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Mi vergogno di me stesso, stanotte. Se questi sono gli uomini, preferirei non essere un uomo.

Più Rachel procedeva nella lettura, più domande le affollavano la mente. Chi era l’autore del diario, che aveva trascritto i suoi sentimenti con tanta eloquenza su quelle pagine? Come aveva imparato a esprimersi in modo così potente, e per quale scopo aveva usato quella potenza una volta finita la guerra? Era stato un pastore? Un politico pacifista? O aveva fatto ciò che sua moglie aveva suggerito e aveva sigillato per sempre il contenuto di quel libro, con tutta la sua rabbia e la sua delusione?

C’erano anche altre domande che non avevano nulla a che fare con Charles e Adina. Come mai Margie aveva conservato quel diario, e perché lo aveva tenuto nascosto insieme alle lettere di Danny? Quel materiale era tutt’altro che scandaloso. Forse all’epoca della guerra civile, le opinioni di Charles sarebbero state ritenute radicali, ma quasi un secolo e mezzo dopo, che importanza potevano avere le sue parole?

Riprese a leggere. Di tanto in tanto, si fermava per scorrere le lettere e i biglietti infilati tra le pagine del diario. Alcuni non avevano niente a che fare con ciò che stava leggendo, altri sembravano pensieri che Charles aveva appuntato in fretta e furia. C’erano due lettere di Adina, entrambe tristi e stranamente brusche. La prima diceva:

Mio adorato marito,

ti scrivo per comunicarti la peggiore delle notizie e non conosco modo per cercare di raddolcirla. Due giorni fa, il Signore ci ha tolto il nostro amato Nathaniel, con una febbre arrivata tanto improvvisamente che se ne è andato prima che Henrietta avesse avuto il tempo di portare il dottor Sarris a visitarlo.

Avrebbe compiuto quattro anni il primo martedì del prossimo mese, e io gli avevo promesso che l’avresti fatto salire sul tuo cavallo come regalo di compleanno, una volta che fossi tornato a casa. È stata questa l’ultima cosa di cui ha parlato.

Non penso che abbia sofferto molto.

La seconda era ancora più breve:

Devo andare in Georgia, e spero che questo sia possibile. Ho saputo da Hamilton che la piantagione è in rovina e che nostro padre è caduto in tale stato di prostrazione che per ben due volte ha cercato di togliersi la vita. Lo porterò con me a Charleston e là mi prenderò cura di lui.

Quella era la stessa donna che aveva scritto la dedica sulla prima pagina del diario ma la sua calligrafìa era quasi irriconoscibile adesso. Rachel stentava a immaginare in quali condizioni dovesse essere ridotta Adina: il marito lontano, un figlio morto, le ricchezze della famiglia perdute; era un miracolo che non fosse impazzita. Ma forse lo era.

Rachel continuò a leggere. Di lì a un’ora avrebbe dovuto smettere per recarsi all’appuntamento con Danny, ma era riluttante all’idea di lasciargli il diario. Ne era affascinata; quelle vite tragiche che si dipanavano davanti a lei, come quelle dei personaggi di un romanzo. Solo che quel libro era privo dei classici elementi confortanti della narrativa. Nessuna voce esterna aveva inserito quegli eventi in un contesto più ampio; e non c’era alcuna certezza che il diario le avrebbe svelato la fine delle loro vicissitudini.

Qualche pagina più avanti, comunque, si ritrovò a leggere un brano che avrebbe cambiato radicalmente la direzione di tutto ciò che sarebbe seguito.

Stanotte non sono sicuro di essere ancora un uomo sano di mente, aveva scritto Charles. Ho vissuto un’esperienza così strana oggi e voglio trascriverla prima di andare a dormire per impedirmi di pensare, domani, che sia stata solo un’invenzione della mia mente esausta. Non è stato così. Ne sono certo. So che la fatica può suscitare certe visioni, ma questa è stata una cosa del tutto diversa.

Stiamo marciando verso sud-est, attraverso il North Carolina. Continua a piovere e il terreno è fangoso; gli uomini sono così stanchi che non hanno nemmeno la forza di cantare o di lamentarsi, riescono a malapena a camminare. Mi chiedo tra quanto tempo dovrò unirmi a loro; il mio cavallo è malato e credo che sia solo il suo amore per me a spingerlo ad andare avanti. Povera creatura ! Mi sono accorto che il cuoco, Nickelberry, di tanto in tanto gli lancia un’occhiata come se si chiedesse se riuscirà a trasformare la sua carcassa in qualcosa di commestibile.

Così, questa è stata la nostra giornata, ed è stata già abbastanza orribile. Ma poi, verso il tramonto, ed era quell’ora particolare in cui niente al mondo sembra solido e certo, ho abbassato lo sguardo — oh Dio del cielo, la mia penna quasi si rifiuta di scrivere queste parole — e ho visto mio figlio, il mio Nathaniel dai capelli d’oro, seduto sulla sella davanti a me.

Ho ripensato alla lettera di Adina, alla sua promessa di farlo salire sul mio cavallo, e il cuore ha preso a battermi più in fretta nel petto perché oggi era il compleanno di Nathaniel.

Ero certo che la sua presenza mi avrebbe abbandonato dopo qualche istante, ma non è stato così. La notte stava calando e lui è rimasto con me, come per cercare di darmi conforto. Nell’oscurità, ho sentito i suoi occhi su di me e ho visto il suo volto pallido.

Allora gli ho parlato. Ho detto: ti amo, figlio mio.

E lui mi ha risposto! Come se tutto questo non fosse già stato abbastanza prodigioso, ha risposto. Papà, ha detto, il cavallo è stanco e vuole che io lo porti via.

Era insopportabile sentire quella piccola voce nelle tenebre che mi diceva che il mio cavallo non sarebbe rimasto a lungo in questo mondo.

Io gli ho detto: allora devi prenderlo. E, non appena ho pronunciato quelle parole, ho sentito il mio cavallo rabbrividire sotto di me. La vita lo ha abbandonato ed è caduto a terra. Io sono caduto con lui, naturalmente, nel fango. Sono arrivati alcuni soldati con delle lampade e c’è stato un po’ di trambusto. Ma io, per fortuna, non ho riportato ferite, come se il mio stato alterato mi avesse protetto in qualche modo.

Di Nathaniel, naturalmente, non c’era traccia. Se n’era andato, accompagnando lo spirito del cavallo nel luogo dove riposano le anime delle creature fedeli e amorevoli.

Sotto quelle parole c’era uno spazio vuoto. Quando Charles aveva ripreso il suo racconto, era in uno stato di agitazione ancora peggiore.

Non riesco a dormire. Mi chiedo se riuscirò mai più a prendere sonno. Non riesco a pensare ad altro che a mio figlio. Perché è venuto da me? Che cosa voleva dirmi?

Nickelberry è un uomo migliore di quanto avessi immaginato. L’esperienza mi ha insegnato che i cuochi sono perlopiù uomini vili. Ma lui è diverso. I soldati lo chiamano Nub. Poco fa mi ha visto scrivere su questo diario ed è venuto da me e mi ha chiesto di scrivere una lettera per lui da mandare a sua madre. Io gli ho risposto che lo avrei accontentato. Lui mi ha detto che gli dispiaceva che il mio cavallo fosse morto ma che avrei dovuto trarre conforto dal pensiero che avesse nutrito tanti uomini che erano così malati che, se non avessero mangiato quella notte, sarebbero sicuramente morti. Io l’ho ringraziato per quel pensiero e mi sono accorto che avrebbe voluto dirmi qualcos’altro ma che non sapeva da che parte cominciare. Io l’ho invitato a parlare liberamente e lui lo ha fatto. Mi ha detto di aver sentito dire che non c’è speranza di vincere questa guerra. Io ho risposto che probabilmente era vero. Al che lui mi ha chiesto: allora perché continuiamo a combattere?