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Potevo sparargli, lo sapevo. Nessuno me l’avrebbe rinfacciato. Connelly osservava la scena dall’alto della gola. Aveva il volto teso e riuscivo a sentire il suo ansimare, ma la canna del suo fucile era sempre puntata su Paul. Sembrava in grado di sparare ancora una volta, al posto mio. Sapevo cosa John desiderava. Phil, invece, era un mistero in quel momento: sembrava un tipo a modo e poco incline a fare del male alle persone, ma — dato che l’Homo Erectus gli aveva sparato nella gamba e lo aveva battezzato tenendolo con la testa sott’acqua — ho il sospetto che sarebbe stato dalla parte dei falchi.

Alla fine, abbassai il braccio.

«Fottuto buono a nulla,» mormorò John. Nina andò da lui, si accovacciò e gli disse qualcosa sottovoce, nell’orecchio. Parlò per un po’, poi prese dalle sue mani la pistola.

Avanzò tenendola puntata sull’Homo Erectus mentre io aiutavo Connelly a scendere nella gola. Aveva un aspetto terribile, ma non peggiore del mio. Un uomo in grado di arrivare da solo in cima alla gola partendo da dove lo avevano lasciato, non avrebbe tirato le cuoia tanto facilmente.

Zoppicò insieme a me fino al punto in cui, stando alle parole di Nina, si trovava Phil. Cercò di dare una mano, ma alla fine fui io che sorressi il suo vice per portarlo dove si trovavano gli altri. Facemmo molto rumore. Poi lo feci appoggiare contro la parete più lontana, proprio di fronte a Paul. Connelly si abbassò per sedersi accanto a Phil, mantenendo sempre il fucile puntato su Paul.

Non sapevo cosa sarebbe successo. Stava ancora nevicando. La neve era un po’ diminuita di intensità, ma non sembrava intenzionata a smettere. Eravamo nel bel mezzo del nulla. Né Phil né Connelly erano in grado di tornare a casa sulle proprie gambe, e la radio dello sceriffo non aveva segnale. John appariva messo meglio: a giudicare dalle condizioni del suo cappotto, il colpo di Nina non aveva fatto molto di più che asportargli un pezzo di carne del braccio. Non aveva nessuna intenzione di parlare con me, né di guardarmi negli occhi.

Nina andò a recuperare Patrice Anders. Non mi ero nemmeno accorto della sua presenza. Sembrava così infreddolita come credo avrebbe potuto essere qualcuno scoperto sotto il permafrost a cavalcioni di un peloso mammut. Le due donne scambiarono qualche parola e poi Nina andò da Connelly e gli chiese il GPS.

«Non ce ne sarà bisogno,» disse la donna. «Conosco la strada.»

Nina se lo mise comunque in tasca. Venne da me, mi sfregò il braccio per un secondo, poi si tolse il cappotto e me lo diede.

A quel punto le due donne cominciarono a risalire il fiume.

«Verrò con voi,» disse John, e si rimise in piedi.

«Stiamo bene, grazie,» disse Nina.

«Forse. Ma ci sono orsi qui intorno. Prima ne ho visto uno, o qualcosa di simile.»

Nina mi guardò. Io scrollai le spalle. Mi sistemai su una grande roccia piatta a un paio di metri da Paul e le guardai allontanarsi.

Durante quella notte accaddero due fatti per me incomprensibili.

Il primo era di minore importanza: mi resi conto che Phil e Connelly stavano parlando a voce bassa, e mi misi ad ascoltare.

Sentii Phil che diceva: «Lo ha sempre saputo, vero?»

«Ero con tuo zio quella notte,» rispose lo sceriffo. Sembrava sul punto di aggiungere qualcosa, ma guardò nella mia direzione e si accorse che li stavo ascoltando.

Fece un cenno a Phil e scosse la testa. Dopo non ne parlarono più.

Dopo circa un’ora si addormentarono. Non sapevo se fosse una buona idea, ma si erano sdraiati vicini, come per tenersi reciprocamente caldo. Non potevo tenerli entrambi svegli per tutta la notte. Ero così stanco che non sapevo neanche se sarei riuscito a resistere io. Tutti e due russavano, quindi potevo limitarmi a controllare questo.

Mi sentivo come se nella testa avessi avuto una pietra tenuta in equilibrio da un’altra pietra. Avevo l’impressione di aver corso per tre mesi e di essere arrivato alla fine della pista per scoprire che non c’era nessuna linea d’arrivo. Paul sembrava privo di conoscenza, ma tremava vistosamente. Mi accorsi che impugnavo ancora una pistola. Mi sembrò improbabile che Nina sapesse esattamente quante pallottole lui aveva in corpo. Una in più sarebbe passata inosservata. Forse la chiave per superare quella linea d’arrivo era nella mia mano destra. Forse uccidere Paul sarebbe stato l’unico gesto che avrebbe avuto il significato di una fine per me.

Mi mossi silenziosamente e mi avvicinai a lui.

Un colpo solo.

Gli altri si sarebbero svegliati, ma avrei potuto dire che si era mosso.

Sapevo perché Nina mi aveva trattenuto. Non voleva che io commettessi un omicidio a sangue freddo. Credo anche che ritenesse che le famiglie delle persone uccise dall’Homo Erectus — le famiglie delle ragazze che erano scomparse due anni prima a Los Angeles, e tutte le altre cui poteva essere collegato — avessero il diritto a qualcosa di più della semplice notizia di un’esecuzione sommaria avvenuta in mezzo ai boschi a mille miglia di distanza, quasi in disparte. Sapevo che era stata soprattutto questa convinzione ad averla spinta a continuare il proprio lavoro nel corso degli anni, e a cercare di eliminare quegli individui, nonostante ne spuntassero fuori degli altri per prendere il loro posto. D’accordo, avevamo mantenuto il segreto su The Halls, ma non avevamo fatto nessun prigioniero.

Alla fine, non fu nulla di tutto questo a farmi riporre la pistola. Ad essere sincero, non so cosa mi abbia convinto a farlo.

Mi alzai, scrollandomi di dosso il cappotto di Nina. Lo stesi sul corpo di Paul e lo rimboccai ai lati. Il suo viso era livido e le labbra tendevano al blu.

Mi resi conto che stavo piangendo.

Mi sedetti vicino alla sua testa, la posai sulle mie ginocchia, dove sarebbe stata più al caldo, e passai il mio braccio attorno alle sue spalle.

Non so perché lo feci. Sapevo quante persone aveva ucciso, e sapevo anche che avrebbe fatto lo stesso con Nina, John e me. Ma non potei impedirmi di farlo.

Connelly si svegliò per un breve momento, ma non disse nulla. Poi mi addormentai, appoggiato malamente alla parete rocciosa, un sonno costellato di fitte dolorose. Fui svegliato da un rumore che proveniva da sopra di me e da un vento diverso.

Aprii gli occhi e vidi Connelly e Phil che si alzavano aiutandosi a vicenda; erano immersi in una luce bianca e guardavano verso il cielo mentre la fune veniva calata lentamente da un elicottero.

Fui l’ultimo a essere recuperato, l’ultimo a lasciare quel posto gelido. Avevo un mal di testa feroce ed ero così stanco che riuscivo a stento a tenere gli occhi aperti, mentre venivo sollevato tra il rumore, il vento e la neve fluttuante.

A un certo punto guardai in basso, e per uno strano istante, in un lampo di luce, mi sembrò di vedere alcune figure nella gola, che mi osservavano mentre venivo sollevato verso il cielo. Battei le palpebre per cercare di vedere meglio, ma erano sparite.

Poi una folata di neve nascose il terreno alla vista, e sentii delle mani che mi issavano nella macchina volante.

Quando raggiungemmo l’oceano, svoltammo a destra percorrendo la strada costiera verso nord. In Oregon è vietato lottizzare la costa e quindi essa appare selvaggia e antica, un posto dove possono accadere strane cose. In passato poteva capitare di trovare blocchi di cera d’api nella sabbia e all’interno delle terre; alcuni sembravano riportare dei simboli, e qualcuno di questi avrebbe potuto essere cinese antico. Sapevo che, tra le cose raccontate da Zandt, almeno questa era vera, anche se continuavo a non credere molto al resto. Un disegno è un disegno, e basta. Non deve necessariamente descrivere qualcosa di reale.