«Come posso iniziare? Dovrei forse parlare del vostro Cyrus Buchanan, che morì lontano dal suo popolo, eppure morì felice, poiché aveva fatto anche di noi il suo popolo? O dovrei parlare degli strani e complicati costumi del tuo popolo, nei quali a volte voi… o così ci sembra… fate sì che la bocca morda la propria gamba? O dovrei discutere direttamente gli eventi che sono accaduti qui, da quando per la prima volta io e te abbiamo diviso il fango nel cielo?»
Phipps si mosse, con un certo disagio.
«Lasci fare a me, Sir Isaac. Ricordi che questo giovane e io siamo della stessa razza. Non abbiamo bisogno di perderci per ore a setacciare la boscaglia; posso spiegargli tutto in due parole. Non è complicato.»
Sir Isaac chinò la testa massiccia, in segno di assenso.
«Come vuoi, amico mio.»
Phipps si rivolse a Don.
«Giovanotto, lei non lo sapeva, ma quando i suoi genitori l’hanno chiamata a casa, su Marte, lei è diventato un corriere, con un messaggio.»
Don lo fissò, freddamente.
«Ma io lo sapevo.» La sua mente lavorava furiosamente, adattandosi a quella nuova situazione.
«Lo sapeva? Be’, è magnifico! Allora ce lo dia.»
«Che cosa?»
«L’anello… l’anello, naturalmente. Ce lo dia.»
CAPITOLO XV
«NON GIUDICATE SECONDO LE APPARENZE»
«Aspetti un momento,» protestò Don. «Lei ha fatto confusione. Io so di quale anello parla, certo, ma il messaggio non era nell’anello; era nella carta che lo avvolgeva. E quella l’ha presa l’I.B.I.»
Phipps parve perplesso, poi si mise a ridere.
«L’ha presa l’I.B.I., eh? Allora loro hanno commesso lo stesso errore che lei ha fatto. Ma è l’anello quello che conta. Vediamolo.»
«No, lei si sbaglia,» disse Don, lentamente. «O forse non stiamo parlando dello stesso anello.» Rifletté sulla questione. «È anche possibile che l’I.B.I. abbia scambiato gli anelli… abbia sostituito quello buono con un altro, prima ancora che il pacco mi giungesse. Ricordo che c’è stato un ritardo, nell’inoltro della corrispondenza; l’anello mi è arrivato appena in tempo, poco prima della mia partenza dalla Terra. Ma è più che certo un fatto: l’anello che mi è arrivato non poteva contenere alcun messaggio. Era di plastica trasparente… probabilmente di stirene… e non c’era niente di niente. Nessun messaggio. E nessun modo per nascondere un messaggio.»
Phipps si strinse nelle spalle, spazientito.
«Non mi faccia perdere tempo in sottigliezze, sul fatto che un messaggio possa o non possa essere nascosto nell’anello… si tratta dell’anello giusto; stia tranquillo. L’I.B.I. non lo ha cambiato con un altro… noi lo sappiamo per certo.»
«E come fa a saperlo?»
«Al diavolo, ragazzo! La sua funzione era quella di consegnare l’anello. È tutto. Lasci che siamo noi a preoccuparci del messaggio che conteneva.»
Don cominciava a essere più che certo del fatto che, quando era stato un bambino, e aveva morso il pollice di Phipps, doveva averlo fatto per eccellenti motivi.
«Aspetti un momento. Io dovevo consegnare l’anello, certamente… è quello che il dottor Jefferson… sa di chi si tratta?»
«Sapevo chi era. Non l’ho mai conosciuto personalmente.»
«È quello che il dottor Jefferson voleva. Adesso è morto, o almeno così dicono. In ogni caso, non posso consultarlo. Ma è stato molto chiaro nel dirmi a chi dovevo consegnarlo… a mio padre. Non a lei.»
Phipps batté il pugno sul braccio della sedia.
«Lo so, lo so benissimo! Se le cose fossero andate nella maniera giusta, lei l’avrebbe consegnato a suo padre, e noi ci saremmo risparmiati un sacco di guai. Ma quelle teste calde di Nuova Londra hanno voluto… non importa. La rivoluzione è cominciata quando è cominciata, cioè troppo presto, e così lei è finito qui, invece che andare su Marte. Io sto cercando di rimettere assieme i pezzi. Lei non può consegnare l’anello a suo padre, ma può raggiungere il medesimo risultato, consegnandolo a me. Suo padre e io lavoriamo verso lo stesso fine.»
Don esitò, prima di rispondere.
«Non desidero apparire scortese… ma vede, lei dovrebbe darmi una prova di quanto afferma.»
Sir Isaac produsse, con il suo voder, un suono esattamente uguale a quello di un uomo che si schiarisse la voce.
«Ahem!» Entrambi si voltarono verso di lui. «Forse,» proseguì il venusiano, «Dovrei entrare in questa discussione. Io ho conosciuto Donald, se posso dire questo, più recentemente, mio caro Phipps.»
«Be’… parli lei, allora.»
Sir Isaac rivolse la maggior parte dei suoi occhi verso Don.
«Mio caro Donald, hai fiducia in me?»
«Be’, penso di sì, Sir Isaac… però mi sembra di essere costretto a insistere per avere una prova. L’anello non è mio.»
«Sì, tu hai ragione. Allora, vediamo di considerare quale possa essere una prova. Se io dicessi…»
Don lo interruppe, sentendo che l’intera faccenda gli era sfuggita di mano.
«Mi dispiace di avere permesso che questa diventasse una discussione. Vede, in realtà non conta.»
«Come?»
«Be’, ecco, io non ho più l’anello. È andato. Non c’è più.»
Ci fu un mortale silenzio, per un lungo minuto. E poi Phipps disse:
«Credo che Malath sia svenuto.»
Ci fu un momento di eccitazione quasi frenetica, mentre la carrozzella del marziano veniva portata via, fino a quando non fu annunciato che Malath stava galleggiando sul suo particolarissimo letto, e riposava bene, in un ambiente a lui più favorevole. La conferenza così riprese con tre soli partecipanti. Phipps lanciò un’occhiata astiosa a Don.
«È colpa sua, lo sa? Quello che ha detto lo ha emozionato troppo; per poco non l’ha distrutto.»
«Mia? Non capisco.»
«Anche lui era un corriere… è rimasto bloccato qui, allo stesso modo in cui la cosa è capitata a lei. Lui possiede l’altra metà del messaggio… del messaggio che lei ha perduto. E così, lei ha eliminato l’ultima possibilità che restava a Malath di tornare in patria, prima che la tremenda gravità lo uccida. È un uomo malato… e lei ha aperto la botola sotto i suoi piedi.»
Donald disse:
«Ma…»
Sir Isaac lo interruppe:
«Donald non ha colpa di nulla. Il giovane deve essere biasimato solo con giusta causa e dopo un’attenta deliberazione, perché il dolore non ricada sulla famiglia.»
Phipps lanciò un’occhiata al drago, e poi guardò di nuovo Don.
«Mi dispiace. Sono stanco e nervoso e di cattivo umore. Quel che è fatto è fatto. La cosa importante è un’altra: che ne è stato dell’anello? C’è qualche possibilità di trovarlo?»
Don assunse un’espressione infelice.
«Temo di no.» Spiegò rapidamente il tentativo compiuto al suo arrivo su Venere per sottrargli l’anello, e aggiunse che allora non aveva avuto alcun nascondiglio adatto a celarlo. «Non sapevo che fosse davvero importante, ma ero deciso a esaudire i desideri del dottor Jefferson… forse io sono un po’ troppo testardo, a volte. Quando mi metto in testa un’idea, sono ostinato, anche se non ci sono motivi razionali a pressarmi. Così ho fatto la cosa migliore che, in quel momento, mi è parsa possibile; ho consegnato l’anello a un’amica, perché lo custodisse. Ho immaginato che fosse la decisione migliore, perché nessuno avrebbe pensato di cercare l’anello nelle mani di una persona che non aveva alcuna relazione con esso, e che in teoria non avrebbe dovuto averlo.»
«Un’idea abbastanza solida,» ammise Phipps. «Ma a chi l’ha dato?»
«A una ragazza.» I lineamenti di Don mostrarono un’espressione addolorata. «Credo che sia stata uccisa, la notte stessa in cui i Verdi hanno attaccato Nuova Londra.»