“E quindi preferisci guardare qualcuno che fuma una sigaretta invece di fumarla?”
“Be’… non proprio”, ha sospirato. “Ma ci sono quasi. Allora, veniamo a noi, fratello mio. Perché mi hai chiamato?”
“Io non ti ho chiamato.”
“Mi permetto di dissentire.”
“No, sul serio. Non ti ho chiamato. Non saprei nemmeno come fare.”
“Maddox”, ha detto lui, solo un tocco di condiscendenza nella voce. “Non mi stai ascoltando.”
“Ma ti sto ascoltando, dannazione.”
“Non alzare la voce.”
“Non la sto alzando.”
“Sì, invece. Stai gridando.”
“Mi hai accusato di non ascoltarti”, ho ribattuto, tentando di mantenere un tono di voce ragionevole anche se non mi sentivo per niente ragionevole. Non ci riuscivo mai in presenza di Galilee; è questa la semplice verità. Anche nei giorni gentili prima della guerra, prima che Galilee scappasse a cercare fortuna nel mondo, prima delle calamità seguite al suo ritorno, della morte di mia moglie e della fine di Nicodemus, anche allora — quando vivevamo in un luogo che, ripensandoci ora, era a dir poco paradisiaco — litigavamo spesso, aspramente, anche sui dettagli più insignificanti. Mi bastava cogliere un certo tono nella sua voce — o a lui bastava percepire una sfumatura non gradita nella mia — e ci saltavamo alla gola in un istante. L’argomento della discussione di solito era irrilevante. Litigavamo perché eravamo, nel profondo, l’uno l’antitesi dell’altro. Il passare degli anni, a quanto pareva, non aveva smussato quell’antipatia.
“Cambiamo argomento”, ho proposto.
“Benissimo. Come sta Luman?”
“Pazzo come sempre.”
“E Marietta? Sta bene?”
“Meglio che mai.”
“È innamorata?”
“Al momento no.”
“Dille che ti ho chiesto di lei.”
“Naturalmente.”
“Mi è sempre piaciuta Marietta. Vedo il suo volto in sogno molto spesso.”
“Le farà piacere saperlo.”
“E vedo il tuo”, ha detto Galilee. “Vedo anche il tuo.”
“E scommetto che mi maledici.”
“No, fratello, no. Nei miei sogni siamo di nuovo tutti insieme, prima che iniziassero tutte queste stupidaggini.”
Quel termine mi è parso particolarmente inappropriato — quasi insultante nella sua leggerezza. Non ho potuto fare a meno di commentare.
“Forse saranno sembrate stupidaggini a te”, ho detto. “Ma per tutti noialtri sono state qualcosa di più.”
“Non intendevo…”
“Tu te ne sei andato per inseguire le tue avventure, Galilee. E sono sicuro che questo ti ha dato molta gioia.”
“Meno di quanto immagini.”
“Avevi delle responsabilità”, gli ho fatto notare. “Eri il figlio maggiore. Avresti dovuto dare il buon esempio, invece di pensare solo a te stesso.”
“E da quando questo è un crimine?” ha ribattuto Galilee. “Ce l’abbiamo nel sangue, fratello. Siamo una famiglia edonistica.”
(Era innegabile. Nostro padre era stato un sensualista di proporzioni eroiche fin dalla prima infanzia. Io stesso avevo trovato in un libro di antropologia una storia sui suoi primi exploit sessuali raccontata dai nomadi curdi i quali sostenevano con fierezza che diciassette dei padri fondatori della loro tribù furono generati da mio padre quando era ancora troppo giovane per camminare. Siete liberi di crederci o meno.)
Nel frattempo, Galilee era passato ad altro.
“Mia madre…”
“Sì?”
“Sta bene?”
“E difficile dirlo”, ho risposto. “La vedo molto raramente.”
“È stata lei a guarirti?” ha chiesto Galilee, abbassando lo sguardo sulle mie gambe. L’ultima volta che mi aveva visto ero ancora un invalido che gli urlava contro.
“Credo direbbe che siamo stati entrambi.”
“Non è da lei.”
“Si è ammorbidita.”
“Abbastanza da perdonarmi?” Sono stato zitto. “Devo considerarlo un no?”
“Forse dovresti chiederglielo tu stesso”, gli ho suggerito. “Se vuoi posso parlarle io. Dirle che ci siamo parlati. Prepararla.”
Per la prima volta da quando mi era apparso, ho visto qualcosa di più del Galilee-ombra. Una sorta di luminescenza è sgorgata dalla sua carne gettando un chiarore freddo su di me e delineando così la sua sagoma. Mi è sembrato di scorgere la curva del suo torace, illuminata dall’interno; su, fino al suo collo robusto e alla caverna della sua bocca.
“Davvero mi aiuteresti?” mi ha chiesto.
“Naturalmente.”
“Pensavo che mi odiassi. Avresti anche le tue buone ragioni per farlo.”
“Non ti ho mai odiato, Galilee, te lo giuro.”
La luce aveva raggiunto i suoi occhi adesso, e gli scorreva giù, lungo le guance.
“Mio Dio, fratello…” ha mormorato, “… è passato tanto tempo dall’ultima volta che ho pianto.”
“Significherebbe così tanto per te tornare a casa?”
“Farmi perdonare da lei”, ha detto Galilee. “È questo che voglio, più di qualsiasi altra cosa. Semplicemente essere perdonato.”
“Non credo di poter fare molto per te in questo senso.”
“Lo so.”
“Posso soltanto dirle che vorresti vederla e poi riferirti la sua risposta.”
“È più di quanto avrei potuto aspettarmi”, ha detto Galilee, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano. “E non pensare che non sappia che devo chiedere perdono anche a te. La tua dolce Chiyojo…”
Ho sollevato una mano per interromperlo. “Preferirei che non…”
“Mi dispiace.”
“Comunque, non è una questione di perdono”, ho detto.
“Ne dubito”, ha ribattuto Galilee con la stessa amarezza che inizialmente aveva segnato la sua voce. Odia se stesso, ho pensato. Dio, quest’uomo odia se stesso. “A cosa stai pensando?” mi ha chiesto.
Ero troppo confuso per confessargli la verità. “Oh… Niente di importante.”
“Pensi che sono ridicolo.”
“Cosa?”
“Mi hai sentito. Mi trovi ridicolo. Credi che io abbia vagabondato per il mondo per Dio solo sa quanti anni a scopare come un forsennato. Che cos’altro? Oh sì, pensi che io non sia mai cresciuto. Che io sia senza cuore. Che io sia stupido, probabilmente.” Mi ha fissato con gli occhi illuminati dal mare. “Continua. L’ho detto al posto tuo. Ora puoi anche ammetterlo.”
“D’accordo. Parte di quello che hai detto è vero. Pensavo che non t’importasse. Era quello che avevo intenzione di scrivere: che eri senza cuore e…”
“Scrivere?” mi ha interrotto lui. “E dove?”
“In un libro.”
“Quale libro?”
“Il mio libro”, ho risposto, sentendomi attraversare da un piccolo brivido di orgoglio.
“È un libro su di me?”
“È su tutti noi. Su di te, su di me, su Marietta, Luman, Zabrina.”
“Anche su mamma e papà?”
“Naturalmente.”
“E loro sanno che stai scrivendo questo libro?” Ho annuito. “E stai raccontando la verità?”
“Non è un romanzo, se è questo che vuoi sapere. Sto raccontando la verità come meglio posso.”
Galilee è rimasto a riflettere in silenzio per un istante. Chiaramente quella notizia lo aveva turbato. Forse aveva paura di ciò che avrei potuto svelare; che potevo aver già svelato.