«Non ne è sicuro?»
«Ne ho la certezza ragionevole. Il mio lavoro attuale mi ha dato molte opportunità per fare delle ricerche, e chiedere notizie… e nessuno l’ha più vista, dal giorno dell’attacco. Sono sicuro che sia morta.»
«Potrebbe sbagliarsi. Una persona scomparsa non è necessariamente una persona morta. Come si chiamava questa ragazza?»
«Isobel Costello. Suo padre era direttore della filiale dell’I.T. T.»
Phipps parve completamente sbalordito, poi scoppiò in una grande risata, diventando rosso in viso. Dopo qualche tempo, riuscì a calmarsi, e disse, con voce abbastanza malferma:
«Lo ha sentito, Sir Isaac? Lo ha sentito? Parla dell’oca che fa le uova d’oro nel suo cortile… parla degli occhiali della nonna che sono rimasti sul naso!»
Don guardò successivamente il drago e l’uomo.
«Cosa intende dire?» domandò, in tono offeso. Non gli pareva che l’ilarità fosse appropriata, su un argomento simile.
«Cosa intendo dire? Be’, figliolo, Jim Costello e sua figlia si trovano qui, dal secondo giorno dopo l’attacco.» Balzò in piedi. «Non si muova! Resti dov’è… torno subito.»
Effettivamente, la sua assenza non si protrasse a lungo.
«Ho sempre dei problemi, con quei suoi strani telefoni interni, Sir Isaac» si lamentò. «Ma stanno venendo qui.» Sedette di nuovo al suo posto, e fece un profondo sospiro. «Un giorno o l’altro, ho idea che dovrò convincermi di essere un perfetto stupido.»
Phipps tacque, rompendo il silenzio solo con qualche risatina sommessa. Sir Isaac pareva intento a contemplarsi l’inesistente ombelico. Don aveva la mente colma di pensieri tumultuosi, febbrili, e il sollievo era troppo grande e troppo improvviso per costituire davvero una sensazione piacevole. Isobel era viva!
Dopo qualche istante, recuperata in parte la calma, si azzardò a parlare:
«Mi ascolti… non sarebbe ora che qualcuno mi dicesse cosa significa tutta questa faccenda?»
Sir Isaac sollevò il capo, e le punte dei tentacoli danzarono lievemente sui tasti del voder.
«Ti chiedo scusa, mio caro ragazzo. Stavo pensando ad altro. Molto, moltissimo tempo fa, quando la mia razza era giovane e quando la tua razza ancora non era…»
Phipps tagliò corto.
«Mi scusi, vecchio mio, ma posso metterlo al corrente io dei fatti, e lei potrà colmare le lacune e aggiungere i particolari più tardi.» Diede per scontato l’assenso del drago, e si rivolse a Don. «Harvey, esiste un’organizzazione… una cabala, una congiura, una loggia segreta, la chiami come vuole… noi la chiamiamo, semplicemente, «l’Organizzazione». Io ne sono un membro, come Sir Isaac, come Malath… e come entrambi i suoi genitori. E anche il dottor Jefferson ne faceva parte. L’Organizzazione è composta principalmente da scienziati, ma non è limitata a essi; la sola cosa che tutti abbiamo in comune è la fede nella dignità e nel valore naturale della libera intelligenza. Abbiamo combattuto in molte maniere diverse… combattuto senza successo, dovrei aggiungere… contro l’imperativo storico degli ultimi due secoli, la lenta ritirata della libertà individuale di fronte a organizzazioni più grandi, e ancor più coercitive, governative e paragovernative a un tempo.
«Sulla Terra, il nostro gruppo deriva da decine e decine di origini, alcune delle quali affondano le proprie radici nei recessi della storia… associazioni di scienziati in lotta contro la segretezza e la costrizione del pensiero, artisti in lotta contro la censura, associazioni di aiuto legale, e moltissime altre organizzazioni, quasi tutte destinate all’insuccesso, e alcune completamente stupide. Circa un secolo fa, tutte queste organizzazioni sono state costrette a nascondersi; le più deboli sono scomparse, i componenti più fragili sono stati schiacciati, i chiacchieroni sono stati arrestati e liquidati… ma i superstiti hanno trovato forza e collaborazione.
«Qui, su Venere, le nostre origini risalgono al tempo della pacificazione, e della comprensione stabilita, tra Cyrus Buchanan e la razza indigena dominante. Su Marte, oltre a molti esseri umani… ne parlerò dopo… l’organizzazione è affiliata a quella che noi chiamiamo la «casta sacerdotale»… una pessima traduzione, perché non si tratta di preti; «giudici» sarebbe un termine più vicino.»
Sir Isaac lo interruppe:
«’Fratelli Maggiori’.»
«Eh? Be’, forse questa è una versione molto poetica. Non importa. Il fatto è che l’intera organizzazione, marziana, venusiana, terrestre, ha combattuto per…»
«Un momento,» intervenne Don. «Se può rispondere a una domanda, credo che potremmo chiarire un gran numero di cose. Io sono un soldato della Repubblica di Venere, e la Repubblica sta combattendo una guerra. Mi dica questo: questa organizzazione… qui su Venere, intendo… collabora alla nostra lotta per scacciare i Verdi dal pianeta?»
«Be’, non esattamente. Vede…»
Don non scoprì, in quel momento, quello che avrebbe dovuto ‘vedere’; un’altra voce interruppe bruscamente le parole di Phipps.
«Don! Donald!»
In quel momento, si trovò sommerso da una componente più piccola, e femmina, della sua razza. Isobel pareva determinata a spezzargli il collo. Don ne fu imbarazzato e turbato e felicissimo. Gentilmente, staccò le braccia della ragazza dal suo collo, e cercò di fingere che nulla fosse accaduto… quando si accorse che c’era anche il padre di Isobel, che lo stava fissando con aria molto strana.
«Uh, salve, signor Costello.»
Costello si fece avanti, e gli strinse la mano.
«Come va, signor Harvey? È un vero piacere rivederla.»
«Il piacere è mio. Sono felicissimo di vedervi vivi entrambi, e in buona salute. Avevo paura che vi fosse capitato qualcosa di brutto, non ho più saputo niente dal giorno dell’attacco, e allora temevo…»
«C’è mancato poco. Ma siamo ancora interi.»
Isobel disse:
«Don, ma tu sembri più vecchio… molto più vecchio! E come sei magro!»
Le sorrise.
«Tu invece sei sempre la stessa, nonna.»
Phipps lo interruppe:
«Mi dispiace moltissimo interrompere questa bella scenetta famigliare, ma non abbiamo tempo da perdere. Signorina Costello, noi vogliamo l’anello.»
«L’anello?»
«Intende parlare,» spiegò Don, «Dell’anello che ti ho lasciato.»
«Anello?» disse il signor Costello. «Signor Harvey, lei ha dato un anello a mia figlia?»
«Be’, non proprio. Vede…»
Phipps lo interruppe di nuovo.
«Si tratta di quell’anello, Jim… l’anello con il messaggio. Harvey era l’altro corriere… e sembra che abbia fatto di tua figlia una specie di corriere delegato.»
«Eh? Devo ammettere di essere confuso.» Costello guardò sua figlia.
«Ce l’hai ancora?» domandò Don a Isobel. «Non l’hai perduto?»
«Perdere il tuo anello? Naturalmente no, Don. Ma io avevo pensato… be’, non importa; adesso lo vuoi indietro.» Si guardò intorno, vedendo gli occhi fissi su di lei… quattordici, contando quelli di Sir Isaac… poi si scostò di qualche passo, e voltò la schiena agli altri. Poi si girò di nuovo, quasi immediatamente, e tese la mano. «Eccolo.»
Phipps allungò la mano a sua volta, per prenderlo. Isobel scostò la mano, e porse l’anello a Don. Phipps aprì la bocca, la richiuse, poi la riaprì.
«Benissimo. E adesso, finiamola con tutta questa storia, e ci dia l’anello, Harvey.»
Don se lo mise in tasca.
«Non mi ha ancora spiegato per quale motivo dovrei consegnarlo a lei, signor Phipps.»
«Ma…» Phipps avvampò. «Ma questo passa ogni limite! Se avessimo saputo che l’anello era qui, non ci saremmo neppure disturbati a farla venire qui… ce lo saremmo preso senza il suo permesso.»
«Oh, no, invece!»