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Hahn e Barrett si guardarono. E si sorrisero per commentare lo sfogo di Rudiger. Poi il sorriso di Barrett scomparve all’improvviso.

“Termiti… una spinta… terapia”

«Qualcosa che non va?» domandò Hahn.

«Perché?»

«Di colpo hai cambiato espressione.»

«Ho avuto una fitta al piede» disse Barrett. «Capita ogni tanto. Vieni, ti do una mano a trasportare quello che hai pescato. Questa sera a cena ci faremo un cocktail di trilobiti.»

8

Poco prima di mezzanotte, Barrett fu svegliato da un rumore di passi fuori dalla sua baracca. Mentre si alzava, tastando la parete in cerca dell’interruttore, Nat Altman irruppe dalla porta. Barrett lo guardò assonnato.

«Che succede?»

«Hahn» ansimò Altman. «È tornato nella sala del Martello. L’ho visto entrare poco fa.»

Barrett si scosse dal sonno come una foca dall’acqua. Senza badare al dolore insistente della gamba scese dal letto e si vestì. Era molto più preoccupato di quanto non volesse dimostrare. Se Hahn, girando attorno alla macchina del tempo, l’avesse involontariamente guastata, loro non avrebbero potuto ricevere le parti di ricambio da Lassù, e questo significava che tutti i rifornimenti del futuro, se ce ne fossero stati, potevano finire in un qualsiasi anno del passato e in un qualsiasi punto del mondo. Comunque, cosa ci faceva Hahn vicino alla macchina?

«Latimer lo sta sorvegliando» disse Altman. «Ha cominciato ad avere dei sospetti quando non l’ho visto rientrare nella baracca. È venuto a chiamarmi per andarlo a cercare. E l’abbiamo trovato che stava girando attorno al Martello.»

«Cosa faceva?»

«Non so. Non appena l’abbiamo visto, io sono venuto a chiamarti. Don è rimasto a sorvegliarlo.»

Barrett uscì dalla baracca e di corsa, per quanto glielo permettevano le sue condizioni, si avviò all’edificio principale. Il dolore gli bruciava tutta la parte inferiore del corpo come se fosse un acido corrosivo. La stampella premeva dolorosamente contro l’ascella sinistra tutte le volte che lui vi appoggiava il peso del corpo. Il piede malato dondolava nel vuoto, e ogni movimento gli dava fitte insopportabili. La gamba destra, che sosteneva tutta la fatica, scricchiolava nelle giunture. Altman continuò a corrergli accanto. In quell’ora della notte la stazione era completamente silenziosa.

Mentre passavano davanti alla baracca di Quesada, Barrett pensò per un attimo di entrare a chiamarlo. Poi lasciò perdere. Qualsiasi fosse il guaio in cui Hahn si era cacciato, lui poteva affrontarlo da solo. Il vecchio timone tarlato aveva ancora una certa energia.

Latimer, fermo davanti all’ingresso della cupola principale, era in preda al panico. Tremava come Barrett non aveva mai visto tremare nessuno.

Alzò con forza una mano sulla spalla di Latimer e chiese secco:

«Dov’è Hahn?»

«È… scomparso.»

«Cosa significa? Dov’è andato?»

Latimer si lasciò sfuggire un gemito.

«È salito sull’Incudine» balbettò. «Poi si è accesa la luce… il lampo. E Hahn è scomparso!»

«Non è possibile» disse Barrett. «Ti sbagli.»

«L’ho visto scomparire, ti dico.»

«Deve essersi nascosto in qualche angolo della cupola» disse Barrett. «Forse vicino alla porta. Vai a cercarlo.»

«Probabilmente è scomparso davvero, Jim» disse Altman. «Se Don dice di averlo visto sparire…»

«È salito sull’Incudine. Poi tutto è diventato rosso, e lui non c’era più.»

Barrett strinse i pugni. La collera gli fece dimenticare il dolore. Aveva commesso un grosso sbaglio: aveva affidato la sorveglianza di Hahn a due uomini completamente pazzi. Il valore di un Comandante si riconosce dalla scelta dei suoi ufficiali. Lui si era affidato ad Altman e Latimer, e ora quei due gli davano il tipo di informazioni che ci si può aspettare da una coppia di squilibrati.

«Avete avuto delle allucinazioni» disse, secco, a Latimer. «Ned, vai a svegliare Quesada e fallo venire immediatamente qui. Tu, Don, resta vicino alla porta, e se vedi Hahn mettiti a gridare con quanto fiato hai in gola. Io entro a cercarlo.»

«Aspetta» disse Latimer. Sembrava aver ripreso il controllo di sé.

«Jim, ricordi quando ti ho chiesto se pensavi che fossi pazzo? Tu mi hai risposto di no, e hai dimostrato fiducia in me. Bene continua a fidarti. Ti assicuro che non ho avuto allucinazioni. Ho visto Hahn sparire. Non posso spiegarti il fenomeno, ma sono abbastanza lucido da sapere quello che ho visto.»

«D’accordo» disse Barrett in tono più calmo. «Forse hai ragione. A ogni modo, resta vicino alla porta. Io farò un rapido giro d’ispezione.»

Cominciò il giro della cupola, partendo dalla sala del Martello. Là tutto era in ordine. Sembrava che non fosse stato toccato niente. Armadi o ripostigli in cui Hahn si potesse nascondere non ce n’erano. Dopo aver guardato attentamente dappertutto, Barrett riprese il suo giro d’ispezione, e cercò nell’infermeria, nella mensa, nella cucina e nella sala convegno. Nessuna traccia di Hahn. In quelle sale c’erano moltissimi posti dove Hahn poteva essersi nascosto, ma Barrett dubitava che il giovane ci fosse. Doveva essere stato tutto frutto della fantasia malata di Latimer. Concluse il giro, e si ritrovò alla porta principale. Latimer era ancora fermo di guardia alla soglia. Accanto a lui c’era Quesada. Altman, pallido e tremante, era poco lontano, fuori dalla cupola.

«Cosa succede?» domandò Quesada.

«Non so» disse Barrett. «Don e Ned affermano di avere visto Lew Hahn armeggiare attorno alla macchina del tempo. Ho fatto il giro della cupola, e non l’ho trovato, quindi si devono essere sbagliati. Ti consiglio di portarli in infermeria e dar loro un calmante. Poi ce ne andremo tutti a dormire.»

«Ti dico di aver visto…» cominciò Latimer.

«Silenzio!» gridò Altman. «Ascoltate! Cos’è questo rumore?»

Barrett rimase in ascolto. Il suono era forte e chiaro: il sibilo della ionizzazione. Il rumore prodotto dal Campo Hawksbill. Di colpo si sentì venire la pelle d’oca.

«Il Campo si è acceso» disse a voce bassa. «Forse ci mandano dei rifornimenti.»

«A quest’ora?» osservò Latimer.

«Non sappiamo che ora sia Lassù. Voi restate dove siete. Io vado a controllare il Martello.»

«Forse è meglio che venga con te» propose Quesada.

«Resta qui!» urlò Barrett. Poi fece una pausa, imbarazzato per l’improvvisa esplosione di collera. «Basta che ci vada uno solo di noi. Torno subito.»

Senza aspettare altro, attraversò l’atrio dirigendosi verso la sala del Martello. Entrò e si richiuse la porta alle spalle. Non c’era bisogno di accendere la luce. Il bagliore rosso del Campo Hawksbill illuminava sufficientemente la sala.

Barrett si fermò accanto alla porta. Osava appena respirare, e teneva gli occhi fissi al Martello osservando la luce passare attraverso tutte le gradazioni del rosso e poi allargarsi fino ad avvolgere l’Incudine sottostante.

Poi lo scoppio dell’implosione, e Lew Hahn comparve dal nulla. Per un attimo rimase disteso sulla piastra dell’Incudine per riprendersi dal trauma del viaggio nel tempo.

Al buio, il giovane non si accorse della presenza di Barrett. Dopo pochi secondi si spostò verso l’orlo dell’Incudine, si sedette, con le gambe penzoloni. Le mosse per stabilire la circolazione del sangue, poi fece una serie di respiri profondi. Alla fine saltò giù. Il bagliore del Campo si era spento nell’attimo del suo arrivo, e Hahn cominciò ad avanzare cautamente, quasi temesse di urtare contro qualcosa.

All’improvviso, Barrett accese la luce e domandò: «Cosa stavi facendo, Hahn?».

Il giovane ebbe un sussulto, cominciò a respirare con affanno, e sollevò le braccia in un gesto di difesa.