Nel frattempo i tre surfisti erano tornati a riva e avevano acceso un fuoco. Rachel cominciava ad avere freddo, così tornò a sedersi sulla sabbia per finire il suo drink. Erano passati meno di venti minuti da quando aveva lasciato la casa, ma il breve tramonto tropicale si stava già trasformando in notte. Le nuvole e le palme avevano perso il loro oro e le stelle erano ansiose di mostrarsi. Rachel finì il suo Bloody Mary e ritornò verso casa. Nella sua fretta di scendere in spiaggia, non aveva acceso nemmeno una luce e ora si ritrovava a camminare nella semioscurità. Ma la casa era bellissima anche così, le pareti chiare e le rifiniture bianche quasi blu nella notte sempre più scura. Rachel si era dimenticata cosa si provava nel trovarsi in un luogo dove non c’erano lampioni né fari di macchine; e nemmeno il chiarore di una città lontana a sporcare il cielo. Incominciava a percepire il mondo in modo nuovo; o meglio, in un modo molto antico che d’improvviso stava riscoprendo. Avvertiva sfumature nell’aria attorno a lei di cui normalmente non si sarebbe accorta, nei richiami delle rane e degli uccelli notturni, nel leggero fruscio delle palme e dei rami; sentiva una decina di profumi differenti che scaturivano dalla terra sotto i suoi piedi e dai boccioli che la notte stava nascondendo.
Entrò in casa e accese un paio di lampade. Poi salì al piano superiore per togliersi i vestiti bagnati. Prima di cambiarsi, si osservò nel grande specchio della camera da letto. Ciò che vide la fece scoppiare a ridere di cuore: nell’arco di pochi minuti l’effetto combinato del vento e del mare l’aveva trasformata in una donna selvaggia: i capelli scarmigliati e le guance arrossate; spogliata di tutti gli artifici di eleganza di cui aveva imparato a servirsi. Ma non aveva importanza: le piaceva il suo nuovo aspetto. Forse non era stata completamente addomesticata dal dolore e dai Geary. Forse la Rachel che era stata negli anni semplici che avevano preceduto la morte di suo padre, la delusione di Cincinnati e tutto ciò che era seguito, era ancora viva dentro di lei. Sì, eccola! Eccola! Le stava sorridendo dallo specchio: l’energia indomita della sua giovinezza, il flagello di insegnanti e sceriffi, la ragazza che si era divertita un mondo a fare dispetti e a combinare guai: eccola.
“Dove diavolo sei stata tutto questo tempo?” chiese a se stessa.
Non me ne sono mai andata, sembrava dire quel sorriso. Stavo solo aspettando il momento adatto per mostrarmi di nuovo.
2
Si preparò una cena leggera a base di verdure fresche e formaggio, e aprì una bottiglia di vino — rosso, non bianco, tanto per cambiare, qualcosa di più corposo. Poi si raggomitolò sul divano e mangiò. In soggiorno c’era una piccola televisione, ma Rachel non aveva voglia di guardarla. Se anche la Borsa fosse crollata o la Casa Bianca fosse andata in fiamme, cosa sarebbe cambiato? Il resto del mondo e i suoi problemi potevano andarsene all’inferno, almeno per ora.
Stava finendo di cenare quando il telefono squillò. Fu tentata di non rispondere, ma pensò che potesse essere Jimmy Hornbeck che voleva sapere se andava tutto bene. Ma non era Hornbeck, era Margie. Aveva una voce stanca. “Che ore sono a New York?”
“Non lo so: le due, forse le due e mezzo”, rispose Margie. “Allora, ti sei sistemata?”
“È tutto perfetto”, disse Rachel. “È ancora più bello di come me lo avevi descritto.”
“Ed è solo l’inizio, tesoro”, disse Margie. “Rimarrai sbalordita quando comincerai a entrare in sintonia con il luogo. Hai preso la camera da letto grande?”
“Con tutti i mobili intagliati…”
“Non è una stanza favolosa?”
“Tutta la casa è favolosa”, rispose Rachel. “Mi sono sentita a mio agio appena sono entrata.”
“Non immaginerai mai dove sono stata”, continuò Margie. “Dove?”
“Da Cadmus.”
“Loretta ha organizzato una cena?”
“No, eravamo solo noi due.”
“Che cosa voleva?”
“È stato strano. Mi ha fatto giurare che non ne avrei parlato con nessuno. Ma ti racconterò tutto non appena tornerai.” Scoppiò a ridere. “Non lo so. Questa famiglia…”
“Che cosa?”
“Tutti gli uomini sono pazzi”, disse Margie. “E forse noi siamo ancora più pazze visto che ci siamo innamorate di quei bastardi.” Abbassò di colpo la voce. “Ora devo andare, tesoro. Sta arrivando Garrison. Ti voglio bene.”
E senza attendere una risposta, riagganciò. Quella conversazione lasciò Rachel leggermente turbata, perché le aveva ricordato qualcosa che avrebbe preferito dimenticare: che, finché non avesse divorziato da Mitchell, avrebbe fatto parte della storia dei Geary.
Ma ora era troppo stanca e niente avrebbe potuto impedirle di dormire. Il letto era favoloso; i cuscini soffici, le lenzuola fresche. Qualche istante dopo essersi infilata sotto le coperte, si ritrovò in un luogo dove i Geary — i loro uomini folli, le loro donne tristi, i loro segreti e tutto il resto — non avrebbero potuto raggiungerla.
Tredici
1
Si svegliò alle prime luci dell’alba, si alzò, andò alla finestra per ammirare il mondo. Poi ritornò sotto le coperte e dormì profondamente per altre tre ore. Solo allora, si alzò e scese al piano di sotto per prepararsi del caffè. La sensazione di riscoperta che aveva provato la notte precedente — i sensi nuovamente vivi, la Rachel selvaggia riflessa nello specchio — non l’aveva abbandonata. La luce del mattino non sminuiva il fascino della casa. Ogni scaffale, ogni nicchia che esaminava sembrava contenere qualcosa di nuovo e interessante. Durante la sua prima esplorazione non si era quasi accorta che c’erano altre due stanze. La prima era un piccolo studio sul lato del giardino con una scrivania, qualche vecchia, comoda poltrona e una libreria affollata di volumi. La seconda era una stanza molto più piccola che doveva essere stata usata come deposito di oggetti trovati sulla spiaggia: pezzi di legno smussati dal mare, conchiglie, frammenti di corallo e persino una scatola di cartone piena di pietre che probabilmente avevano attratto l’attenzione di qualcuno sulla spiaggia. Ma Rachel fece la scoperta più promettente in una credenza del soggiorno: una collezione di vecchi 78 giri con tanto di copertine e un fonografo. L’ultima volta che aveva visto qualcosa di simile era stato a Caleb’s Creek, anche se quei dischi sembravano molto più vecchi di quelli che componevano la preziosa collezione di George. Più tardi, decise, ne avrebbe scelto qualcuno e avrebbe provato a far funzionare il fonografo. Quello sarebbe stato il suo unico e solo impegno per la giornata.
Verso mezzogiorno, dopo uno spuntino sostanzioso (aveva scoperto di essere molto affamata), tornò alla spiaggia, decisa a percorrerla per tutta la sua lunghezza. A metà del sentiero, una gallina marrone sfrecciò davanti a lei ansiosa di raggiungere i suoi tre pulcini che attendevano dall’altra parte. Chiocciando, la madre condusse i suoi piccoli attraverso i detriti di foglie di palma e noci di cocco marce.
Quel giorno la spiaggia era completamente deserta. Le onde erano più lievi della sera prima; troppo piccole per attrarre l’attenzione anche del surfista più cauto. Si aggirò per la spiaggia come aveva deciso — rimpiangendo dopo qualche minuto di non aver cercato un cappello in casa; il sole era rovente — fino a raggiungere il punto in cui il fiume sfociava nel mare, le acque rossastre per i detriti raccolti. Benché non sembrasse pericoloso da attraversare, Rachel preferì non rischiare e tornò sui suoi passi, tenendo lo sguardo fisso sull’orizzonte. Jimmy le aveva detto che quella era la stagione delle balene; con un po’ di fortuna, sarebbe riuscita a vederne qualcuna mentre saliva in superficie. Ma non quel giorno; non c’erano balene. Solo un paio di piccole barche da pesca vicino alla riva e, molto più in lontananza, una vela bianca. Rachel si fermò a osservarla per un lungo istante, luminosa contro il cielo un attimo prima e un attimo dopo invisibile. Alla fine si stancò e si diresse verso casa, accaldata e leggermente arrossata dal sole.