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“Oh, sai come siamo fatte”, scherzò Margie. “Timide, riservate. L’esatto contrario di…” lanciò un’occhiata in direzione della ragazza “… come si chiama?”

“Ambrosina.”

“Be’, che nome importante per una creaturina così deliziosa”, commentò Margie.

Cecil si voltò a guardare la sua conquista. “È straordinaria”, disse con una sincerità sorprendente.

“Ed estremamente bionda”, replicò Margie, apparentemente senza ironia. “È un’attrice, vero?”

“Una modella.”

“Oh, certo. La stai aiutando a cominciare. Come sei dolce.”

Il sorriso di Cecil scomparve. “Devo tornare da lei.” Spostò lo sguardo su Rachel. “Ho sentito Mitchell, stamattina… mi dispiace che le cose non stiano andando bene tra voi. Ma sono sicuro che si risolverà tutto. Se hai bisogno di qualcosa, Rachel, di qualsiasi cosa, fammelo sapere.”

“Me la caverò”, disse Rachel.

“Oh, lo so”, replicò Cecil, come un dottore intento a rassicurare un paziente in punto di morte. “Te la caverai egregiamente. Ma se dovessi avere bisogno di qualcosa…”

“Credo che abbia recepito il messaggio, Cecil”, disse Margie.

“Sì… be’, vedervi è sempre un piacere…”

“Davvero?”

“Davvero”, ribatté Cecil, e tornò dalla ragazza che ormai sembrava decisamente contrariata.

“Penso che l’alcool cominci a farmi strani scherzi”, disse Margie, guardando l’avvocato circondare le spalle della bionda con un braccio e uscire dal ristorante.

“Perché?”

“Mentre guardavo Cecil mi sono chiesta: che aspetto avrà quando sarà morto?”

“Oh, non è un pensiero molto carino.”

“E poi mi sono detta: spero di esserci quando accadrà.”

Sette

1

Quella sera Rachel telefonò a Mitchell e gli raccontò di aver visto Cecil, facendogli notare che, parlando con un avvocato, non aveva tenuto fede al loro accordo. Mitch protestò sostenendo di non aver chiesto nessun consiglio legale. Per lui Cecil era come un padre. Avevano parlato d’amore, non di questioni legali; e a quel punto Rachel non poté fare a meno di ribattere che dubitava che Cecil sapesse qualcosa dell’amore.

“Non essere arrabbiata con me”, la implorò Mitchell. “È stato un errore commesso in buona fede. Mi dispiace. So che probabilmente pensi che ho agito alle tue spalle, ma non è così, te lo giuro.”

Le sue scuse lamentose riuscirono soltanto a irritarla ancora di più. Avrebbe voluto dirgli che lui, le sue scuse, il suo avvocato e tutta la sua dannata famiglia potevano andarsene all’inferno. Invece, si sorprese a dire qualcosa di imprevisto.

“Me ne vado per un po’ ”, annunciò.

Quella dichiarazione sorprese tanto lei quanto Mitchell; non si era resa conto di aver preso una decisione riguardo a Kaua’i.

Mitchell le chiese se sarebbe tornata a Dansky. Lei rispose di no. Dove allora?, volle sapere lui. Via e basta, rispose Rachel. Via da me, intendi dire, disse lui. No, replicò lei, non sto scappando date.

“E allora dove diavolo stai scappando?” domandò Mitchell.

Lei aveva una risposta sulla punta della lingua ma riuscì a trattenersi. Solo quando ebbe finito di parlare con Mitchell, la risposta che non aveva pronunciato raggiunse le sue labbra.

“Non sto scappando da qualcosa”, mormorò tra sé, “sto scappando verso qualcosa…”

Non confidò quel pensiero a nessuno, nemmeno a Margie. In fondo era sciocco. Stava per raggiungere un’isola che non aveva mai sentito nominare dietro consiglio di una donna il cui sangue era al settanta per cento puro alcool. Quel viaggio non aveva alcuno scopo. Eppure il solo pensiero di recarsi sull’isola la rendeva felice. Era grata per quell’opportunità di sentirsi di nuovo leggera e si sarebbe goduta quella sensazione fino in fondo. Sapeva per esperienza che avrebbe potuto scomparire senza alcun preavviso, proprio come l’amore.

Margie si occupò dei preparativi per il viaggio. Rachel non avrebbe dovuto fare altro che sistemare tutte le questioni che aveva in sospeso a New York e partire il giovedì successivo. Una volta arrivata sull’isola, vaticinò Margie, non avrebbe più voluto parlare al telefono. Non avrebbe nemmeno più voluto pensare alla città o ai suoi amici. Sull’isola c’era un ritmo diverso; una prospettiva diversa.

“Ho quasi la sensazione di dover dire addio alla vecchia Rachel”, sospirò Margie, “perché, credimi, non tornerà.”

“Adesso stai esagerando, non ti pare?” disse Rachel.

“Niente affatto”, replicò Margie. “Vedrai. Per un paio di giorni sarai agitata, continuerai a ripeterti che non c’è niente da fare e sentirai la mancanza dei pettegolezzi. E poi, a poco a poco, ti renderai conto che non hai bisogno di tutte queste cose. Te ne starai seduta a guardare le nuvole che coprono le montagne o una balena che nuota nell’oceano o ad ascoltare semplicemente la pioggia sul tetto, e penserai: adesso ho tutto ciò di cui ho bisogno.”

Rachel aveva l’impressione che Margie fosse sempre più entusiasta ogni volta che parlava di quel luogo.

“Quante volte ci sei stata?” chiese.

“Solo due volte”, rispose Margie. “Ma non avrei mai dovuto tornare la seconda volta. È stato un errore. La seconda volta ci sono andata per ragioni sbagliate.”

“Cioè?”

“Oh, è una lunga storia. E non ha importanza. C’è la tua prima volta che ti aspetta, e adesso solo questo conta.”

“Quindi sarò di nuovo vergine”, disse Rachel.

“Sai una cosa, tesoro? È esattamente così. Sarai di nuovo vergine.”

2

Se Rachel aveva avuto ancora qualche dubbio riguardo al viaggio, esso scomparve non appena salì sull’aereo, prese posto sul sedile in prima classe e bevve un sorso di champagne. Anche se l’isola non fosse stata come Margie l’aveva descritta — solo il paradiso sarebbe stato all’altezza delle promesse dell’amica — era comunque bello andarsene in un luogo dove nessuno la conosceva, un luogo in cui avrebbe potuto essere semplicemente se stessa.

Il primo tratto del viaggio, fino a Los Angeles, fu davvero poco interessante. Un paio di bicchieri e Rachel cominciò a provare un piacevole senso di sonnolenza. Dovette aspettare per un paio d’ore a Los Angeles e scese dall’aereo per sgranchirsi le gambe e bere una tazza di caffè. L’atmosfera dell’aeroporto era frenetica e Rachel rimase a guardare quella parata di persone — affrettate, sudate, in lacrime, frustrate — sentendosi quasi un’aliena, incuriosita ma distaccata. Quando tornò sull’aereo, vi fu un altro ritardo. Il comandante spiegò che si trattava di un problema meccanico di scarsa entità; non sarebbe stata una lunga attesa. Quella previsione si dimostrò esatta. Dopo una ventina di minuti, il comandante annunciò che il volo era pronto per ripartire. Questa volta Rachel rimase sveglia. Cominciava a sentirsi emozionata. Si sorprese a ripensare a ciò che le aveva raccontato Margie. Cosa aveva detto di preciso a pranzo? Aveva accennato al fatto che in quel luogo esisteva ancora la magia, esistevano ancora i miracoli.

Se solo avesse potuto ricominciare da capo, pensò, dalla Rachel che era stata prima del dolore, prima della delusione. La Rachel senza pensieri, che aveva avuto fede nell’insita bontà delle cose… dov’era adesso? Erano passati anni dall’ultima volta che aveva visto, riflessa nello specchio, quella creatura spavalda e felice. La vita a Dansky — soprattutto dopo la morte di suo padre — l’aveva abbattuta e le aveva impedito di rialzarsi. Aveva perso la speranza giorno dopo giorno; la speranza di tornare a essere serena, gioiosa e selvaggia. Persino quando Mitchell era entrato nella sua vita, trasformandola in una principessa, non era riuscita a liberarsi dei suoi dubbi. E per i primi due o tre mesi, anche dopo che lui le aveva confessato il suo amore, Rachel si era aspettata che da un momento all’altro Mitchell le dicesse che avrebbe dovuto essere più positiva e ottimista. Ma apparentemente lui non si era reso conto della silenziosa disperazione di lei. O forse l’aveva notata, ma aveva dato per scontato di poterla spogliare dei suoi dubbi con un semplice tocco della grandeur dei Geary.