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Rachel sentì il gemito del sangue riecheggiarle nelle orecchie, gli occhi che cominciavano a bruciarle. Come poteva parlarle in quel modo? Le lacrime arrivarono e le si offuscò la vista. Come poteva starsene seduto lì e dirle che era stato tutto un gioco, quando entrambi sapevano che era accaduto qualcosa di meraviglioso?

“Sei un bugiardo.”

“Può essere.”

“Sai che non è vero!”

“È vero esattamente come le storie che ti ho raccontato”, ribadì Galilee, spostando lo sguardo sul ponte. E tutto ciò che Rachel riuscì a pensare fu: sta scappando da me. Non lo rivedrò mai più. Era un’idea insopportabile. Non più tardi di dieci minuti prima stavano parlando della casa sulla collina. E adesso lui le stava dicendo che niente di ciò che le aveva raccontato aveva alcun valore.

“Bugiardo”, ripeté. “Bugiardo, bugiardo, bugiardo.”

Lui si alzò e andò alla timoniera, senza voltarsi a guardarla nemmeno una volta. Accese il motore e fece scattare l’interruttore per recuperare l’ancora, e quei rumori frastornanti impedirono ogni possibile conversazione. Frustrata, Rachel scese sottocoperta a vestirsi.

La cabina era nel caos più totale, cuscini, lenzuola e abiti sparpagliati sul pavimento attorno al letto. Per un paio di minuti, Rachel cercò di concentrarsi per trovare una delle sue scarpe e questo le permise di tenere a bada le lacrime. Quando ebbe finito di vestirsi, il nodo alla gola era passato e lei si sentiva quasi pronta per una conversazione razionale.

Salì di nuovo sul ponte. La barca stava solcando le placide acque dell’oceano, il vento fresco e tonificante.

“Guarda!” le gridò Galilee, indicando la prua. Lei non vide niente. “Vai a vedere!” insistette lui.

Lei oltrepassò la timoniera e raggiunse la parte anteriore della barca per scoprire ciò che Galilee era così ansioso di mostrarle. C’era un piccolo branco di delfìni che nuotava accanto alla Samarcanda. Tre o quattro di loro erano così vicini alla prua che quasi la sfioravano, i loro corpi simili a veloci torpedini di velluto. Di tanto in tanto, uno dei delfini più giovani saltava fuori dall’acqua con un potente colpo di coda, piroettando nell’aria prima di rituffarsi.

Rachel, sorridente, si voltò a guardare Galilee, ma lui aveva gli occhi fissi sull’isola. C’erano nubi temporalesche che oscuravano le vette del Monte Waialeale, come il giorno in cui lei era arrivata. Non era passato molto tempo da quando Jimmy Hornbeck l’aveva accompagnata alla casa e avevano parlato di Mammon, il demone dell’avidità; ma a lei sembravano settimane. No, ancora di più: una vita intera. All’epoca era stata una Rachel molto diversa; era stata una Rachel ignara dell’esistenza di Galilee. Ma ora che l’aveva incontrato, tutto era diverso, nel bene e nel male.

Nove

Quando rientrarono nella baia, c’era qualcuno sul molo: una figura solitaria intenta a fissare l’oceano. Rachel pensò che fosse solo un pescatore e non gli prestò attenzione. Fu solo quando la Samarcanda cominciò ad avvicinarsi al molo che si accorse che l’uomo era Niolopua. Si era alzato in piedi e sembrava molto agitato. Non si curò di suo padre; era con lei che aveva bisogno di parlare; urgentemente.

“Hanno chiamato per te”, avvisò, “da New York.”

“Ti hanno detto di cosa si tratta?”

“No, la donna non ha voluto dirmelo. Mi ha detto solo di trovarti, che è molto importante. È dall’alba che ti cerco.”

“Con chi hai parlato?”

“Con la signora Geary.”

“Sì, ma quale signora Geary? Margaret?” L’uomo scosse la testa. “Loretta? Era Loretta?”

“Quella anziana?” chiese Niolopua, e Rachel annuì.

“E non ti ha detto di cosa si tratta?” s’intromise Galilee.

“No, solo che… questa signora Geary deve richiamarla appena possibile, perché deve riferirle qualcosa di importante.”

“Cadmus”, mormorò Rachel. Il vecchio doveva essere morto, probabilmente. “Vieni con me”, disse a Galilee.

“Ti accompagnerà Niolopua. Io vi raggiungerò più tardi.”

“Me lo prometti?” chiese lei.

“Naturalmente.”

“Dobbiamo parlare.”

“Lo so. Verrò più tardi. Prima devo occuparmi della barca.”

Fu diffìcile non voltarsi a guardarlo mentre lei e Niolopua si allontanavano dal molo; difficile non temere che Galilee stesse mentendo e che avrebbe ripreso il mare non appena lei fosse scomparsa oltre le rocce. Ma doveva avere fede, si disse. Doveva avere fede nella sua promessa, altrimenti non ci sarebbe stata più alcuna speranza per loro.

Eppure fu diffìcile. Più si avvicinavano alle rocce che dividevano le due baie, più forte si faceva la tentazione di voltarsi a guardare per controllare che lui fosse ancora lì. Riuscì a resistere, ma lo sforzo fu tale che anche Niolopua se ne accorse e, quando raggiunsero l’altra insenatura, le disse:

“Non preoccuparti. Verrà”.

Lei gli lanciò un’occhiata obliqua. “È così evidente?”

Niolopua scrollò le spalle. “Lui è quello che è. Tu sei quello che sei.”

“E questo cosa vorrebbe dire?”

“Che manterrà la sua promessa.”

Solo quando fu di nuovo in casa e poté fermarsi per qualche istante, Rachel si rese conto che stare sulla Samarcanda le aveva fatto perdere in parte il senso dell’equilibrio. Il pavimento sotto i piedi nudi le sembrava inaffidabile, e aveva un vago senso di nausea: uno strano mal di mare al contrario. Andò in bagno e si spruzzò un po’ di acqua gelata sul viso, poi chiese a Niolopua se poteva prepararle una tazza di tè, mentre lei chiamava New York. Lui fu felice di accontentarla. Rachel si ritirò nella relativa privacy della sala da pranzo e chiamò il palazzo, chiedendosi come meglio esprimere il suo cordoglio. Di certo Loretta non si aspettava di sentirla scoppiare in lacrime.

Non riconobbe la voce all’altro capo del telefono: era quella di un uomo con un marcato accento del Bronx e un’inflessione gelida. Rachel chiese di poter parlare con Loretta.

“La signora Geary non può venire al telefono in questo momento. Chi parla?” Rachel glielo disse. Seguì una serie di suoni soffocati mentre il ricevitore veniva passato a qualcun altro. A Mitchell. Rachel sentì un improvviso spasmo di panico.

“Ho ricevuto il messaggio di Loretta”, gli disse.

“Sì. Lo so.”

“Chi era prima al telefono?”

“Un detective.”

“Cosa sta succedendo?”

“Si tratta di Margie…”

“Le è successo qualcosa?”

Seguì un breve silenzio. Poi Mitchell disse: “È morta, Rachel. Qualcuno le ha sparato”.

“Oh Dio, Mitch…”

“Dicono che è stato Garrison”, continuò lui. “Ma sono solo stronzate. Lo hanno incastrato. Sono solo stronzate.”

“Quando?”

“Ieri notte, tardi. Qualcuno dev’essersi introdotto in casa, qualcuno che ce l’aveva con lei. Dio sa se Margie era capace di far incazzare la gente.”

“Povera Margie. Mio Dio, povera Margie.”

“Devi tornare subito qui, Rachel. La polizia deve parlare con te.”

“Non so niente.”

“Ultimamente tu e Margie parlavate spesso. Potrebbe averti raccontato qualcosa.”

“Non voglio tornare, Mitchell.”

“Di cosa stai parlando?” Per la prima volta, Rachel percepì una qualche emozione nella sua voce; un misto di rabbia e incredulità. “Devi tornare. A proposito, dove diavolo sei?”

“Non sono affari tuoi.”

“Sei su quella fottuta isola, vero?” urlò lui, infuriato ormai. “Credi che non sappiamo di quel posto? Credi che sia un segreto? So cosa succede lì.”