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— Fuoco ora - ripeté, rivolto a Bannerji, quando il computer lampeggiò, pronto sul bersaglio.

La mano del capitano si mosse verso il pulsante di fuoco e poi esitò. – Ha un’autorizzazione per questo? – chiese all’improvviso.

— Se ho cosa? – disse van Atta.

— Un’autorizzazione. Mi è venuto in mente che, tecnicamente, questo potrebbe essere considerato uno spreco di risorse. Ci vuole un documento firmato da chi ne fa richiesta, cioè lei, dal mio supervisore, cioè l’amministratore Chalopin, e dal Dirigente dell’Amministrazione Sprechi Inutili.

— Chalopin l’ha messa a mia disposizione. E questo rende la cosa ufficiale, caro mio!

— Ma non completa. Il Dirigente dell’Amministrazione Sprechi Inutili è Laurie Gompf, e lei si trova su Rodeo. La sua autorizzazione non ce l’ho. L’autorizzazione è incompleta. Mi spiace, signore. – Bannerji lasciò la consolle degli armamenti e si sistemò nel sedile del tecnico, incrociando le braccia. – Non rischio il mio lavoro per portare a termine un inutile spreco di risorse senza un ordine specifico. Ed è necessario anche un Accertamento dell’Impatto Ambientale.

— Questo è ammutinamento! – urlò Van Atta.

— No, non lo è – lo contraddisse Bannerji in tono cordiale. – Qui non siamo nell’esercito.

Van Atta, paonazzo in viso, fissò Bannerji, che si stava guardando le unghie e con un’imprecazione si tuffò nel sedile degli armamenti e riaggiustò la mira. Avrebbe dovuto saperlo: se vuoi che sia fatta qualcosa, pensaci da solo; esitò, mentre i parametri ingegneristici di una supernave di classe D gli scorrevano nella mente. In quale parte di quella complessa struttura poteva piazzare un colpo che non solo disattivasse le barre, ma facesse saltare in aria i propulsori principali?

Cremazione, davvero. E le morti dei quattro o cinque terrestri a bordo, potevano, eventualmente, essere imputate a Bannerji… Io ho fatto del mio meglio, signora… se lui avesse fatto il suo lavoro come gli avevo chiesto fin dall’inizio…

Le schematiche ruotarono nell’olovideo. Ci doveva essere un punto nelle strutture… sì, eccolo! Se fosse riuscito a mettere fuori uso sia quel ganglio di controllo che quelle linee di raffreddamento, avrebbe dato il via ad una reazione incontrollata che avrebbe portato… alla promozione, probabilmente, dopo che il polverone si fosse dissipato. Apmad lo avrebbe abbracciato e baciato, come un eroico dottore che da solo aveva impedito a un’abominazione genetica di diffondersi nella Galassia…

Di nuovo le linee degli schemi cominciarono a convergere, centrando il bersaglio. Il palmo sudato di Van Atta si strinse sul bottone di sparo. Tra un momento, solo un momento…

— Che cosa fa con quello, dottoressa Yei? – chiese Bannerji con voce sorpresa.

— Psicologia applicata.

La nuca di Van Atta sembrò esplodere con un nauseante scricchiolio. Cadde in avanti, tagliandosi una guancia sulla consolle, sbattendo contro le leve, e trasformando il programma di tiro in una pioggia di scintille colorate. Vide le stelle dentro la navetta, confuse macchie verdi e rosse… boccheggiando, si rialzò.

— Dottoressa Yei – obiettò Bannerji, – se vuole mettere fuori combattimento un uomo, deve picchiare molto più forte di così.

La dottoressa indietreggiò spaventata mentre Van Atta si alzava dal sedile. – Non volevo correre il rischio di ucciderlo…

— E perché no? – mormorò sotto voce Bannerji.

Come una furia, Van Atta strinse le mani attorno al polso della dottoressa, strappandole la chiave di metallo. – Non riesce a fare niente per il verso giusto, vero? – ringhiò.

Lei piangeva e boccheggiava. Fors, già in tuta, ma senza il casco, cacciò di nuovo dentro la testa. – Che cosa diavolo sta succedendo, qui?

Van Atta spinse la dottoressa verso di lui. Su Bannerji, che si agitava a disagio sul sedile, non si poteva certo contare. – Tenga ferma questa pazza. Ha appena cercato di uccidermi con la chiave inglese.

— Oh? A me aveva detto che le serviva per correggere la posizione di un sedile – commentò Fors, – o forse non ha detto sedile? – Ma afferrò la dottoressa e la tenne stretta. Gli sforzi della donna, come al solito, furono deboli e futili.

Con un sibilo furioso, Van Atta si mise nuovamente a sedere alla consolle degli armamenti e richiamò il programma di assetto e mira. Lo sistemò e accese i rilevatori esterni. La configurazione D-620-Habitat balzò nitida sullo schermo, resa argentea dalla luce distante del sole che illuminava le strutture. Gli schemi la intrappolarono sullo schermo, convergendo implacabilmente.

Il D-620 tremolò, ruotò e scomparve.

I laser spararono, fiammate di luce che colpirono il vuoto dello spazio.

Van Atta batté i pugni sulla consolle, urlando, mentre del sangue gli usciva dalla ferita sulla guancia. – Ce l’hanno fatta. Ce l’hanno fatta. Ce l’hanno fatta…

La dottoressa Yei ridacchiò.

Leo era accasciato sul sedile, sorretto dalle cinture, con una risata che gli gorgogliava in gola. – Ce l’abbiamo fatta!

Ti sollevò il casco, rimanendo seduto, ma non meno stravolto di lui, anzi con il viso pallido e tirato: il balzo prosciugava i piloti. Leo si sentiva come se fosse stato appena rivoltato come un guanto, ed era tutto dolorante, ma la nausea passò in fretta.

— Il tuo riflettore era nei parametri, Leo – disse Ti debolmente.

– Sì. Temevo che potesse esplodere, durante la tensione del balzo.

Ti gli lanciò uno sguardo indignato. – Non è quello che avevi detto. Pensavo che tu fossi il genio degli ingegneri collaudatori.

– Senti, non avevo mai fatto una di quelle cose, prima d’ora – protestò Leo. – Non si sa mai. Si fanno solo le migliori congetture possibili. – Si raddrizzò, cercando di riordinare le idee. – Siamo qui, ce l’abbiamo fatta. Ma che succede all’esterno? Ci sono stati danni all’Habitat? Silver, vedi cosa riesci a sapere all’interfono.

Anche lei era pallida. – Cielo – disse, sbattendo le palpebre. – Così questo è un balzo. Come sei ore del siero della verità della dottoressa Yei concentrate in un solo secondo. Accidenti, ne dovremo fare molti altri?

– Spero proprio di sì. – Leo sganciò le cinghie e galleggiò verso di lei per aiutarla.

Lo spazio intorno al punto di uscita era vuoto e rassicurante: la sua visione segreta e paranoica di balzare dritto in mezzo a navi militari pronte ad aprire il fuoco non si era avverata, notò con sollievo. Ma, un momento… una nave stava avvicinandosi… non un velivolo commerciale, ma qualcosa di minaccioso e dall’apparenza ufficiale…

– È una nave di polizia proveniente da Orient IV – la identificò Silver, – siamo nei guai?

– Senza dubbio – intervenne la voce del dottor Minchenko, che entrava in quel momento nella cabina di pilotaggio. – La GalacTech non sarà certo disposta a lasciar correre. Farà un favore a tutti, Graf, se adesso lascerà parlare me. – Spostò di lato Silver e Leo e si insediò alle comunicazioni. – Si dà il caso che il ministro della Sanità di Orient IV sia un mio collega medico. Anche se la sua posizione non gli conferisce un gran potere politico, è sempre un canale di comunicazione con gli alti gradi governativi. Se riesco ad arrivare a lui ci troveremo in una posizione certo migliore che non in quella di dover trattare con qualche sergente di polizia o, peggio ancora, qualche militare. – Negli occhi di Minchenko balenò un lampo. – Non corre buon sangue tra la GalacTech e Orient IV, in questo momento. A tutte le accuse di reato della GalacTech, possiamo ribattere… frode valutaria… oh, quante possibilità.