamente attorno a noi, tenendosi distante dal nostro cammino.»
«Ma nulla di tutto questo sembra avere a che fare anche solo lontanamente con l’Uomo di Neanderthal,» disse Tom.
«No, e per due ragioni. La prima è che le leggende si amplificano via via che le si tramanda. In centinaia di anni, un paio di millenni, acquisiscono vita propria, regole peculiari, fronzoli e riferimenti visivi. La seconda è che l’Uomo di Neanderthal ha un modo per sconvolgere le nostre menti.»
«E cioè?»
«È convinzione comune che la bocca e la gola degli appartenenti a questa specie non fossero abbastanza sviluppate per consentire un’espressione vocale articolata. Tuttavia si adattarono per farlo, quindi riuscirono a comunicare — e in un modo e a un livello che con il linguaggio del corpo e un insieme di grugniti non sarebbe mai stato possibile. La mia teoria è che ci riuscirono almeno in parte grazie alla telepatia. La usano ancora, così come del resto noi. La telepatia non è altro che empatia elevata all’ennesima potenza. E quando queste creature si trovano di fronte a un potenziale pericolo, come la nostra specie, allora inviano delle forme nelle nostre teste. Noi vediamo le immagini già nelle nostre menti. Essi riflettono su di noi le creazioni della nostra immaginazione.»
«È tutto assurdo,» disse Tom distrattamente. «Mi dispiace ma non credo a una parola di tutto questo.»
«Se ho ragione, e noi siamo in cerca dell’Uomo di Neanderthal, perché tutti dicono che Bigfoot è alto due metri e mezzo? Sono loro che ci fanno credere di essere alti, perché alto significa temibile. E perché così tante persone — come te, Tom — riferiscono di un odore disgustoso? Perché mai loro, o qualsiasi altra creatura, dovrebbero puzzare? Non c’è motivo. Sono loro che ce lo fanno credere, è un altro meccanismo di difesa, uno dei più semplici del repertorio. Si nascondono offuscando le nostre menti. Ecco perché sono così difficili da trovare. Nel mondo civilizzato, crediamo di aver visto un fantasma. Qui fuori, invece, vediamo qualcosa di più vicino al loro aspetto reale, perché una parte di noi ha sempre saputo che sono ancora qui.»
Tom si fermò e si voltò per guardare il giornalista. L’uomo, per una volta, non sorrideva. Era dannatamente serio. Sebbene a Tom facesse piacere avere qualcuno al suo fianco, avrebbe di gran lunga preferito che l’uomo avesse creduto semplicemente all’esistenza di un primate sconosciuto e in libertà, piuttosto che a un universo che preveda l’esistenza di folletti e il controllo della mente.
Ma per il momento questo era un problema secondario. Aveva delle novità anche lui.
«Mi sono perso del tutto,» disse.
Dopo un’ora la situazione non era migliorata. Henrickson aveva avuto pazienza, spesso camminando a breve distanza in modo da lasciare che Tom si orientasse, incoraggiandolo ad andare avanti e dicendogli che lo avrebbe raggiunto nel caso avesse gridato per avvertire di aver ritrovato il sentiero. A ogni modo, Tom non aveva rintracciato la strada. Più si allontanava e meno sentiva di sapere dove si trovava. Alla fine si fermò.
Henrickson da dietro disse: «Fuochino, amico?»
«No,» rispose Tom. «Non ho idea di dove diavolo siamo.»
«Nessun problema,» disse Henrickson quando lo ebbe raggiunto. Cercò nella tasca della giacca e tirò fuori una mappa. La aprì, consultò la bussola attaccata con un cordino alla giacca e quindi fece un piccolo cerchio sulla mappa. «Siamo qui.»
Tom guardò. «Qui» significava in una zona di spazio bianco con una serie di linee topografiche ravvicinate — l’ultima mezz’ora era stata in effetti un continuo saliscendi. «Bene. In mezzo al nulla!»