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— È orribile, laggiù — confermò Claire con fervore, ricordando. — Vale la pena di rischiare tutto, pur di non dover scendere a terra. Veramente.

— Ma tra sette mesi, noi saremo sole — disse Patty. — Tu hai avuto chi ti ha aiutato. Tu avevi il dottor Minchenko. Io e Emma… noi saremo sole.

— No, non lo sarete — disse Claire. — Che razza di idea. Ci sarà Kara… verrò anch’io… noi tutte vi aiuteremo.

— Leo verrà con noi: lui è un terricolo — disse Emma, cercando di sembrare ottimista.

— Non sono sicura che quello sia proprio il suo campo — disse Claire con onestà, cercando di immaginarsi Leo nelle vesti di medico. Non gli interessavano i sistemi idraulici, aveva detto. Continuò in tono deciso. — In ogni modo, la parte più complicata della nascita di Andy è consistita soprattutto nella raccolta di dati, perché io ero la prima e stavano sperimentando le procedure, così ha detto il dottor Minchenko. Avere il bambino, non è stata in sé una gran cosa. Non l’ha fatto il dottor Minchenko… in realtà non l’ho fatto io, l’ha fatto il mio corpo. Tutto quello che ha fatto il dottore è stato reggere l’aspiratore. Un lavoro ingombrante, ma molto semplice. — Se non ci sono complicazioni da un punto di vista biologico, pensò, ma si trattenne dal dirlo.

Patty aveva ancora un’espressione infelice. — Sì, ma il parto è solo l’inizio. Lavoravamo molto per la GalacTech, ma abbiamo lavorato tre volte di più da quando è venuta fuori questa storia della fuga. E bisogna essere dei cretini per non capire che diventerà ancor più duro. Il traguardo non è in vista. Come faremo ad occuparci di tutto e anche dei bambini? Non sono sicura che questa storia della libertà mi vada molto a genio. Leo non fa che parlarne, ma libertà per chi? Non per me. Avevo più tempo libero lavorando per la Compagnia.

— E allora perché non vai dal dottor Curry? — suggerì Emma.

Patty scrollò le spalle, a disagio. — No…

— Non credo che con libertà s’intenda tempo libero — disse Claire pensosa. — Direi forse sopravvivenza. Il non… il non dover lavorare per gente che ha il diritto di eliminarti, se vuole. — I ricordi dolorosi fecero assumere una particolare durezza alla sua voce, e subito lei la addolcì. — Dovremo sempre lavorare, ma lo faremo per noi stessi. E per i nostri bambini.

— Soprattutto per i nostri bambini — mormorò cupa Patty.

— Non è poi così brutto — fece notare Emma.

Claire pensò di aver in parte capito da dove veniva il pessimismo di Patty. — E la prossima volta, se vorrai avere una prossima volta, potrai essere tu a scegliere chi sarà il padre del tuo bambino. Non ci sarà nessuno a sceglierlo per te.

Il viso di Patty si rischiarò. — Questo è vero…

Le rassicurazioni di Claire furono efficaci: la conversazione si spostò su argomenti meno tetri per un po’. Molto più tardi, le porte stagne si aprirono, e Pramod infilò dentro la testa.

— Abbiamo avuto il segnale di Silver — si limitò a dire. Claire gridò di gioia, mentre Patty ed Emma si abbracciarono, roteando in aria.

Pramod sollevò una mano, con un gesto di ammonimento. — Le cose non sono ancora cominciate. Dovrete restare ancora un po’ qui.

— No, perché? — esclamò Emma.

— Stiamo aspettando un trasporto speciale con rifornimenti. Il suo attracco sarà il nuovo segnale.

Il cuore di Claire si mise a battere forte. — Tony… sono riusciti a portare Tony a bordo?

Pramod scosse il capo, e nel suo sguardo vi era comprensione per il suo dolore. — No, barre di carburante. Leo le aspetta con molta impazienza, perché ha paura che senza di esse potremmo non avere abbastanza potenza per lanciare l’Habitat fino al corridoio.

— Oh… sì, naturalmente. — Claire si richiuse in se stessa.

— Restate qui, tenete duro e non fate caso se udrete delle sirene di emergenza — disse Pramod. Strinse le mani inferiori in un gesto di incoraggiamento e se ne andò.

Claire si preparò all’attesa. La tensione le fece venir voglia di piangere, ma Emma e Patty non avevano bisogno di un cattivo esempio.

Bruce Van Atta si premette un dito contro una narice, chiudendola, e soffiò forte, poi ripeté il procedimento con l’altra narice. Quella maledetta assenza di peso impediva un giusto drenaggio dei seni nasali, fra le altre noie. Non vedeva l’ora di tornare sulla Terra. Persino il desolato Rodeo sarebbe stato preferibile. Si chiese oziosamente se potesse trovare una scusa per andarci subito, magari per un’ispezione sulle procedure di allestimento delle baracche per i quad. Se avesse fatto le cose nel modo giusto, avrebbe potuto restarci anche cinque giorni.

Si spostò, fermandosi in un angolo dell’ufficio a forma di spicchio d’arancia della dottoressa Yei, appoggiando la schiena contro una parete piana e i piedi sulla curva del pannello magnetico, ingombro di carte e pellicole. La dottoressa Yei si voltò a guardarlo, stringendo le labbra con aria seccata. Van Atta incrociò comodamente i piedi, scompigliando di proposito tutte le sue carte, in segno di superiorità nei confronti della psicologa. Ella riportò lo sguardo all’olovideo, rifiutando di abboccare all’amo, e Van Atta creò ancor più in disordine fra le sue carte. Femmina fannullona, pensò. Era un sollievo che avessero solo poche settimane di lavoro da svolgere insieme, e che lui non fosse più obbligato a prenderla con le buone maniere!

— Allora, a che punto siamo? — la pungolò.

— Be’, non so come se la stia cavando lei… anzi — aggiunse in tono velenoso, — non so neppure che cosa stia facendo…

Van Atta fece una smorfia di apprezzamento. Allora il verme sapeva pungere. Altri amministratori avrebbero potuto offendersi per la critica implicita in quelle parole, lui invece si congratulò con se stesso per il proprio senso dell’umorismo.

— Tuttavia ho appena terminato di dare le indicazioni orientative per i nuovi incarichi a metà del personale.

— Qualcuno le ha dato del filo da torcere? Farò la voce grossa, se necessario — fu la nobile offerta, — e farò pressione su quelli che non collaborano.

— È normale che siano tutti abbastanza scossi — rispose lei, — in ogni modo non credo che sia necessario un suo… intervento diretto.

— Bene — disse Van Atta in tono gioviale.

— Continuo a pensare che sarebbe stato meglio dirlo a tutti quanti insieme in una volta sola. Questa decisione di rilasciare le informazioni a spizzichi favorisce proprio quel genere di illazioni incontrollate che sarebbe preferibile evitare.

— Già, be’, è troppo tardi ora…

Le sue parole vennero interrotte dall’urlo della sirena di allarme che uscì dall’altoparlante. L’olovideo di Yei venne brutalmente rimpiazzato dal canale di emergenza della Centrale Sistemi.

Una rauca voce maschile, un volto teso… buon Dio, era Leo Graf… balzarono sull’olovideo.

— Emergenza, emergenza — gridò Graf… da dove stava chiamando? — abbiamo un’emergenza per improvvisa depressurizzazione. Questa non è un’esercitazione. Tutto il personale terrestre dell’Habitat si rechi immediatamente nelle aree di sicurezza assegnate e vi resti finché non sarà cessato il pericolo…

Sull’olovideo comparve una mappa computerizzata che indicava la strada più breve per raggiungere da quel terminale i moduli di sicurezza assegnati… il modulo, constatò Van Atta. Per la miseria, il calo di pressione doveva estendersi a tutto l’Habitat. Che cosa diavolo stava succedendo?

— Emergenza, emergenza. Questa non è un’esercitazione — ripeté Graf.

Anche la dottoressa stava guardando la mappa ad occhi sbarrati, più simile che mai ad una rana. — Come può essere? Il sistema di chiusure stagne dovrebbe isolare l’area interessata dal resto…