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"Dopo il Vietnam qua tutti hanno paura…"

"Il Vietnam è finito o no?"

Sono frammenti di frasi pronunciate ai cellulari dalle nuove leve del clan. Telefonate intercettate dai carabinieri per giungere all'arresto di Salvatore Di Lauro l'8 febbraio 2006, il diciottenne figlio del boss che aveva iniziato a coordinare un piccolo esercito di ragazzini per lo spaccio. Gli Spagnoli hanno perso la battaglia, ma pare abbiano raggiunto il loro obiettivo di rendersi autonomi, con un cartello proprio ed egemone comandato da giovanissimi. I carabinieri hanno intercettato un SMS che una ragazzina ha mandato a un capo-piazza giovanissimo arrestato durante il periodo della faida e tornato a spacciare appena uscito di galera: "Auguri per il lavoro e il ritorno nel rione, mi emoziona la tua vittoria, congratulazioni!".

La vittoria era quella militare, le congratulazioni per averla combattuta dalla parte giusta. I Di Lauro sono in galera, ma hanno salvato pelle e business, almeno quello familiare.

La situazione si calmò d'improvviso dopo le trattative tra i clan e dopo gli arresti. Giravo per una Secondigliano sfiancata, calpestata da troppe persone, fotografata, ripresa, abusata. Affaticata da tutto. Riuscivo a fermarmi davanti ai murales di Felice Pignataro, davanti ai volti del sole, ai teschi ibridati coi pagliacci. Murales che regalavano al cemento armato un marchio di leggera e inaspettata bellezza. D'improvviso esplosero in cielo dei fuochi d'artificio, e i rumori ossessivi dei tric-trac non terminavano mai. Le troupe giornalistiche che stavano smantellando le loro postazioni dopo l'arresto del boss, si catapultarono a vedere cosa fosse. L'ultimo servizio prezioso, due intere palazzine erano in festa. Accesero i microfoni, i fari illuminavano le facce, telefonarono ai capiservizio per annunciare un servizio sui festeggiamenti degli Spagnoli per l'arresto di Paolo Di Lauro. Mi avvicinai per chiedere cosa fosse, un ragazzo mi rispose contento per la mia domanda: "È per Peppino, è uscito dal coma". Peppino stava andando a lavorare un anno prima quando la sua Ape, il treruote che lo portava al mercato, aveva iniziato a sbandare e si era capovolta. Le strade napoletane sono idrosolubili, dopo due ore di pioggia il basalto inizia a galleggiare e il catrame si scioglie come fosse impastato con la salsedine. L'Ape si era ribaltata e Peppino aveva avuto un gravissimo trauma cranico. Per recuperarlo dalla scarpata dove era finita l'Ape avevano usato un trattore fatto venire dalla campagna. Dopo un anno di coma si era svegliato e dopo qualche mese l'ospedale gli aveva dato il permesso di tornare a casa. Il quartiere festeggiava il suo ritorno. Appena sceso dall'auto, mentre ancora lo sistemavano in carrozzella avevano fatto partire i primi fuochi d'artificio. I bambini si facevano fare le fotografie mentre gli accarezzavano la testa completamente rasata. La madre di Peppino lo proteggeva da carezze e baci troppo violenti per le sue forze stremate. Gli inviati che erano sul posto ritelefonarono alle redazioni, bloccarono tutto, la serenata calibro 38 che volevano riprendere era svanita in una festa per un ragazzino uscito dal coma. Tornarono indietro per andare agli alberghi, io proseguii. Mi infilai a casa di Peppino, come un felice imboscato a una festa troppo allegra per mancare. Per tutta la notte brindai alla salute di Peppino con tutte le persone del palazzo. Sparsi sui gradini delle scale, tra pianerottoli e porte aperte senza comprendere di chi fossero le case aperte e piene d'ogni cosa sui tavoli. Completamente zuppo di vino mi misi a fare la staffetta con la Vespa tra un bar ancora aperto e casa di Peppino rifornendo tutti di bottiglie di rosso e Coca Cola. Quella notte Secondigliano era silenziosa e stremata. Senza giornalisti ed elicotteri. Senza vedette e pali. Un silenzio che faceva venire voglia di dormire, come di pomeriggio sulla sabbia con le braccia intrecciate sotto la nuca non pensando più a niente.

Donne

Avevo addosso come l'odore di qualcosa di indefinibile. Come la puzza che impregna il cappotto quando si entra in friggitoria e poi uscendo lentamente si attenua, mischiandosi ai veleni dei tubi di scappamento. Puoi farti decine di docce, mettere la carne a mollo in vasca per ore con i sali e i balsami più odorosi: non te la togli più di dosso. E non perché è entrata nella carne come il sudore degli stupratori, ma l'odore che ti senti addosso comprendi che l'avevi già dentro; come sprigionato da una ghiandola che non era mai stata stimolata, una ghiandola sopita che d'improvviso si mette a secernere, attivata ancor prima che dalla paura da una sensazione di verità. Come se esistesse nel corpo qualcosa in grado di segnalarti quando stai fissando il vero. Con tutti i sensi. Senza mediazioni. Una verità non raccontata, riportata, fotografata, ma è lì che ti si dà. Capire come funzionano le cose, come va il percorso del presente. Non c'è pensiero che possa attestare verità a ciò che hai visto. Dopo aver fissato una guerra di camorra nelle pupille, le immagini troppo numerose gonfiano la memoria, e non ti vengono in mente singolarmente ma tutte insieme, sovrapponendosi e confondendosi. Non puoi fare affidamento sugli occhi. Non ci sono rovine di palazzi, dopo una guerra di camorra, e la segatura secca presto il sangue. Come se fossi stato soltanto tu a vedere o subire, come se qualcuno fosse pronto a indicarti col dito e dire "non è vero".

L'aberrazione di una guerra di clan, capitali che si fronteggiano, investimenti che si scannano, ipotesi finanziarie che si divorano, trova sempre una motivazione consolatrice, un senso che possa sospingere altrove il pericolo, capace di far sentire lontano, lontanissimo un conflitto che sta invece avvenendo nell'androne di casa. Puoi collocare tutto in un casellario di senso che lentamente ti costruisci, ma gli odori, quelli non possono essere irreggimentati, ci sono. Lì. Come traccia estrema e unica di un patrimonio d'esperienza disperso. Nel naso mi erano rimasti odori; non solo l'odore di segatura e sangue, né i dopobarba dei ragazzini soldati messi su guance senza peli, ma soprattutto i sapori dei profumi femminili. Mi rimaneva sotto le narici l'odore pesante dei deodoranti, delle lacche, dei profumi dolci.

Le donne sono sempre presenti nelle dinamiche di potere dei clan. Non è casualità che la faida di Secondigliano ha visto eliminare due donne con ferocia riservata solitamente solo ai boss. Così come centinaia di donne erano scese in strada a impedire gli arresti di spacciatori e sentinelle, a incendiare cassonetti e strattonare per i gomiti i carabinieri. Le ragazzine le vedevo correre ogni volta che una telecamera spuntava per strada, si catapultavano davanti agli obiettivi, sorridevano, accennavano un motivetto, chiedevano di essere intervistate, gironzolavano intorno al cameraman per vedere quale logo ci fosse sulla telecamera, per capire quale televisione le stesse riprendendo. Non si sa mai. Qualcuno avrebbe potuto osservarle e chiamarle in qualche trasmissione. Le occasioni qui non capitano ma si strappano coi denti, si comprano, si cercano scavando. Le occasioni devono uscire per forza. E così anche con i ragazzi, nulla è lasciato alla casualità dell'incontro, al fato dell'innamoramento. Ogni conquista è una strategia. E le ragazze che non fanno strategie rischiano una leggerezza pericolosa e di trovarsi mani dappertutto e lingue così insistenti da trapanare i denti serrati. D jeans attillato, la maglietta aderente: tutto deve rendere la bellezza un'esca. La bellezza in certi luoghi sembra una trappola, anche se la più piacevole delle trappole. E così se cedi, se insegui il piacere di un momento, non sai a cosa vai incontro. La ragazza sarà tanto più brava se riuscirà a farsi corteggiare dal migliore e una volta caduto nella trappola, conservarlo, trattenerlo, sopportarlo, ingoiarlo a naso tappato. Ma tenerlo per sé. Tutto. Una volta passavo vicino a una scuola. Da una moto scese una ragazzina. Scese lentamente per dare il tempo a tutti di osservare bene la moto, il casco, i guanti da motociclista e i suoi stivali a punta che a stento riusciva a mettere per terra. Un bidello, uno di quelli eterni che tengono sotto gli occhi generazioni di ragazzini, le si avvicinò e disse: "France', ma già fai ammore? E poi con Angelo, ma tu lo sai che finisce a Poggioreale?".