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Si lasciarono Kapa’a alle spalle, e la strada divenne a poco a poco più stretta e più tortuosa. Non c’era molto traffico. Qualche abitante del luogo a bordo di camion arrugginiti, un piccolo gruppo di ciclisti e qualche veicolo più elegante — turisti, commentò Jimmy, non senza una punta di disprezzo. Ma per la maggior parte del viaggio la strada fu tutta per loro.

Il resto dell’isola, comunque, sembrava quasi disabitato. Di tanto in tanto, tra gli alberi, si poteva scorgere una casa o una chiesa o pochi pescatori su una spiaggia.

“È sempre così tranquillo qui?” chiese Rachel.

“No, siamo in bassa stagione adesso”, disse Jimmy. “E ci stiamo ancora riprendendo dall’ultimo uragano. Molti hotel hanno chiuso e non hanno ancora riaperto.”

“Ma riapriranno?”

“Naturalmente. Non si può sfuggire alla regola di Mammon per sempre.”

“La regola di cosa?”

“Di Mammon. Il demone della cupidigia. Il commercio, insomma. La gente sfrutta l’isola pensando solo al profitto.”

“È un vero peccato”, disse lei, immaginando i turisti in camicia hawaiiana che aveva visto a Honolulu invadere quell’eden, lasciandosi dietro un tappeto di lattine di Coca-Cola e di hamburger mezzi mangiati.

“Non è sempre stato un demone”, continuò Jimmy, “credo che in origine fosse una divinità femminile: Mammetun, la madre dei desideri. È di origini sumero-babilonesi. Con un nome simile, probabilmente era una divinità con parecchi seni. Il suo nome ha la stessa radice di ‘mammella’. E di ‘mamma’, naturalmente.” Jimmy parlava con tono inespressivo come se stesse riflettendo ad alta voce. “Non faccia caso a me”, disse.

“No, è molto interessante”, disse Rachel.

“Quando ero più giovane, ho studiato religioni comparate.”

“Perché ha scelto quel genere di studi?”

“Oh… non lo so. Per i misteri, forse. Per le cose inspiegabili. Ce ne sono molte da queste parti.”

Rachel tornò a guardare le montagne. “Forse è per questo che è un luogo così bello”, disse.

“Oh sì”, mormorò Jimmy. “Non esiste bellezza senza mistero. Non ci avevo mai pensato prima. Mi piace. È elegante.”

“Mi scusi?”

“E un pensiero elegante”, rispose lui.

Rimasero in silenzio per un po’, mentre Rachel rifletteva sul fatto che un pensiero potesse essere elegante. Era un’idea nuova per lei. Talvolta la gente era elegante, i vestiti potevano essere eleganti, così come poteva esserlo persino un’età; ma un pensiero? Fu Jimmy a interrompere le sue riflessioni.

“Vede quella scogliera davanti a noi? La casa è a poco più di mezzo chilometro da lì.”

“Margie ha detto che si trova sulla spiaggia.”

“A cinquanta metri dall’oceano, per la precisione. Se vorrà, potrà pescare dalla finestra della sua camera da letto.”

La strada li riportò di nuovo lontano dall’oceano e tra mille curve li condusse fino a un ponte. Ora si trovavano all’ombra della montagna da cui nasceva il fiume che stavano attraversando.

“Si tenga forte”, la avvertì Jimmy, “stiamo per raggiungere la strada di cui le ho parlato.”

E pochi istanti dopo sterzarono a destra e, proprio come Jimmy aveva detto, si ritrovarono su una strada notevolmente rovinata. L’asfalto aveva lasciato il posto a un sentiero pieno di pozzanghere che serpeggiava tra alberi che non venivano potati da molti anni. I rami più bassi, carichi di boccioli e fogliame, sfregarono sul tetto dell’auto.

“Faccia attenzione al cane!” gridò Rachel.

“L’ho visto”, disse Jimmy, e si sporse fuori dal finestrino per allontanare con un grido il cane dal manto giallo che rimase seduto al centro della strada fino all’ultimo istante, quando si alzò pigramente e trotterellò verso il ciglio del sentiero.

Oltre la vegetazione, Rachel scorse una casupola cadente, un attrezzo agricolo arrugginito e probabilmente abbandonato in un campo che non veniva più coltivato da molte, molte stagioni.

“Vìve qualcuno da queste parti?”

“Pochissime persone”, rispose Jimmy. “Quattro anni fa c’è stata un’alluvione. Piogge terribili, un vero disastro. Nel giro di tre ore il fiume è tracimato e ha spazzato via parecchie abitazioni. In pochi sono tornati per ricostruirle. Gli abitanti della zona per la maggior parte hanno deciso di trasferirsi in qualche luogo meno pericoloso.”

“Ci sono stati dei feriti?”

“Sono annegate tre persone, tra cui anche un bambino piccolo. Ma l’acqua non è arrivata fino alla casa dei Geary. Può stare tranquilla.”

Mentre parlavano, il sentiero era peggiorato ulteriormente e la vegetazione era così fitta da rischiare di cancellarlo quasi del tutto. Gli uccelli che si levavano al passaggio dell’auto appartenevano a specie che Rachel non aveva mai visto prima, lampi alati di rosso scarlatto e di blu iridescente.

“Ci siamo quasi”, la rassicurò Jimmy, mentre sobbalzavano sul sentiero. “Spero per lei che non abbia delle porcellane in valigia.” L’uomo affrontò una cunetta a velocità eccessiva, il veicolo s’inclinò di lato e per qualche istante sembrò sul punto di capovolgersi. Rachel si lasciò sfuggire un grido.

“Mi scusi”, disse Jimmy riprendendo il controllo dell’auto. Si fermò poco più avanti, a una decina di metri da un grande cancello di legno. “Eccoci.”

Spense il motore e d’improvviso gli alberi e la vegetazione si riempirono dei canti degli uccelli e del rumore dell’oceano.

“Vuole entrare da sola o preferisce che l’accompagni?”

“Non mi dispiacerebbe passare un paio di minuti da sola”, rispose Rachel.

“Naturalmente. Faccia pure con calma. Intanto io scarico i bagagli e mi fumo una sigaretta.”

Rachel scese dall’auto.

“Posso rubargliene una?” chiese indicando la sigaretta che Jimmy si stava accendendo.

Lui le porse il pacchetto. “Mi scusi, avrei dovuto offrirgliela io. Ma oggigiorno siamo talmente in pochi a fumare.”

“Nemmeno io fumo in genere. Ma questa è un’occasione speciale.”

Prese una sigaretta e Jimmy gliela accese. Lei trasse una lunga boccata. Era molto tempo che non fumava e la corsa in auto la faceva sentire piacevolmente leggera: una condizione ideale per entrare in casa.

Rachel raggiunse il cancello, camminando con cautela tra le rane che si muovevano nell’erba alta e umida, e sollevò il paletto. Il cancello si aprì senza che ci fosse bisogno di spingerlo. Rachel si voltò a guardare Hornbeck. Stava fissando il cielo e le voltava le spalle. Confortata nel notare che stava tenendo fede alla sua parola e non l’avrebbe interrotta, attraversò il cancello e finalmente vide la casa.

Undici

1

Non era certo sfarzosa; era una struttura modesta in stile coloniale, circondata da una veranda. Le persiane erano chiuse e le pareti erano color rosa pallido. Per due terzi della sua lunghezza era a un solo piano, ma a un’estremità era stato aggiunto un secondo piano che dava all’insieme una strana aria sbilanciata. Le tegole di quella parte del tetto erano ocra e non rosso scuro come per il resto della casa, e anche le finestre erano diverse, ma niente di tutto questo riusciva a spogliare quel luogo del suo fascino. Al contrario. Rachel ormai era così abituata a edifici progettati da protofascisti, lucidi e grandiosi, che fu quasi un sollievo scoprire che la casa era così eccentrica.

Tutto questo sarebbe già stato abbastanza incantevole anche se fosse stata una costruzione isolata, ma non era così. La casa era completamente circondata da una lussureggiante vegetazione. Palme che ondeggiavano languidamente sul tetto e rampicanti che coprivano la veranda e si attoreigliavano sulle grondaie.

Rachel rimase accanto al cancello per quasi un minuto, affascinata. Alla fine, trasse un’ultima boccata dalla sigaretta, la spense col tacco della scarpa e s’incamminò lungo il viottolo che conduceva alla porta. Gechi color verde brillante sfrecciarono davanti a lei come un nervoso comitato di benvenuto, accompagnandola fino alla soglia.