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“Bravo” pensò Barrett. “Forse sei il primo che esce a vedere com’è fatta la terra. Il pioniere che traccia la strada.”

Poi pensò che il coraggioso trilobite poteva anche essere l’antenato di tutte le creature terrestri delle epoche future. Un controsenso biologico, ma la mente di Barrett compose la raffigurazione di un processo evolutivo con pesci, anfibi, rettili, mammiferi e uomo, tutti legati al grottesco essere ad aculei che si muoveva incerto poco lontano da suoi piedi.

“E se ti calpestassi?” pensò.

Un movimento rapido, lo schianto di una conchiglia, il frenetico agitare di tante piccole zampe, e l’intera catena della vita si sarebbe rotta al primo anello. Non ci sarebbe stata evoluzione. Nessuna creatura terrestre sarebbe mai nata. Un movimento del piede, e tutto il futuro sarebbe cambiato. Non ci sarebbero state né la stazione, né razza umana, né James Edward Barrett. In un attimo, si sarebbe vendicato di quelli che lo avevano condannato a vivere in quel periodo e in quel posto, e si sarebbe liberato.

Non fece niente. Il trilobite finì il suo giro sulla roccia e fece ritorno nel mare, incolume.

La voce di Don Latimer disse: «Ti ho visto qua seduto, Jim. Ti spiace se resto con te?».

Barrett si girò, sorpreso. Latimer era sceso tanto silenziosamente che lui non l’aveva sentito. Si riprese, sorrise, e indicò con la testa una roccia vicina.

«Stai pescando?» domandò Latimer.

«Me ne sto seduto. Un vecchio che prende il sole.»

«E hai fatto tutta questa strada soltanto per venire a prendere il sole?» Latimer scoppiò a ridere. «Ti sei allontanato da tutto e tutti, e probabilmente non volevi che ti disturbassi.»

«No. Resta. Come va il tuo compagno di baracca?»

«È molto strano» disse Latimer. «Questa è una delle ragioni per cui sono venuto a parlarti.» Si protese in avanti e fissò Barrett negli occhi. «Dimmi, Jim, pensi che io sia matto?»

«Perché dovrei?»

«Per i miei esperimenti. Per i miei tentativi di passare in un’altra realtà. So che sei un uomo con la testa sulle spalle. Probabilmente pensi che le mie siano tutte sciocchezze.»

«Se proprio vuoi sapere la cruda verità, sì» disse Barrett. «Non credo minimamente che riuscirai a ottenere qualcosa, Don. Penso che restarsene seduti per ore a sforzare le proprie capacità psichiche, sia tutta una perdita di tempo e di energia. Ma non penso che sei pazzo. Credo che tu abbia diritto alla tua ossessione. Sono stato chiaro?»

«Chiarissimo. Non voglio chiederti di credere alle mie ricerche, ma non voglio che mi consideri pazzo per i miei tentativi. È importante che mi consideri sano, altrimenti quello che voglio dirti su Hahn può non aver valore.»

«Non vedo il nesso.»

«Eppure c’è» disse Latimer. «Sulla base della conoscenza di una sola sera, mi sono formato un’opinione di Hahn. È il tipo di opinione che nasce all’improvviso, e se pensi che io sia pazzo…»

«Non penso che sei pazzo. Qual è la tua idea?»

«Che ci stia spiando.»

Barrett soffocò una risata che avrebbe spezzato i fragili nervi di Latimer.

«Spiarci?» disse, in tono normale. «Non puoi pensare sul serio una cosa simile. È impossibile spiarci. Voglio dire, come fa a riferire quello che scopre?

«Non lo so» disse Latimer. «Ma la notte scorsa mi ha fatto un milione di domande. Su te, su Quesada, su certi malati. Voleva sapere ogni cosa.»

«È la curiosità normale di un nuovo arrivato.»

«Jim, ha preso degli appunti. L’ho visto scrivere, quando pensava che fossi addormentato. Ha scritto per circa due ore su un piccolo quaderno per appunti che aveva.»

Barrett corrugò la fronte.

«Forse vuol scrivere un romanzo su di noi.»

«Parlo seriamente» disse Latimer. «Domande… appunti. E lui è molto evasivo. Cerca di farti raccontare qualcosa sul suo conto.»

«Ho tentato. Ma non ho scoperto molto.»

«Sai perché l’hanno mandato qui?»

«No.»

«Nemmeno io» disse Latimer. «Crimini politici, dice, ma è molto vago. Sembra quasi che non sappia qual è l’indirizzo politico del presente governo, e non ha opinioni al riguardo. Nel nostro signor Hahn non sento nessuna profonda convinzione filosofica. E tu sai bene, quanto me, che la stazione è lo scarico di tutti i rivoluzionari, agitatori e sovversivi più accaniti, e che non abbiamo mai avuto un prigioniero come lui.»

«Convengo che Hahn è un enigma» disse Barrett freddamente. «Ma come può spiarci? Anche se è un agente del governo, non ha nessuna possibilità di inviare i suoi rapporti. È relegato qui alla stazione, come tutti noi.»

«Forse l’hanno mandato per sorvegliarci, per essere sicuri che non si stia studiando qualche mezzo per fuggire. Forse è un volontario che ha rinunciato alla sua vita nel ventunesimo secolo per venire tra noi a sventare qualsiasi cosa si stia tramando. Forse temono che abbiamo scoperta una macchina per avanzare nel tempo. O che si sia diventati un pericolo per le sequenze delle linee-tempo. Così Hahn è venuto tra noi per scongiurare i pericoli prima che sia troppo tardi.»

Barrett sentì un campanello d’allarme: Latimer stava rapidamente crollando nella paranoia. In mezza dozzina di frasi, dal ragionamento razionale e da alcuni giustificati sospetti era passato alla paura che quelli di Lassù volessero ostacolare il suo progetto di fuga.

Cercò di mantenere un tono calmo.

«Non credo che sia il caso di preoccuparsi, Don. Hahn è strano, ma non è venuto certo per metterci nei guai. Quelli di Lassù ci hanno già procurato tutti i guai possibili.»

«Lo terrai d’occhio, comunque?»

«Certo. E tu non esitare a informarmi se Hahn fa qualcos’altro fuori dell’ordinario. Sei nella posizione migliore per notarlo.»

«Starò attento» disse Latimer. «Non possiamo tollerare che tra noi ci siano delle spie di Lassù.» Si alzò e sorrise a Barrett. «Ti lascio al tuo bagno di sole, Jim.»

Latimer risalì il sentiero. Barrett lo seguì con lo sguardo finché il compagno non fu altro che un piccolo punto contro la roccia scura. Dopo un bel po’, Barrett prese la stampella e si alzò. Rimase ancora un momento a guardare le onde, e affondò la punta della stampella nell’acqua per far scappare un paio di creature che strisciavano sulla roccia. Alla fine si voltò e cominciò la lunga e lenta salita verso la stazione.

6

Passarono un paio di giorni prima che Barrett trovasse l’occasione di appartarsi con Lew Hahn a discutere di politica. La spedizione per il Mare Interno era partita, e in un certo senso questo era un male perché Charley Norton avrebbe potuto aiutarlo a sfondare l’armatura di Hahn. Norton era il teorico più in gamba che ci fosse tra loro, abilissimo in dialettica e capace di scavare a fondo in chiunque. Se c’era qualcuno in grado di scoprire una base marxista in Hahn, quell’uomo era Norton.

Ma Norton stava guidando la spedizione, e Barrett fu costretto a fare da solo. Il suo marxismo era alquanto arrugginito e insufficiente per affrontare una discussione sul leninismo, stalinismo, trotzkismo, khrushchevismo, maoismo e derenkovskysmo con l’abilità di Charley Norton. Ma sapeva quali erano le domande da fare.

Scelse una sera di pioggia, in cui Hahn sembrava di ottimo umore. C’era stata un’ora di spettacolo quella sera, la proiezione di un ingegnoso film che Sid Hutchett aveva già presentato la settimana prima. Quelli di Lassù erano stati tanto gentili da mandare un piccolo calcolatore, e Hutchett aveva programmato una specie di animazione di linee con una progressione di ombre in grigio. Una cosa semplice, ma di effetto gradevole, e adatta a rompere la monotonia di una serata.

Dopo lo spettacolo, intuendo che Hahn era abbastanza rilassato da tenere abbassata leggermente la guardia, Barrett disse: «Hutchett è unico. Lo conoscevi, prima di venire qui?».