C’erano molti insetti quel giorno. Vedendoli, Rachel ripensò allo scarabeo sulla coscia di Jerusha, e a come Galilee aveva imitato il suo morso. Quello era stato l’unico momento in cui l’aveva toccata, giusto? Una stretta crudele sulla sua pelle. Niente di simile alla tenerezza. Ma poi si era ritratto, quando lei gli aveva preso la mano e aveva sentito la pelle dura delle sue dita e il calore della sua carne.
Ma la prossima volta non si sarebbero solo tenuti per mano. Lei si sarebbe fatta baciare là dove l’aveva pizzicata. Si sarebbe fatta baciare ancora e ancora, più in basso e più profondamente, finché lui non si fosse fatto perdonare. Anche lui si sarebbe fatto baciare, Rachel ne era sicura. Il racconto era stato solo un gioco, un modo delicato per posporre il momento inevitabile in cui avrebbero fatto l’amore.
Si sedette sul ciglio della strada e si fece aria usando una grande foglia che aveva raccolto. Rivide Galilee in piedi sulla porta. Il modo in cui i suoi occhi avevano scintillato quando l’aveva guardata; il sorriso incerto che di tanto in tanto gli aveva illuminato il viso. Quei pochi dettagli, oltre al suo nome, erano tutto ciò che conosceva di lui. Perché allora, si domandò, provava un senso di solitudine così terribile al pensiero di non rivederlo più? Se desiderava così disperatamente il conforto fisico di un uomo, non avrebbe faticato a trovarlo, lì sull’isola o una volta che fosse tornata a New York. Ma non aveva bisogno della semplice presenza di un altro corpo. Aveva bisogno di lui, di Galilee. Tutto questo non aveva alcun senso. Sì, era bello, ma Rachel aveva incontrato anche uomini molto più belli di lui. E non lo conosceva abbastanza per poter essere incantata dal suo spirito. Quindi perché continuava a comportarsi come una quindicenne innamorata?
Gettò il suo ventaglio improvvisato e si alzò. Quale che fosse la ragione dei suoi sentimenti, li stava provando, e non sarebbero evaporati solo perché non riusciva a scoprirne l’origine. Voleva Galilee. E il pensiero che potesse essersene andato senza dirle dove avrebbe potuto trovarlo la riempiva di dolore.
Quando Rachel arrivò a casa, trovò Niolopua seduto sui gradini che portavano all’ingresso principale. Stava bevendo una lattina di birra. C’era una scala appoggiata a una delle grondaie della casa e un’alta pila di rampicanti strappati sul prato. Aveva lavorato sodo, per un po’ almeno. Ora era seduto al sole e si stava godendo un momento di pausa. Quando Rachel gli si avvicinò, lui non fece niente per tentare di nascondere la birra. Non si alzò nemmeno in piedi. Si limitò a guardarla e disse:
“Eccola…”
“Mi stava cercando?”
Lui scosse la testa. “Ero solo sorpreso che se ne fosse andata, tutto qui.”
Posò la lattina, e Rachel si accorse che non era la prima che beveva quel giorno. Ce n’erano altre tre vuote accanto a lui. Nessuna meraviglia che la timidezza che aveva dimostrato al loro primo incontro adesso fosse svanita. “Ha l’aria di non aver dormito molto bene”, osservò Niolopua.
“Infatti.”
Lui infilò una mano nel suo zaino e prese un’altra birra. “Ne vuole una?”
“No. Grazie.”
“Di solito non bevo sul lavoro”, continuò lui, “ma questa è un’occasione speciale.”
“Oh, davvero?”
“Provi a indovinare.”
Il tono di Niolopua la stava irritando e lei non riusciva più a fingersi amichevole. “Ascolti, penso che dovrebbe prendere le sue cose e andarsene a casa.”
“Sul serio?” si stupì lui, aprendo la lattina. “E se le dicessi che è questa casa mia?”
“Non so di cosa stia parlando”, replicò Rachel, e andò verso la porta.
“Mia madre ha lavorato qui per tutta la vita. E vengo qui fin da quando ero un bambino.”
“Capisco.”
“Conosco questa casa meglio di quanto lei potrà mai conoscerla.” Distolse lo sguardo, ormai certo di aver catturato l’attenzione di Rachel. “Adoro questa casa. E voi venite qua, una dopo l’altra, e vi comportate come se appartenesse a voi.”
“Non appartiene a me, ma alla famiglia Geary.”
“Non è così. Appartiene alle donne Geary. Nessun uomo è mai venuto qua. Solo donne.” Sul suo viso comparve un’espressione sprezzante. “I vostri mariti non riescono a soddisfarvi? Perché dovete venire qui e… corrompere tutto?”
“Ma di cosa diavolo sta parlando?” disse Rachel, allontanandosi dalla porta e fermandosi accanto a lui. Niolopua non distolse lo sguardo. La fissò, con il volto deformato da qualcosa di molto simile all’odio.
“Non pensate mai a quello che gli fate, vero?”
“Cosa?”
“Non c’è mai vero amore per lui.”
“Lui?”
“Sì. Lui.”
“Galilee?”
“Sì! Galilee!” esclamò Niolopua come se Rachel avesse posto la domanda più stupida possibile. “Chi altri, maledizione?” Aveva le lacrime agli occhi adesso: erano lacrime di rabbia, di frustrazione.
“Mia madre è stata l’unica che l’abbia mai amato. L’unica!” Distolse lo sguardo, e le lacrime caddero dai suoi occhi sugli scalini di legno. “Ha costruito questa casa per lei.”
“Galilee ha costruito questa casa?” Niolopua annuì senza alzare gli occhi. “Quando?”
“Non lo so di preciso. Molto tempo fa. È stata la prima casa a essere costruita su questa spiaggia.”
“È impossibile”, obiettò Rachel. “Non è così vecchio. Insomma, quanti anni avrà, quaranta? Forse anche meno.”
“Lei non sa che cos’è lui”, disse Niolopua. C’era una sfumatura di pena nella sua voce, come se l’ignoranza di Rachel fosse qualcosa da compatire.
“Allora me lo dica lei”, ribatté Rachel. “Mi aiuti a capire.”
Niolopua bevve una sorsata di birra. Tenne gli occhi bassi e rimase zitto.
“La prego”, insistette lei, a bassa voce.
“Lei vuole soltanto usarlo”, rispose lui.
“Si sta sbagliando”, disse lei. Niolopua non fece commenti. Dopo un attimo aggiunse: “Non sono come le altre, Niolopua. Non sono una Geary. O meglio, ho sposato un uomo che pensavo di amare e lui è un Geary. Non mi ero resa conto di cosa significasse”.
“Be’, mio padre vi odia tutti. In fondo al cuore, vi odia.”
“E chi sarebbe suo padre?” Rachel fece una pausa, poi capì. “Oh, mio Dio. Sei il figlio di Galilee.”
“Sì. Sono suo figlio.”
Rachel si coprì il volto con le mani e sospirò. C’erano così tante cose che non capiva: segreti, rabbia e dolore. La sola cosa di cui era certa era che anche lì, anche in quel paradiso, i Geary avevano lasciato il segno. Non c’era da stupirsi che Galilee li odiasse.
Anche lei li odiava. In quel momento desiderò che fossero morti, tutti, fino all’ultimo. E forse anche lei avrebbe dovuto morire, forse quello era l’unico modo per liberarsi di loro.
“Tornerà?” chiese dopo un lungo istante.
“Oh sì”, rispose Niolopua con voce inespressiva. “Conosce le sue responsabilità.”
“Nei confronti di chi?”
“Nei tuoi confronti. Tu sei una Geary, che ti piaccia o no. È per questo che sta con te. Altrimenti non verrebbe.” Alzò lo sguardo su di lei. “Non ha alcun bisogno di te.”
Niolopua aveva pronunciato quelle parole per il puro gusto di ferirla, Rachel lo sapeva, tuttavia il suo discorso l’aveva colpita.