«Sono a casa di Mrs. Campbell. È nella sua rubrica.»
«Che diavolo ci fa lì?»
«Ho urgente bisogno di parlare con lei. Sono venuto da Mrs. Campbell, ma non era in casa. Mi sono preoccupato e ho pensato che fosse meglio controllare l’interno.»
«Perché preoccuparsi? È a conoscenza di qualcosa che io non so?»
«Muriel, mi dica solo questo: dov’è?»
Ci fu una pausa e poi disse: «Aspetti lì.»
I rumori del telefono si attutirono. La sentii parlottare con qualcuno, ma non riuscii a distinguere una sola parola. Poi la sua voce tornò chiara. «Ha detto che è disposta a parlarle,» disse Muriel, facendo capire di non essere d’accordo. «Farebbe meglio a raggiungerci.»
Ci vollero venti minuti per attraversare la città. Muriel Dupree non mi diede affatto il benvenuto quando venne ad aprire la porta, ma alla fine mi fece entrare. Lanciò uno sguardo sospettoso verso Nina.
«Lei chi è?»
«Un’amica,» risposi.
«Lo sa di avere del sangue sulla camicia?»
«Sì,» disse Nina. «È stata una lunga giornata. Anche Ward ne ha sulla sua.»
«Lui è un uomo, la cosa è diversa.»
La casa di Mrs. Dupree era ordinata, ariosa e una delle meglio arredate che avessi visto da un po’ di tempo a quella parte. Era l’ambiente di vita semplice e sobrio di qualcuno che conduceva un’esistenza ordinaria e che ne era soddisfatto. Ci condusse sul retro dove un’ampia cucina sfociava in un salotto. Mrs. Campbell era su una sedia accanto al camino elettrico. Aveva un’aria più fragile di quanto ricordassi.
«Se mi è permesso chiederlo,» dissi, «cosa ci fa qui?»
«C’è un motivo per cui non dovrebbe?»
Guardai Muriel e compresi che Mrs. Campbell significava molto per lei. E che l’atteggiamento infastidito di prima nascondeva qualcos’altro. Preoccupazione sicuramente. Forse paura.
Mi sedetti all’estremità del divano. «Mrs. Campbell,» dissi, «c’è qualcosa che devo chiederle…»
«Lo so,» disse. «Quindi perché non va avanti.»
«… ma perché è qui?»
«Stavano succedendo cose strane,» disse Muriel. «Jean continuava a sentire strani rumori notturni intorno alla casa. Non è un mistero, tenuto conto del posto dove vive. Ma a un certo punto si è presentato alla sua porta un uomo che le ha fatto un sacco di domande.»
«Quando è successo?»
«Il giorno dopo che lei venne a trovarmi,» disse Mrs. Campbell. «È tutto a posto Muriel, gli parlerò io.»
«Che aspetto aveva quell’uomo?»
«Era alto come lei, forse un po’ più largo di spalle.»
Guardai Nina. «Era John. O almeno così spero. È un detective. Deve essere riuscito a trovare un vecchio elenco di impiegati.»
«Sapeva che avevo lavorato lì, questo è certo. Non ero in grado, però, di rispondere alle sue domande. Così se ne andò. Con me è stato educato, anche se non mi è sembrato il tipo d’uomo che tratta tutti così.»
«Che cosa le ha chiesto?»
«Le stesse cose che mi sta per chiedere lei, solo che ora ho le risposte.»
«Quando avevamo parlato la volta scorsa, lei mi ha raccontato di una famiglia che aveva preso in affidamento Paul. Quella in cui la donna aveva un cane che morì in circostanze poco chiare.»
«Mi ricordo.»
«Si chiamavano Jones?»
La testa di Nina si girò di scattò verso di me.
«No,» rispose Mrs. Campbell. «Wallace. I Jones erano l’altra famiglia, quella che lo riportò indietro quando ebbero una bambina.»
Mi vennero le vertigini. «Come fa a ricordarselo ora?»
«Mi ha fatto fare delle ricerche,» disse Muriel quasi sottovoce. «Dopo che lei se ne andò, Jean mi chiamò. Inizialmente credevo che mi avrebbe rimproverato per averla messa in contatto con lei. Ma non fu così.»
«Chiesi a Muriel di fare una piccola indagine per conto mio,» disse l’anziana donna. «Rintracciare un paio di vecchie colleghe, gente che allora lavorava lì. Ne trovai una in Florida, che naturalmente si crogiolava al sole in mezzo agli alligatori, e un’altra nel Maine. Quest’ultima si era trasferita lì per stare vicino alla famiglia, anche se poi i figli morirono prima di lei. Così è la vita. Con tre archivi di ricordi, siamo riusciti a ricostruire i fatti.» Si morse il labbro. «Allora, mi dice cosa è successo?»
«Paul ha ucciso due donne,» dissi. «Jessica Jones è stata trovata morta in un motel cinque giorni fa a Los Angeles. Katelyn Wallace, ieri mattina.»
«Dove?»
«A nord. A est di Seattle. Le ha uccise e ha lasciato degli hard disk nei loro corpi, come se con questa macabra messa in scena avesse voluto cancellare il passato, ripulire una vita, forse anche attuare una sorta di purificazione.»
«Oh, mio Dio,» disse l’anziana donna. Le tremavano le mani. Muriel si allungò e protese una mano sopra le sue.
«Jessica e Katelyn erano le figlie dei genitori adottivi di Paul?» chiese Nina. «Le ha uccise solo per questo?»
«Erano famiglie che avevano tentato di prenderlo con loro per sempre, cercando di offrirgli una vera casa. Ma qualcosa della sua personalità aveva reso impossibile la cosa, credo. Evidentemente ha bisogno di addossare la colpa a qualcuno. Sta ripulendo il suo hard disk. Lui… Mrs. Campbell, ha idea di dove viva ora la famiglia di Katelyn Wallace?»
«Sono morti,» disse Muriel. «Per cause naturali, cinque anni fa. Be’, in un certo senso, naturali. La natura c’entra comunque. Erano su una barca che affondò al largo della baia. Nessuno ebbe mai a dubitare dell’accidentalità della cosa.»
«E i Jones?»
«Di loro non so nulla.»
«Il dipartimento di polizia di Los Angeles ha mandato degli agenti a cercarli a Monterey,» disse Nina. «Te l’avevo detto. Avevano un indirizzo, ma in casa non c’era nessuno. I vicini dissero che non li vedevano da sei settimane. È stata avanzata l’ipotesi che fossero in vacanza.»
«Forse lo sono,» dissi, ma stavo pensando a due persone, più o meno della stessa età, i cui corpi avevo visto su un pianoro isolato e solitario a quasi mille chilometri di distanza da dove mi trovavo seduto in quel momento. Persone che John aveva fotografato e che forse — se aveva compiuto dei progressi in un’indagine che aveva deciso di mantenere segreta — era stato in grado di identificare. Non potevo dire nulla di certo. Era ugualmente possibile che John si trovasse realmente in Florida, che avesse parlato con un’altra amica di Mrs. Campbell e ricostruito la storia in questo modo.
Nina mi osservava. «Come facevi a saperlo, Ward?»
«Non lo sapevo,» dissi distrattamente. «Mi sono semplicemente chiesto perché l’assassino aveva preso una foto dei genitori di Jessica. Se hai intenzione di prenderti un souvenir, un talismano, in genere prendi qualcosa di più personale. Che so, una parte del corpo, un brandello di vestito. In questo caso invece, si è accontentato di una foto che non era nemmeno della vittima. Monroe disse che qualche mese prima c’era stato un tentativo di localizzare Jessica; non suona più come un tentativo di mettersi sulle tracce di qualcuno in particolare, piuttosto che il modus operandi di un serial killer? E se accettiamo l’ipotesi che la persona che ha ucciso Jessica non sia la stessa che ha ucciso il poliziotto, qual era il movente di quest’ultimo gesto? L’unica possibilità poteva essere quella di un tentativo di attirare l’attenzione sull’assassino di Jessica. Se c’è una ragazza morta in un motel pulcioso, i poliziotti dedicheranno al caso solo il tempo strettamente necessario, anche se è carina e ha un hard disk infilato in bocca. Ma se a tutto questo aggiungiamo un poliziotto ucciso in pieno giorno, allora, d’improvviso, ti ritrovi con una task force al completo, e un tenente della Omicidi e un agente speciale dell’EBI che fanno a gara per avere l’esclusiva dell’indagine — con l’agente, in particolare, che è già stato avvisato con una soffiata.»