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Il pensiero di Mitchell la rese triste. Povero Mitchell; povero, ottimista Mitchell. Allontanandosi da lui, aveva fatto un favore a entrambi.

L’aeroporto di Honolulu era più o meno come lo ricordava. Negozi che vendevano souvenir, bar che servivano cocktail tropicali, stormi di turisti che venivano accolti con ghirlande di fiori. E dovunque il simbolo dominante del turismo americano: la camicia hawaiiana. Possibile che il paradiso che Margie le aveva descritto fosse a soli venti minuti di volo da lì?

Ma i suoi dubbi cominciarono a dissolversi non appena salì sul piccolo Wikki-Wikki Shuttle che la condusse al suo charter. L’aria era tiepida e profumata.

L’aereo era piccolo, ma il volo sarebbe durato meno di mezz’ora. Buon segno, pensò lei. Non vedeva l’ora di lasciarsi alle spalle i turisti in camicia hawaiiana. L’aereo decollò quasi bruscamente, e nel giro di pochi secondi Rachel oltre il finestrino vide l’oceano color turchese e i grattacieli di Honolulu scomparvero di lì a poco.

Otto

Il volo che conduce all’Isola Giardino dura meno di venticinque minuti. Ma mentre Rachel è sull’aereo, lasciate che vi descriva un fatto accaduto due settimane prima.

Il luogo è una cittadina cadente chiamata Puerto Bueno, una comunità che forse vince il premio per la meno frequentata in questo libro. Si trova in una delle isole della provincia di Magallanes, in Cile. Non è un luogo in cui la gente si reca per prendersi una vacanza e rilassarsi; le isole sono battute dal vento e prive di attrattive, molte sono persino disabitate tanta è la loro desolazione. In una regione del genere, una città come Puerto Bueno, che può vantare ben settecento abitanti, è considerata popolosa, ma nessuno sulle isole vicine ne parla mai molto spesso. A Puerto Bueno, la legge viene interpretata con enorme elasticità, e questo fatto, nel corso degli anni, ha attratto una moltitudine variopinta di uomini e donne che hanno vissuto ai limiti (ma anche oltre i limiti) della legalità. Persone che sono sfuggite alla giustizia nei loro paesi, che hanno vagato per il mondo in cerca di un luogo dove rifugiarsi. Alcune di loro hanno persino goduto di una certa notorietà. Un uomo che aveva riciclato denaro sporco per il Vaticano; una donna che aveva assassinato il marito ad Adelaide e che ancora conservava un’istantanea del suo cadavere nella borsetta. Ma, per la maggior parte, erano criminali di scarsa importanza, la cui cattura non rappresentava certo una priorità per coloro da cui stavano fuggendo.

Strano ma vero, Puerto Bueno è comunque una città curiosamente civile. Non vengono commessi crimini né si parla mai di crimini. Gli abitanti si sono lasciati il loro passato alle spalle e vogliono vivere in pace il tempo che gli resta. Non è certo il luogo più confortevole che si possa immaginare (ha solo due negozi e la fornitura di energia elettrica è inaffidabile), ma è comunque preferibile alla cella di una prigione o a una tomba. In certi giorni è possibile sedersi sul parapetto instabile del porto e — osservando il cielo — pensare che persino quell’angolo di mondo così inospitale è la prova della generosità di Dio.

Poche barche gettano l’ancora qui. Di tanto in tanto, un peschereccio che percorre la costa attracca per rifugiarsi da una tempesta e, ancora più raramente, compare uno yacht che ha perso la rotta solo per scomparire non appena i passeggeri intravedono una città. A parte queste visite saltuarie, il porto ospita una manciata di piccole imbarcazioni, nessuna delle quali sembra davvero in grado di prendere il largo. D’inverno, almeno una di queste barche affonda nel porto e marcisce.

Ma c’era un piccolo vascello che non rientrava in nessuna di queste categorie: un vascello chiamato Samarcanda, più pratico di qualsiasi peschereccio e allo stesso tempo molto più bello di qualsiasi yacht. A modo suo era una sorta di yacht, il legno dello scafo non dipinto ma lucido e screziato. La cabina, il timone e i due alberi avevano la stessa tonalità e quando venivano rischiarati da una certa luce, la sfumatura del legno appariva straordinariamente chiara, come se la barca fosse stata progettata da un maestro incisore. Quanto alle vele, naturalmente erano bianche ma nel corso degli anni erano state ricucite un’infinità di volte e le riparazioni erano evidenti dalle sezioni regolari di tessuto leggermente più chiare o più scure.

Forse a molti non sembrerà una barca così straordinaria. Forse nei porti più alla moda del mondo, in quelli della Florida o in quello di San Diego, non sarebbe considerata uno spettacolo particolarmente memorabile. Ma lì a Puerto Bueno il suo arrivo in una giornata grigia e fredda sembrò la visita di qualcosa venuto dal regno dei sogni. Anche se il suo capitano (che era anche l’equipaggio e l’unico passeggero) portava la sua imbarcazione a Puerto Bueno da più tempo di quanto chiunque degli abitanti potesse ricordare, la sua comparsa all’orizzonte non mancò di attirare l’attenzione. C’era qualcosa nel suo arrivo — come il ritorno degli uccelli a primavera dopo una stagione di ghiaccio — che riusciva a rendere leggermente più sensibili anche quei cuori induriti dalla vita.

Una volta che il vascello ebbe gettato l’ancora tra le braccia sicure del porto, comunque, gli spettatori si affrettarono ad allontanarsi. Sapevano che non era bene restare a guardare troppo a lungo la barca o, peggio ancora, a spiare l’uomo solitario dalla pelle nera che scendeva a terra. In effetti, era quasi una superstizione: chiunque restasse a guardare il capitano della Samarcanda mentre scendeva sulla terraferma sarebbe morto entro un anno. Tutti gli occhi quindi erano rivolti altrove, quando un uomo conosciuto con un solo nome comparve sul sentiero della collina che conduceva a una casa sopra il porto. Quel nome, naturalmente, lo conoscete già: Galilee.

Come mai, potreste chiedervi, il mio fratellastro possedeva una casa in quella sperduta comunità di criminali? Per puro caso, è la risposta. Stava navigando lungo la costa, quando era stato costretto a cercarvi riparo da una tempesta. Siete liberi di non crederci, ma non era stata una decisione facile per lui. Aveva attraversato un periodo di profonda depressione, e quando si era scatenata la tempesta, aveva avuto la tentazione di lasciare la Samarcanda al suo destino. Naturalmente, aveva scartato quasi subito quell’idea. Non sarebbe stato degno di una barca così nobile, di una barca che considerava la sua unica, vera amica, finire distrutta su quella costa. Aveva promesso alla Samarcanda che, quando fosse venuto il tempo, sarebbe morta di una buona morte, in qualche luogo molto, molto lontano dalla terraferma.

Così aveva cercato rifugio a Puerto Bueno, che all’epoca era a malapena un quarto delle sue dimensioni attuali, il porto costruito di recente e usato molto di rado. A costruirlo era stato Arturo Higgins, un uomo di origini inglesi che aveva perso tutto quello che possedeva in quell’impresa e che si era suicidato un anno prima. La sua casa in cima alla collina era disabitata e Galilee, spinto dal perverso desiderio di vedere il luogo in cui l’uomo si era tolto la vita, l’aveva raggiunta e vi era entrato. Nessuno era più stato in quella casa dal giorno in cui avevano portato via il cadavere: i pellicani avevano nidificato nelle camere da letto e i topi si erano scavati la tana nel camino, ma quella desolazione aveva affascinato Galilee. Il giorno dopo aveva acquistato la casa dalla figlia di Higgins. Nelle giornate limpide, il panorama era rasserenante, e Galilee era arrivato a considerarla la sua seconda casa; la prima, naturalmente, era la Samarcanda.