— Non sentirai nulla e non ti farà assolutamente male. Vieni, adesso. — Sorrise, schiacciando il pulsante dello schermo che apparve sulla parete.
— Che cos’è? — ripeté Claire senza muoversi.
— Non posso discuterne. È… un’informazione riservata. Mi spiace. Dovrai chiederlo… al signor Van Atta o alla dottoressa Yei o a qualcun altro. Facciamo così, subito dopo ti manderò dalla dottoressa Yei, così potrai parlarle, va bene? — Si umettò le labbra, mentre il suo sorriso si faceva sempre più nervoso.
— Non chiederei… — Claire annaspò in cerca di un’espressione che aveva udito una volta da un terricolo, — non chiederei nemmeno l’ora a Bruce Van Atta.
Il dottor Curry rimase letteralmente esterrefatto. — Oh — mormorò non proprio a bassa voce, — mi chiedevo perché tu fossi la seconda della lista.
— Chi era la prima? — chiese Claire.
— Silver, ma quell’ingegnere istruttore le ha affidato non so quale incarico. È un’amica tua, vero? Così potrai dirle che non fa male.
— Non mi importa… non me ne frega niente se fa male, voglio sapere che cos’è. — Socchiuse gli occhi, mentre finalmente i pezzi combaciavano. — Le sterilizzazioni! — ansimò. — Avete cominciato le sterilizzazioni!
— Come fai… tu non dovresti… voglio dire, cosa ti fa pensare una cosa simile? — balbettò il dottor Curry.
Claire indietreggiò verso la porta, ma il medico era più vicino e fu più rapido a chiuderla sotto il suo naso. Lei rimbalzò contro il pannello.
— Avanti, Claire, calmati! — ansimò Curry, zigzagando dietro di lei. — Ti farai male senza necessità. Potrei farti un’anestesia generale, ma è meglio per te se ci limitiamo ad una locale mentre te ne stai sdraiata tranquilla. Devo farlo, in un modo o nell’altro…
— Perché deve farlo? — esclamò Claire. — Il dottor Minchenko ha forse dovuto farlo… o è appunto per questa ragione che non è qui? Chi la sta obbligando e come, perché lei debba farlo?
— Se Minchenko fosse qui, non dovrei farlo — sbottò Curry infuriato. — Lui se n’è lavato le mani e ha lasciato a me la patata bollente. Adesso vieni qui, mettiti in posizione sotto lo schermo sterile e lascia che prepari le sonde, o sarò costretto ad essere… ad essere molto duro con te. — Trasse un profondo respiro, per infondersi coraggio.
— Devo — lo schernì Claire, — devo, devo! È sconvolgente pensare ad alcune delle cose che i terricoli pensano di dover fare. Ma quasi mai sono le stesse cose che essi pensano debbano fare i quad. Perché, secondo lei?
Curry sbuffò e strinse le labbra infuriato. Afferrò una siringa ipodermica dal vassoio degli strumenti.
Aveva preparato tutto in anticipo, pensò Claire. L’ha provata nella sua mente… ha deciso ancor prima che arrivassi…
Egli si slanciò contro di lei e le afferrò il braccio superiore sinistro, facendo compiere un rapido arco alla siringa. Claire gli afferrò il braccio destro, rallentando la mossa e bloccandolo; rimasero allacciati per un attimo, con i muscoli che tremavano, roteando lentamente in aria.
Poi lei alzò le mani inferiori, unendole alle superiori. Curry boccheggiò per la sorpresa e per la mancanza d’aria quando lei gli allargò le braccia, vincendo la resistenza dei suoi muscoli di uomo giovane e aitante. Il medico scalciò, colpendola con le ginocchia, ma non avendo un punto a cui appoggiarsi, i colpi non avevano la forza sufficiente per essere efficaci.
Claire sorrise, in preda ad una felicità selvaggia, aprendogli e chiudendogli le braccia, a suo piacimento. Sono più forte! Sono più forte! Sono più forte di lui e non me ne sono mai accorta…
Con cautela, rafforzò la presa delle mani inferiori sui polsi di Curry e staccò quelle superiori. Con entrambe le mani libere di muoversi, non ebbe difficoltà a staccare le dita chiuse intorno alla siringa. La sollevò e mormorò con voce suadente: — Non sentirai nulla.
— No, no…
Curry si contorceva troppo perché le sue mani inesperte cercassero di praticargli una rapida endovenosa, così la diresse verso il muscolo deltoide e continuò a tenerlo fermo finché non le parve sempre più debole e intontito, il che richiese parecchi minuti. Poi fu facile immobilizzarlo sotto lo schermo sterile.
Guardò il vassoio di strumenti chirurgici e li toccò meravigliata. — Fino a che punto pensa che dovrei spingere questa mia ribellione? — chiese ad alta voce.
Il medico gemette, intontito, e si agitò debolmente, con gli occhi pieni di panico. Lo sguardo di Claire si illuminò; gettò indietro la testa e rise, rise davvero per la prima volta da… da quanto tempo? Non riusciva a ricordarlo.
Accostò le labbra all’orecchio di Curry e scandì accuratamente le parole: — Io non devo farlo.
Rideva ancora piano quando sigillò la porta dell’infermeria dietro di sé, fuggendo poi lungo il corridoio verso la salvezza.
CAPITOLO UNDICESIMO
Era stato un errore cedere alle insistenze di Ti e lasciare che fosse lui ad attraccare sulla supernave, si rese conto Silver, quando le scosse e gli scricchiolii dell’impatto con le ganasce d’attracco riverberarono attraverso il rimorchiatore. Zara, sospesa nervosamente alle sue spalle, emise un flebile gemito. Ti ringhiò e poi riportò la propria attenzione ai comandi.
No, lei aveva commesso un errore, lasciando che la sua autorità di terricolo, maschio e con le gambe, prendesse il sopravvento sulla sua capacità di giudizio: lei sapeva che Ti non aveva il brevetto per i rimorchiatori, glielo aveva detto lui stesso. Lui sarebbe stato l’autorità solo dopo che fossero entrati nella supernave a balzo.
No, si disse con fermezza, neppure allora.
— Zara — disse, — prendi i comandi.
— Maledizione — cominciò Ti, — se tu solo…
— Abbiamo troppo bisogno di te alle comunicazioni per predisporre i comandi — aggiunse lei, sperando ardentemente che lui non respingesse quel tentativo di placare il suo orgoglio.
— Mmm. — Imbronciato, Ti cedette i comandi a Zara.
L’anello del tubo flessibile di attracco non poteva essere sigillato a dovere. Un secondo tentativo e tutti i promettenti dondolii degli auto-stabilizzatori non furono in grado di sigillare a dovere l’anello di attracco. Silver non sapeva se aver paura di morire o desiderare di poterlo fare. Aveva tutti i palmi delle mani sudati e passare la saldatrice laser da una mano all’altra, non faceva altro che rendere scivolosa l’impugnatura.
— Visto — disse Ti a Zara, — tu non hai certo fatto di meglio.
Zara gli lanciò un’occhiata rovente. — Hai piegato uno degli anelli, idiota con la patente. Farai meglio a sperare che sia il loro e non il nostro.
— L’espressione esatta è «idiota patentato» — la corresse Jon, che si dava da fare vicino al portello per cercare di chiuderlo. — Se vuoi usare la terminologia dei terricoli, almeno usa quella giusta.
— Rimorchiatore R-26 chiama supernave GalacTech D620 — disse la voce tremula di Ti al microfono. — Jon, dobbiamo staccarci e provare dall’altra parte. Questo non funziona.
— Fai pure, Ti — rispose la voce del pilota. — Sei malato? Non hai una bella voce. Come attracco è stato penoso. E di che emergenza si tratta?
— Te lo spiego quando saremo a bordo — Ti sollevò lo sguardo e ricevette un cenno di conferma da Zara. — Ci stacchiamo adesso.
Ebbero miglior fortuna con il portello di sinistra. No, rammentò di nuovo Silver a se stessa, la fortuna dipende da noi. Ed è mia responsabilità provvedere che sia buona e non cattiva.