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— Ah — Leo si schiarì la voce. Questo non pareva certo lo spiraglio favorevole in cui aveva sperato. Ma c’era così poco tempo. — Le ha parlato di Tony?

— Tony! — La macchina di Van Atta ronzò come un calabrone per qualche istante. — Se non vedrò mai più in vita mia quel piccolo farabutto, sarà sempre troppo presto. Non è stato altro che una seccatura, una seccatura e una spesa.

— Speravo di poterlo utilizzare nel mio lavoro — azzardò Leo. — Anche se da un punto di vista medico non è ancora pronto a riprendere il lavoro all’esterno, ho un sacco di lavoro al computer e compiti di supervisione che potrei affidare a lui, se fosse qui. Se potessimo riportarlo quassù.

— Sciocchezze — scattò Van Atta, — sarebbe molto più semplice trasferire qualche altro caposquadra quad, Pramod, ad esempio, o sceglierne un altro qualsiasi. Non mi interessa chi, questa è l’unica autorizzazione che le fornisco. Cominceremo a trasferire giù a terra i piccoli storpi tra due settimane. Non avrebbe nessun senso farne risalire uno che Minchenko potrebbe trattenere in infermeria fino ad allora. Ed è quello che gli ho detto. — Lanciò a Leo uno sguardo di fuoco. — Non voglio più sentire una sola parola a proposito di Tony.

— Ah — disse Leo. Maledizione. Era chiaro che sarebbe stato meglio prendere in disparte Minchenko prima di intorbidare le acque con Van Atta. Adesso era troppo tardi. Non era solo lo sforzo fisico che aveva fatto diventare Van Atta rosso in viso. Leo si chiese che cosa avesse detto in realtà Minchenko… indubbiamente una scelta felice di parole, che sarebbe valsa la pena di ascoltare. Ma un piacere a prezzo troppo alto per i quad. Leo assunse un’espressione che, tra ansiti e sbuffi, sperò potesse sembrare di comprensione.

— Come procede il piano di recupero? — chiese Van Atta dopo un po’.

— Quasi completato.

— Davvero? — Van Atta si illuminò. — Be’, questa è finalmente una buona notizia.

— La stupirà vedere come sia possibile riciclare completamente l’Habitat — asserì in tutta sincerità Leo. — E lo saranno anche gli alti papaveri della Compagnia.

— E tra quanto?

— Appena ci daranno il via. L’ho preparato come un piano di battaglia — e strinse i denti per evitare eccessive allusioni. — Conta sempre di fare il Grande Annuncio al resto del personale domani alle 13.00? — chiese in tono discorsivo. — Nel modulo dell’aula magna? Voglio proprio esserci anch’io, perché ho delle immagini esplicative da mostrare quando lei avrà finito.

— No — disse Van Atta.

— Che cosa? — Leo boccheggiò, sbagliò un passo e le molle lo mandarono a sbattere con un ginocchio sul nastro scorrevole, imbottito proprio per quelle evenienze. Si rimise faticosamente in piedi.

— Si è fatto male? — chiese Van Atta. — Ha un aspetto strano…

— Tra un attimo starò bene. — Una volta rimessosi in piedi, costrinse i muscoli delle gambe a ricuperare l’equilibrio e il passo, a dispetto del dolore e del panico. — Pensavo… che quello fosse il modo che aveva escogitato per far scoppiare la bomba: metterli tutti insieme e spiegare i fatti in una volta sola.

— Dopo lo scontro con Minchenko, sono stufo di doverne discutere — disse Van Atta. — Ho pregato la dottoressa Yei di farlo. Può chiamarli nel proprio ufficio a piccoli gruppi, consegnando anche i piani di evacuazione individuale e dei dipartimenti. Molto più efficiente.

E così il bellissimo piano di Silver e Leo per disfarsi pacificamente dei terricoli, partorito dopo quattro riunioni segrete, scompariva in un soffio. Sprecate le adulazioni, i suggerimenti indiretti con i quali avevano convinto Van Atta dell’idea di riunire l’intero personale terricolo dell’Habitat, per dare l’annuncio con un discorso che li avrebbe persuasi a non sentirsi condannati… ma lodati…

Le cariche destinate a staccare il modulo dell’aula magna dall’Habitat semplicemente sfiorando un bottone erano già state piazzate. I respiratori di emergenza per fornire ossigeno ai quasi trecento corpi per le poche ore necessarie a spingere il modulo verso la Stazione di Trasferimento erano state accuratamente nascoste all’interno dell’aula. I due equipaggi dei rimorchiatori erano in stato di all’erta e i loro mezzi erano riforniti e pronti a entrare in azione.

Che sciocco era stato a predisporre dei piani che dipendevano dall’adesione di Van Atta… all’improvviso, Leo si sentì male.

Non restava altro che il piano di ripiego, quello di emergenza che avevano discusso e scartato come troppo pericoloso, con risultati potenzialmente incontrollabili. Con dita rigide, staccò le cinghie e l’imbracatura, e le riagganciò ai sostegni posti sul nastro scorrevole.

— Non ha fatto neppure un’ora — disse Van Atta.

— Credo di essermi fatto male al ginocchio — mentì Leo.

— Non mi sorprende. Crede che non sappia che ha saltato le sedute di ginnastica? Solo non cerchi di fare causa alla GalacTech, perché saremo in grado di provare che si tratta di negligenza personale. — Van Atta fece un sorrisetto e continuò a marciare.

Leo si fermò. — A proposito, sa che i Depositi di Rodeo hanno inviato per sbaglio un carico di cento tonnellate di benzina sull’habitat? E lo metteranno in conto a noi.

— Che cosa?

E mentre si voltava, Leo ebbe la piccola soddisfazione personale di sentire il nastro di Van Atta che si fermava e lo schiocco delle cinghie staccate troppo in fretta che frustavano l’uomo che le indossava. — Ehi! — esclamò Van Atta.

Leo non si voltò.

Il dottor Curry andò incontro a Claire quando arrivò all’appuntamento in infermeria. — Oh, bene, sei in orario.

Claire guardò lungo il corridoio e i suoi occhi scrutarono la stanza in cui il dottor Curry l’aveva fatta entrare. — Dov’è il dottor Minchenko? Pensavo che fosse qui.

Il dottor Curry arrossì leggermente. — Il dottor Minchenko è nel suo alloggio. Non prenderà servizio.

— Ma io volevo parlargli…

Curry si schiarì la gola. — Ti hanno spiegato le ragioni di questo appuntamento?

— No… ho pensato che si trattasse di altre medicine per il seno.

— Ah, capisco.

Claire attese, ma lui non aggiunse altro. Invece si diede da fare con un vassoio di strumenti, posandolo sulle strisce di velcro e infilando i ferri nello sterilizzatore, senza incontrare lo sguardo di Claire. — Be’, è una cosa assolutamente non dolorosa.

Una volta, lei non avrebbe fatto domande, ma si sarebbe sottomessa docilmente: aveva subito innumerevoli test medici a lei ignoti, che erano cominciati ancor prima che la estraessero dal simulatore uterino, il grembo artificiale nel quale era avvenuta la sua gestazione, in una sezione ormai chiusa di quella stessa infermeria. Una volta, lei era stata una persona diversa, prima del disastro sul pianeta con Tony. E dopo di allora per un po’ era stata sul punto di non essere più nulla. Ora si sentiva stranamente eccitata, come se si trovasse sull’orlo di una rinascita. La sua prima nascita era stata meccanica e indolore, e forse per questa ragione non era profondamente radicata nella sua mente…

— Che cosa… — cominciò con voce stridula… una voce troppo sommessa. Alzò il tono, che risultò troppo forte alle sue orecchie. — Qual è la ragione di questo appuntamento?

— Solo un semplice intervento locale a livello addominale — disse vago il dottor Curry. — Non ci metterò molto. Non devi neppure spogliarti, tira su la maglietta e cala un poco i calzoncini. Adesso ti preparo. Ti immobilizzerò sotto lo schermo di aria sterile, nel caso che scappasse qualche goccia di sangue.

Tu non mi immobilizzerai… - Di che intervento si tratta?