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«Solo questo… dove posso andare ad arruolarmi?»

Busby corrugò la fronte. Don continuò precipitosamente la sua spiegazione, insistendo sul fatto che lui aveva tentato di arruolarsi, quando era arrivato l’attacco.

«Se tu intendevi arruolarti, direi che avresti dovuto farlo già da molto tempo. Comunque, da quello che mi hai raccontato, so che hai vissuto per gran parte della tua vita sulla Terra. Non sei uno di noi.»

«Sì, invece!»

«Secondo me, tu sei un ragazzo con la testa piena di idee romantiche. Non hai neppure l’età per votare.»

«Ho l’età per combattere, però.»

«Cosa sai fare?»

«Uh, be’, sono un ottimo tiratore, per lo meno con un fucile o una pistola.»

«E che altro sai fare?»

Don rifletté rapidamente; non gli era mai venuta in mente l’idea che ai soldati si richiedesse qualcosa di più della disposizione a essere soldati. Cavalcare? Lassù non significava nulla.

«Bene, io parlo la ‘vera lingua’… me la cavo discretamente.»

«Questo è utile… abbiamo bisogno di uomini che sappiano vezzeggiare i draghi. E che altro sai fare?»

Don pensò al fatto di essere riuscito a evadere dal campo di concentramento, fuggendo attraverso gli acquitrini senza rimanere ucciso… ma il tenente questo lo sapeva; semplicemente, l’impresa dimostrava che lui era realmente un mangianebbia, malgrado la confusione delle sue origini e della sua educazione. Decise che Busby non sarebbe stato interessato a conoscere nei particolari l’addestramento ricevuto alla scuola-fattoria.

«Be’, posso lavare i piatti.»

Busby fece un breve sorriso, malgrado il cipiglio.

«Questa è senza dubbio una virtù da soldato. Malgrado ciò, Harvey, dubito che tu sia adatto. Vedi, questo non è fare il soldato in pace… non si tratta di sfilare in parata, con uniformi e bandiere, facendosi bello davanti a tutti. Vivremo nelle boscaglie e tra gli acquitrini, ci sostenteremo con quello che riusciremo a trovare nel territorio, ed è sommamente improbabile che riceviamo una paga, né ora, né mai. Questo significa essere affamati, sporchi, in continuo movimento, in continuo allarme. Non si rischia soltanto di venire uccisi in combattimento; se vieni preso, sarai bruciato per tradimento.»

«Sì, signore. Questo me lo sono immaginato, pensandoci, stanotte.»

«E vuoi ancora arruolarti?»

«Sì, signore.»

«Alza la mano destra.»

Don obbedì. Busby continuò:

«Tu giuri solennemente di sostenere e difendere la Costituzione della Repubblica di Venere contro tutti i nemici, interni e stranieri; e di servire fedelmente nelle forze armate della Repubblica, per tutta la durata di questo stato di emergenza, finché non sarai congedato da un’autorità competente; e giuri di obbedire agli ordini legali degli ufficiali superiori posti al di sopra di te?»

Don fece un profondo sospiro.

«Lo giuro.»

«Molto bene, soldato… sali a bordo della barca.»

«Sì, signore!»

Dopo quel giorno, ci furono molte, moltissime circostanze nelle quali Don si pentì amaramente di essersi arruolato… ma questo è capitato in tutti i tempi, a ogni uomo che si sia offerto volontario per il servizio militare. Ma a parte queste circostanze, nella maggior parte del tempo fu ragionevolmente soddisfatto, benché in tutta sincerità avrebbe negato questo… acquistò un considerevole talento per il più comune dei passatempi di tutti i soldati, un continuo brontolare sulla guerra, sul tempo, sul cibo, sul fango, sulla stupidità dell’alto comando. Il vecchio soldato può usare questo antico, convenzionale e innocuo florilegio di arte letteraria come sostituto soddisfacente della ricreazione, e perfino del riposo, delle donne e del cibo.

Apprese i metodi della guerriglia… infiltrarsi nelle linee nemiche senza fare rumore, colpire silenziosamente, e svanire di nuovo nel buio e nella nebbia, prima che l’allarme potesse essere lanciato. Quelli che riuscirono a imparare quei metodi sopravvissero… quelli che non vi riuscirono, morirono. Don riuscì a sopravvivere. Imparò altre cose… a dormire per dieci minuti, quando si presentava l’occasione, a svegliarsi completamente, e silenziosamente, al minimo tocco o al suono più impercettibile, a trascorrere senza dormire una notte intera, o due notti… o perfino tre. Acquistò delle linee profonde intorno alla bocca, linee che lo invecchiavano ben al di sopra dei suoi anni, e una cicatrice bianca, nodosa sul braccio sinistro.

Non restò a lungo con Busby, ma fu trasferito a una compagnia di fanteria con gondole che operava tra CuiCui e Nuova Londra. Il corpo si era battezzato, orgogliosamente, «Gli Scorridori di Marsten»; Don occupò il posto di interprete di ‘vera lingua’ del suo reparto. Benché quasi tutti i coloni fossero capaci di sibilare qualche frase della lingua dei draghi… o, più generalmente, fossero in grado di capire un poco la lingua, quello che era sufficiente per comprare e vendere… erano pochissimi coloro in grado di usarla come strumento di colloquio. Don, benché negli anni trascorsi sulla Terra non avesse avuto alcuna occasione di fare pratica, aveva imparato la lingua da bambino, e quella lingua gli era stata insegnata bene, da un drago che si era interessato personalmente a lui. Ed entrambi i suoi genitori usavano la ‘vera lingua’ con la stessa disinvoltura ostentata nel parlare in inglese; Don era stato istruito in quell’arte in virtù della pratica quotidiana di casa, che era durata fino a quando lui non aveva compiuto undici anni, ed era stato portato sulla Terra.

I draghi erano di enorme utilità per i partigiani impegnati nella lunga, logorante guerra di resistenza; benché essi non fossero belligeranti, le loro simpatie erano tutte per i coloniali… o, per essere più esatti, essi disprezzavano profondamente i soldati della Federazione. I coloniali erano riusciti a fare di Venere la loro patria, perché erano riusciti ad andare d’accordo con i draghi… un’illuminata politica di tornaconto personale, istituita dallo stesso Cyrus Buchanan. Per un essere umano nato su Venere non c’era neppure un’ombra di dubbio sul fatto che esistesse un’altra razza… quella dei draghi… intelligente, ricca e civile almeno quanto la propria. Ma per la stragrande maggioranza dei soldati della Federazione, nuovi per il pianeta, i draghi erano semplicemente degli animali orribili, infidi e rozzi, incapaci di parlare e che si davano un sacco d’arie, arrogandosi dei privilegi che nessun animale aveva il diritto di reclamare.

Questo orientamento non era a livello conscio; si trattava principalmente di uno stato d’animo, di un atteggiamento che affondava le sue radici nell’inconscio… e per questo invincibile, profondo, inevitabile. Nessun ordine emanato dall’Alto Comando alle truppe della Federazione, nessuna misura disciplinare, per quanto rigorosa, nessuna punizione, anche fisica, per le violazioni, poteva affrontare il problema fondamentale con qualche speranza di successo. Si trattava di qualcosa di più forte e di meno ragionato di qualsiasi problema razziale analogo mai esistito sulla Terra… bianchi contro negri, gentili contro ebrei, romani contro barbari, o qualsiasi altro esempio di cui la storia offrisse il ricordo.

Perfino gli ufficiali che emanavano gli ordini non potevano percepire nella maniera corretta la questione; perché neppure loro erano nati su Venere. Perfino il più alto consigliere politico del governatore, lo scaltro e abile Stanley Bankfield, poteva realmente afferrare il concetto secondo il quale non ci si ingraziava un drago semplicemente (per usare una parafrasi) accarezzando il drago in questione sulla testa, e parlandogli dall’alto in basso (naturalmente questo in senso pratico sarebbe stato impossibile; ma si trattava in senso figurato, dell’atteggiamento tipico perfino nei più intelligenti e preparati dei terrestri).

Due gravi incidenti avevano dato l’avvio alla situazione, due incidenti avvenuti nello stesso giorno del primo attacco federale; a Nuova Londra, un drago… lo stesso che Don aveva visto di fronte all’edificio del Times, intento a leggere i bollettini… era stato, non ucciso, ma gravemente danneggiato da un lanciafiamme; quel drago era stato il socio occulto della banca locale, e un azionista di quasi tutti i più importanti depositi di torio. Ancora peggio, a CuiCui un drago era stato ucciso… da un razzo; per pura sfortuna, quel drago aveva avuto la bocca aperta, e il proiettile vi era entrato. E quel drago sfortunato era stato un parente collaterale dei discendenti del Grande Uovo. Non è prudente, né utile, assumere un atteggiamento antagonistico nei confronti di creature altamente intelligenti, ciascuna delle quali equivale fisicamente a, diciamo, tre rinoceronti di medie dimensioni. Malgrado ciò, i draghi non erano entrati direttamente nel conflitto, poiché la nostra idea convenzionale di guerra non fa parte della loro civiltà. Essi raggiungono i loro scopi operando attraverso mezzi assai diversi dai nostri.