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Dal basso salirono altre grida. Gli enormi insetti non potevano volare via, ma ormai erano liberi nell’interno dell’edificio. Alcuni di essi, anzi, avrebbero potuto raggiungere la strada, percorrendo tutto il pozzetto delle scale.

Dopo un po’, non si udirono più rumori umani, ma soltanto il ronzio degli insetti. Da dietro la porta d’ingresso, qualcuno gemette, poi tacque.

Ruiz-Sanchez sapeva quale fosse il suo dovere. Si recò in cucina a vomitare, poi prese la tuta protettiva di Liu e riuscì a infilarsela.

Non era più un sacerdote; anzi, non era più neppure un cattolico. La Grazia gli era stata tolta. Ma ogni persona ha il dovere di amministrare l’Estrema Unzione se ne conosce le formula, come è dovere di ogni persona amministrare il Battesimo se ne conosce il rito. Ciò che poi sarebbe avvenuto dell’anima così assistita, una volta che essa si fosse dipartita dalla carne, sarebbe stato deciso dal Signore Iddio, il Quale decide di ogni cosa; ma Egli ha comandato che nessuna anima si presenti davanti a Lui senza Assoluzione.

L’uomo davanti alla porta era già morto. Ruiz-Sanchez si fece per abitudine il segno della Croce e si allontanò dal morto, distogliendo lo sguardo. Un uomo che muore a causa di un massiccio shock istaminico non è bello a vedersi.

L’appartamento vicino era stato coscienziosamente svaligiato. Vi giacevano tre corpi, che non avevano più bisogno di aiuto alcuno. Ma la porta della cucina era chiusa; se uno di quegli uomini avesse avuto la presenza di spirito di barricarvisi prima che lo sciame delle api vi penetrasse, sarebbe forse riuscito a uccidere le poche api entrate con lui…

Come per confermare le sue supposizioni, un gemito risuonò dietro la porta. Ruiz cercò di aprirla, ma era chiusa parzialmente da una catena. Riuscì a dischiuderla d’una trentina di centimetri e s’infilò nell’apertura.

Il corpo che si torceva sul pavimento, la pelle incredibilmente gonfia e tesa, già quasi nera, gli occhi resi vitrei dalla sofferenza, era quello di Agronski.

Ma il geologo non riconobbe Ruiz. Non c’era più una mente dietro quegli occhi. Ruiz cadde in ginocchio, impacciato dalla tuta troppo stretta per lui. Udì la propria voce mormorare le preci rituali, ma non riusciva a capire le parole latine più di Agronski.

Non poteva essere una semplice coincidenza. Lui era entrato là per dare la Grazia, ammesso che un uomo come lui potesse ancora farlo. Davanti a lui giaceva il più innocente dei quattro membri della Commissione lithiana, fulminato là dove Ruiz-Sanchez non poteva fare a meno di trovarlo. Era il Dio di Giobbe che regnava sul mondo in quel periodo, non il Dio del Salmista o di Gesù. Il viso girato verso Ruiz era quello del Dio geloso, del Dio vendicatore, il Dio che aveva creato l’Inferno ancor prima di creare l’uomo, perché sapeva che questo ne avrebbe avuto bisogno. La terribile verità che Dante aveva cantato… E nel volto annerito, dalla lingua enfiata, che si torceva presso il suo ginocchio, Ruiz vide che Dante aveva avuto ragione, come ogni cattolico che abbia letto la Divina Commedia sa nel profondo del cuore.

C’è un demonolatra in libertà per il mondo. Sarà privato dalla Grazia e poi chiamato a somministrare l’Estrema Unzione a un suo amico. A questo segno, ch’egli si riconosca per quello che è.

Pochi istanti dopo, Agronski era morto, soffocato dalla sua stessa lingua.

Ma rimaneva ancora qualcosa da fare. Adesso era necessario rendere sicuro l’appartamento di Mike: uccidere le api che eventualmente fossero riuscite a penetrarvi, assicurarsi che lo sciame fuggito morisse. Non era difficile. Ruiz-Sanchez si limitò a coprire con dei fogli di carta i fori nel vetro. Le api potevano nutrirsi soltanto nel giardino di Liu: sarebbero tornate entro poco tempo, e, non potendo entrare, sarebbero morte d’inedia nel giro di un’ora o poco più. Un’ape non è una macchina volante molto efficiente: si mantiene nell’aria consumando energia… vale a dire, mediante la forza bruta. Un calabrone imprigionato in un vaso può morire in mezza giornata, e i mostri tetraploidi di Liu sarebbero morti ancor prima, vittime della propria libertà.

Durante tutto questo spiacevole lavoro, la televisione continuò a trasmettere. Il terrore non era soltanto locale: questo era chiaro. I tumulti di corridoio del 1993 non erano stati che una fiammella, confronto alle attuali sommosse.

Quattro zone erano completamente isolate. I teppisti in uniforme di Egtverchi, comparsi improvvisamente in forze, si erano impadroniti dei loro centri di controllo. In questo momento tenevano in ostaggio circa venticinque milioni di persone, chiedendo in cambio il salvacondotto per Egtverchi. Dei venticinque milioni di persone, pressappoco cinque si prestavano attivamente. Negli altri centri la violenza non era altrettanto sistematica (alcune delle ondate di distrazione dovevano essere state progettate con cura, anche soltanto per il fatto che si erano usati degli esplosivi: ma lo schema complessivo non appariva concertato). Tuttavia, nessun caso poteva venire definito come «resistenza passiva» o «opposizione non violenta».

Disgustato, afflitto, e dannato, Ruiz-Sanchez rimase ad attendere nell’appartamento giungla dei Michelis, come se una parte di Lithia lo avesse seguito fin lì e l’avesse avviluppato.

Dopo i primi tre giorni, il furore popolare si era sufficientemente placato da permettere a Michelis e Liu di ritornare a casa a bordo di un’autoblindo dell’ONU. Erano pallidi e sconvolti (come del resto pensava di essere lo stesso Ruiz); avevano dormito ancor meno di lui. Decise subito di non fare parola di ciò che era successo ad Agronski: almeno quell’orrore poteva venire loro risparmiato. Non c’era modo, invece, di evitare di spiegare cosa fosse successo alle api.

La debole scrollata di spalle di Liu fu più dura da sopportare che non la sorte di Agronski.

— L’hanno trovato? — chiese Ruiz-Sanchez, con voce roca.

— Stavamo per chiedervelo — disse Michelis. L’alto chimico riuscì a scorgersi nel riflesso di uno specchio, e fece una smorfia. — Uh, che barba lunga! All’ONU avevano troppe cose da fare per raccontarci qualcosa, salvo che a pezzetti. Pensavamo che aveste potuto ascoltare qualche notiziario.

— No, niente. I vigilantes di Detroit si sono arresi, almeno a quanto dicevano poco fa.

— Sì, e così pure i rivoltosi di Smolensk; dovrebbero dare l’annuncio tra un’ora. Non ho mai creduto che sarebbero riusciti ad averla vinta. Non possono certamente conoscere il sistema dei corridoi meglio delle autorità locali. A Smolensk li hanno presi usando il sistema antincendi. Hanno tolto i rifornimenti d’ossigeno alla zona da loro occupata, senza che se ne accorgessero. Due di loro non si sono ripresi.

Ruiz-Sanchez si fece automaticamente il segno della Croce. Dalla parete, il quadro di Klee mormorò qualcosa a bassa voce; era rimasto acceso senza interruzione fin dall’annuncio di Egtverchi.

— Non so neppure io se desidero ascoltare quel maledetto apparecchio — disse Michelis, acido. Però aumentò il volume.

In sostanza, non c’erano notizie nuove. I tumulti si stavano spegnendo progressivamente, anche se in alcuni Rifugi continuavano con la violenza dei giorni precedenti. Venne dato l’annuncio di ciò che era successo a Smolensk, senza fornire dettagli. Egtverchi non era stato ancora trovato, ma le autorità dell’ONU confidavano di poter risolvere il caso «entro breve tempo».

— «Entro breve tempo», figuriamoci — disse Michelis. — Non sanno letteralmente che pesci pigliare. Pensavano di poterlo prendere il mattino successivo, quando hanno trovato una traccia che conduceva a un nascondiglio dove Egtverchi s’era ritirato con l’intenzione di orchestrare le sommosse. Ma non l’hanno trovato neppure lì: evidentemente era fuggito in tutta fretta, alcune ore prima. E nessuno, nella sua organizzazione, sapeva dove si sarebbe recato: supponevano ch’egli fosse in quel suo ritiro, e quando hanno saputo che non era laggiù, sono caduti nella più profonda delusione.