— Accidenti! — disse improvvisamente Liu.
— Che c’è?
— Ancora frittatine. È la seconda volta questa settimana che sbaglio numero nell’ordinare il pasto.
Tanto l’imprecazione quanto l’errore erano due cose eccezionali, da parte di Liu. Michelis ne provò come un rimorso, un miscuglio di pietà e di senso di colpa. Liu stava cambiando; non era mai stata così distratta, prima. Che ne fosse lui il responsabile?
— Oh, va bene lo stesso. Non importa. Mangiamo.
— Come vuoi.
Mangiarono in silenzio. Michelis sentiva che Liu avrebbe voluto fargli delle domande. Il chimico non avrebbe mai dovuto immischiare sua moglie in tutto quell’imbroglio. D’altra parte, sarebbe stato impossibile. Liu era implicata nella faccenda di Egtverchi quanto lui. E Michelis non sapeva più che pensare; le parole di Egtverchi lo avevano sconvolto al punto di renderlo incapace di pensiero logico. Sarebbe ricaduto nel brutto compromesso abituale, che consisteva nel non dire niente a Liu. No, anche questo stava ormai diventando impossibile.
Eppure la sciocchezza compiuta dal Lithiano era stata piuttosto grossolana: puerile, come aveva detto Liu. Egtverchi era stato spinto a sorpassare ogni misura, a mostrarsi riottoso, irresponsabile, e l’aveva fatto fino in fondo. Non solo aveva esplicitamente dichiarato il suo disprezzo per ogni istituzione e costumanza stabilite, ma aveva anche invitato il suo pubblico a mostrare lo stesso disprezzo. Verso la fine della sua trasmissione, poi, aveva perfino insegnato al pubblico come fare: tutti dovevano inviare lettere anonime ingiuriose alla ditta che pagava le sue trasmissioni.
— Basterà una cartolina postale — aveva detto con dolcezza, le grandi mandibole sorridenti. — Purché la missiva sia caustica, ferisca. Se non riuscite a mandar giù quella specie di cemento in polvere che vi vendono per fare la frittata, scrivetelo. Se invece vi va a genio, ma la nostra pubblicità vi fa venire il voltastomaco, dichiaratelo, e senza peli sulla lingua, mi raccomando. Se mi detestate, dite anche questo alla Bifalco, sempre senza ritegno. Vi leggerò le cinque lettere più sgradevoli nel corso della mia prossima trasmissione, fra una settimana. E ricordatevi, non firmate col vostro nome; se proprio vorrete firmare, usate il mio. Buonasera.
La frittatina aveva un sapore di straccio per la polvere.
— Ti dirò quello che penso — disse improvvisamente Michelis, a bassa voce. — A mio avviso, Egtverchi tenta di sollevare la folla. Ti ricordi di quei ragazzi in uniforme? Ora ha abbandonato quel sistema, oppure lo nasconde, perché pensa che la sua nuova idea sia migliore. Ha un pubblico di circa sessantacinque milioni di spettatori, metà dei quali forse sono adulti. Di questi, un’altra buona metà è costituita di individui più o meno mentecatti, ed è proprio su questo che lui ora conta. Intende trasformare quei milioni di individui in vere e proprie squadre di linciaggio.
— Ma perché, Mike? — comandò Liu. — A che cosa gli servono?
— Non lo so, ed è proprio questo che mi rende perplesso. Non è il potere che lui cerca… Forse vuole solo distruggere. Un complicato atto di vendetta.
— Vendetta!
— Cerco d’indovinare. I suoi motivi sfuggono forse più a me che a te.
— Ma vendetta contro chi? — disse Liu con voce tranquilla.
— Contro di noi. Per averne fatto un simile spostato.
— Capisco — disse Liu. Poi chinò il capo sul piatto, ancora intatto, e cominciò a piangere in silenzio. In quel momento, Michelis avrebbe ucciso volentieri Egtverchi, o se stesso.
Il Klee fece udire il suo carillon armonioso. Michelis alzò gli occhi a guardarlo con amara rassegnazione.
— I nostri visitatori — disse. E premette il pulsante del telefono.
Il Klee si velò e, dalla parete, il presidente della commissione di naturalizzazione che aveva esaminato Egtverchi lo guardò interrogativamente da sotto il suo casco complicato.
— Salite — disse Michelis. — Vi stavamo aspettando.
L’uomo dell’ONU passò qualche tempo a visitare l’appartamento e ad emettere esclamazioni sul buon gusto di Liu, ma fu chiaro che si trattava di una sorta di cerimonia. Pronunciata l’ultima frase di prammatica, cambiò bruscamente tono; le api stesse avevano sentito qualcosa di ostile, in quell’uomo; egli s’era appena messo a osservarle da dietro il vetro che gli insetti s’erano precipitati su i lui, cozzando contro il vetro con le teste dagli occhi sporgenti, globulari. E per tutta la conversazione che seguì, Michelis poté udirle cozzare tenaci contro la parete trasparente con un ronzio di ali furibonde.
— Abbiamo ricevuto più di diecimila cartoline e telegrammi nella mezz’ora seguita alla trasmissione di Egtverchi — disse l’uomo dell’ONU. — La prima analisi è sufficiente a farci capire la dimensione del fenomeno che ci sta di fronte, ed è per questo che sono venuto da voi. Nella settimana che seguirà, noi calcoliamo di ricevere oltre due milioni di missive…
— Chi è questo «noi»? — domandò Michelis. E Liu aggiunse: — Non mi pare una grande cifra.
— «Noi» si riferisce alla rete televisiva. E la cifra è piuttosto ingente, dato che siamo quasi anonimi per la massa del pubblico. La Bifalco riceverà più di sette milioni e mezzo di tali messaggi.
— E sono così brutti? — chiese Liu, alzando le sopracciglia.
— Sono i peggiori che possano venire trasmessi dalla posta — disse l’uomo dell’ONU. — Confesso di non avere mai visto niente di simile, e dire che sono all’ufficiò relazioni pubbliche della televisione da undici anni… questo incarico presso l’ONU è a part-time. Metà dei messaggi sono delle espressioni di odio velenoso e incontrollato: odio patologico. Ne ho alcuni esempi con me, ma non ho portato i peggiori. Di solito non mostro ai profani le lettere che riescono a spaventare me.
— Mostratemene uno — disse Michelis.
L’uomo dell’ONU, in silenzio, gli passò una fotocopia. Michelis la lesse. Poi la restituì.
— Siete più refrattario di quanto non pensiate — disse. — Io non lo avrei mostrato a nessuno, salvo, forse che a un ricercatore sulle malattie mentali.
L’uomo dell’ONU sorrise per la prima volta, e li osservò entrambi con con occhi vivaci e intelligenti. Chissà come, pareva stesse valutandoli, non individualmente, ma come coppia. Michelis ebbe l’impressione che la sua privacy venisse in qualche modo violata, ma nel comportamento dell’uomo non c’era nulla di offensivo.
— Neppure alla dottoressa Meid? — chiese l’uomo dell’ONU.
— A nessuno — rispose Michelis, irritato.
— D’accordo. Comunque, ripeto che non l’ho scelta deliberatamente per la sua forza d’urto. Posso assicurarvi che questa lettera è un’espressione di stima e simpatia, a paragone di altre che ci sono arrivate. Questo Serpente ha un pubblico di squilibrati e intende servirsene. Ecco perché sono venuto a trovarvi. Noi pensiamo che voi sappiate forse a quale scopo intenda servirsene.
— A nessuno scopo, se voi stessi foste capaci di conservare il controllo della vostra rete televisiva — rispose Michelis. — Perché non eliminate il programma? Se vi sta avvelenando la società, non avete altra scelta.
— Quel che è veleno per uno è guadagno per l’altro — rispose l’uomo dell’ONU. — Quelli della Bifalco non vedono la cosa nello stesso modo in cui la vediamo noi. Anche loro hanno il loro reparto di analisi della risposta del pubblico, e sanno bene quanto noi che riceveranno più di sette milioni e mezzo di cartoline postali ingiuriose nel corso della settimana. Ma la cosa li delizia. Sono soddisfattissimi. Pensano che servirà a far comprare i loro prodotti. Probabilmente assegneranno al Serpente un’intera mezz’ora di trasmissione, pagata totalmente da loro, se le risposte arriveranno come previsto… e vi garantisco che arriveranno.