«Okay,» disse, mentre Tom cercava di sprofondare nella giacca per proteggersi dal vento. Guardò lungo la strada. «Credo che tornerò al motel.»
Tom fu sorpreso. Aveva creduto che si sarebbero diretti al bar. Non che desiderasse un drink; era esausto dopo la camminata e l’ambiente caldo e soffocante del ristorante aveva aumentato il suo senso di stanchezza e il suo sonno. Andare a letto sembrava una scelta sensata, ma se fosse stato da solo in camera avrebbe dovuto pensare a chiamare Sarah e ancora non aveva prove da sottoporle. «Posso offrirti una birra?» La domanda lo fece sentire goffo.
«Certo,» rispose Henrickson lentamente. «Perché no?»
Il tono della risposta spinse Tom a domandarsi se l’uomo stesse accettando per qualche ragione che non aveva nulla a che vedere con la voglia di una bibita o della sua compagnia. Ma quando si trovarono seduti al bancone del Big Frank’s — che era completamente vuoto — l’uomo fece tintinnare il suo bicchiere contro quello di Tom.
«Scusami se sembro con la testa da un’altra parte,» disse. «Solo che non posso fare a meno di pensare che stiamo perdendo tempo. E questa storia per me significa molto.»
«Lo so,» disse Tom. «Domani troveremo quel posto, te lo prometto.»
«Certo,» disse l’uomo con gli occhi rivolti alla porta. «Ma ora stiamo a vedere cosa succederà qui.»
Tom si voltò e vide un uomo di una certa stazza che stava attraversando il locale diretto verso di loro. Non camminava veloce, ma aveva una meta precisa.
«Oh cazzo,» disse Tom. «È lo sceriffo.»
Tom rimase a osservare mentre Connelly e il giornalista si squadravano dalla testa ai piedi. Poi il poliziotto rivolse l’attenzione su Tom.
«Mr. Kozelek,» disse. «Vedo che non è ancora riuscito a fare a meno dell’ospitalità di Sheffer.»
«Da chi l’ha saputo?» chiese Tom. «Dalla cameriera? Da uno dei vecchi del tavolo d’angolo?»
«Non capisco cosa voglia dire,» disse Connelly.
«Credo che stia insinuando che qualcuno l’ha informata della sua presenza in città,» disse Henrickson. «E io sono portato a pensare che abbia ragione.»
«Qui non siamo a Twin Peaks, figliolo. Stavo semplicemente passando da queste parti e vi ho visto entrare.»
Henrickson bevve un sorso di birra e guardò l’uomo al di sopra del bicchiere. «Ha qualche problema con noi, Sceriffo?»
«Non so neanche chi è lei.»
«Sono uno scrittore.»
«E cosa diavolo ci fa uno come lei in un posto come Sheffer?»
«Un articolo da prima pagina. Le incantevoli località vacanziere del Nord-ovest.»
«E Mr. Kozelek la sta aiutando, vero?»
«Diciamo di sì.»
«Non ho mai avuto molto tempo da dedicare alla lettura,» disse Connelly. «La maggior parte di quelle cose mi sembra solo un cumulo di stronzate.»
A Tom non piaceva il modo in cui i due si guardavano. Cercò di trovare qualcosa da dire, una cosa così banale da allentare la tensione. Poi alzò lo sguardo quando sentì la porta del bar aprirsi. Entrarono due persone intente a scuotersi l’acqua dai capelli.
«Salve,» disse una delle persone, che era una donna. Tom si rese conto che si trattava della dottoressa che lo aveva visitato. La donna si avvicinò al gruppo.
«Sono Melissa,» disse per aiutarlo. «Non si preoccupi, quando ci siamo visti la prima volta era piuttosto a pezzi. Come si sente?»
«Sto meglio,» disse Tom. Dietro la donna c’era il marito. Fece un cenno di saluto a Connelly e si diresse verso il tavolo da biliardo dall’altra parte della sala, nell’angolo in fondo. Aveva l’aria di qualcuno che non era molto sensibile agli scambi di cortesie.
«Bene,» disse Melissa osservando Tom con sguardo professionale: distaccato e come a voler implicare che l’opinione che Tom aveva del proprio stato di salute, per quanto rninimamente interessante, era di nessuna rilevanza diagnostica. «Niente nausea? Mal di testa?»
«No,» rispose mentendo. «Mi sento bene, grazie.»
«Perfetto. Oh… se fossi in lei, per un po’ ci andrei piano con i rimedi a base di erbe. Non si sa mai che effetti possono avere alcune di queste.»
Connelly sembrò irrigidirsi leggermente. «Questo punto è già stato chiarito,» disse lo sceriffo. «Le erbe non appartenevano a Mr. Kozelek.»
Henrickson inclinò la testa. «Erbe?»
Melissa abbozzò un sorriso, come se improvvisamente esitasse ad avventurarsi su quel terreno. «Ne ho trovato un piccolo mucchietto, nella borsa di Mr. Kozelek.»
«Melissa, sia gentile,» disse Connelly. «Vi raggiungo tra un attimo, ma prima c’è una cosa che devo discutere con questi due ragazzi.»
«Certo,» disse la donna, indietreggiando con un sorriso. In condizioni normali si sarebbe sentita liquidata, ma in quel momento, ciò che Tom aveva colto negli occhi della donna non era l’effetto di un contegno professionale quanto quello di uno spinello da antologia. «Ti prendo una birra?»
«Sarebbe fantastico.»
I tre uomini la osservarono mentre si dirigeva dall’altra parte del bar e poi si voltarono per tornare a fronteggiarsi.
«Dunque, se queste piante non le ha portate Tom,» disse Henrickson, «come hanno fatto a finire nella sua sacca?»
«Credevo non sapesse di cosa stessi parlando.»
«Mi dispiace che abbia avuto questa impressione. In realtà credo che lei stia facendo riferimento alla valeriana e alla scutellaria che Tom aveva nello zaino.»
«Cosa?» disse Tom rivolgendosi allo sceriffo. «Di cosa state parlando?»
«E chi lo sa!» disse il poliziotto.
«Non credo,» Henrickson infilò una mano nella giacca e tirò fuori un piccolo sacchetto di plastica. Lo posò sul bancone. «È questa roba che ha trovato la dottoressa?»
Connelly distolse lo sguardo. «Le piante per me sono tutte uguali.»
«Per me no. So che queste sono erbe medicinali, e so anche che entrambe erano usate da un particolare gruppo di persone.»
«Gli indiani del luogo.»
«In realtà, già da qualcuno prima di loro. Allora, sceriffo, mi dica un po’. A giudicare dalla reazione di Tom, mi sembra difficile credere che sia stato lui a infilarle nello zaino. Ma forse lei sarà in grado di spiegarmi come è andata, vero?»
«Sono state messe lì dentro da una donna di nome Patrice Anders.»
Henrickson ghignò. «Davvero? Vale a dire la donna con quegli strani scarponi?»
«Quando ritrovò l’attrezzatura di Mr. Kozelek nella foresta, Mrs. Anders capì subito che apparteneva a una persona in stato confusionale. Quella donna si interessa di terapie alternative. Ha lasciato queste erbe nello zaino nella speranza che il proprietario, se fosse ritornato, avrebbe potuto riconoscerle e utilizzarle.»
Questa volta Henrickson scoppiò a ridere. «Sta scherzando, vero?»
«Questo è quanto lei mi ha detto.»
«Vediamo se ho capito. Mentre quella donna si trova a gironzolare per i boschi con i suoi scarponi nuovi di zecca, incontra il piccolo accampamento di Tom. Con una semplice occhiata stabilisce che il mio amico è partito di cervello e così decide di lasciare alcune erbe medicinali nel suo zaino, nella remota speranza che scopra di cosa si tratta e decida di usarle. Erbe che per puro caso lei si portava dietro mentre girovagava per il bosco. Erbe che al giorno d’oggi vengono usate come tinture o al limite per farsi un tè.»
«La gente fa cose strane.»
«Già, è vero. Non c’è dubbio. Be’, sceriffo, la ringrazio, perché queste piante sono state per me un problema da quando ne ho sentito parlare. Sono felice di aver ascoltato una spiegazione così credibile e immediata.» Henrickson si alzò e sorrise rivolgendosi a Tom. «Bene, amico mio, è un peccato che non abbiamo incontrato prima questo signore. Sembra che abbia tutte le risposte. E ora mi sento stanco per la nostra gita di oggi, quindi credo sia giunto il momento di andarcene a dormire.»