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«Bene,» disse Don, lentamente. «Mi sembra che se il dottor Jefferson mi avesse detto quello che io dovevo portare… e che se lei avesse confidato a Isobel almeno in parte quello che stava accadendo, ci saremmo risparmiati tutti un bel po’ di fastidi.»

«Può darsi. Ma molti uomini sono morti, perché sapevano troppo. E, al contrario, un uomo non può dire quello che non sa.»

«Sì, immagino che sia così. Ma dovrebbe esserci il modo di andare avanti, senza che la gente debba vivere nel segreto, e avere paura di parlare!»

Il drago e l’uomo, quasi simultaneamente, chinarono il capo, in segno di assenso. Il signor Costello’aggiunse:

«È esattamente quello che noi vogliamo… a lungo termine. Un mondo che sia proprio così.»

Don si rivolse al suo ospite.

«Sir Isaac, quando ci siamo incontrati a bordo del Cammino della Gloria, lei sapeva che il dottor Jefferson mi usava come messaggero?»

«No, Donald… benché avessi dovuto sospettarlo, quando ho saputo chi eri.» Fece una pausa, e poi aggiunse, «C’è altro che tu voglia sapere?»

«No, voglio solo riflettere.» Troppe cose erano accadute troppo in fretta, troppe idee nuove… Per esempio, quello che il signor Costello aveva detto, sul messaggio dell’anello… si rendeva conto di che cosa poteva significare… se Costello sapeva quel che diceva. Un motore spaziale rapido, capace di battere la più veloce astronave della Federazione… un metodo per proteggersi dalle bombe atomiche, perfino dalle bombe a fissione… be’, se la Repubblica fosse entrata in possesso di simili mezzi, la guerra era finita… la Federazione non avrebbe potuto fare più niente!

Ma quell’insopportabile Phipps aveva ammesso che tutto quel lavoro non aveva lo scopo di sconfiggere i Verdi. Volevano inviare quella ‘cosa’ su Marte, qualunque essa fosse. Perché su Marte? Marte non aveva neppure una colonia umana permanente… solo delle commissioni e delle spedizioni scientifiche, come il lavoro che impegnava i suoi genitori. Il pianeta non era adatto agli esseri umani, in realtà. E cosi… perché proprio Marte?

Di chi poteva fidarsi? Di Isobel, naturalmente… si era fidato di lei, ed era stato ricompensato di questa fiducia. Del padre della ragazza? Isobel e suo padre erano due persone diverse, e Isobel non sapeva nulla, su quello che il padre faceva. Fissò la ragazza; lei restituì il suo sguardo, con occhi grandi e serii. Guardò il padre di Isobel. Non sapeva; non sapeva decidersi.

Di Malath? Una voce che usciva da un serbatoio stagno! Di Phipps? Phipps poteva amare i bambini e avere un cuore d’oro, ma Don non aveva alcun motivo per fidarsi di lui.

Certo, tutte quelle persone sapevano del dottor Jefferson, sapevano dell’anello, e, apparentemente, sapevano dei suoi genitori… ma anche Bankfield aveva saputo tutte queste cose. Lui aveva bisogno di una prova, non di tante altre parole. Ora lui sapeva abbastanza, ed era accaduto abbastanza, per dimostrargli che quanto lui portava era della massima importanza. Lui non doveva commettere un errore.

Gli venne in mente che esisteva una maniera possibile, per controllare; Phipps gli aveva detto che Malath portava l’altra metà del messaggio… che l’anello conteneva soltanto una metà. Se avesse scoperto che quella metà combinava con la parte che Malath portava, sarebbe stata una prova solida del fatto che quella gente aveva il diritto di ottenere il messaggio.

Ma, accidenti… era una prova a doppio taglio. Quella prova lo obbligava a rompere l’uovo, per vedere se era marcio. Lui doveva sapere la verità, prima di consegnare il messaggio. Aveva già conosciuto il sistema del messaggio in due parti; si trattava di un comune espediente militare… ma veniva usato raramente, e solo quando era terribilmente, terribilmente importante che il messaggio non venisse rivelato… quando si preferiva che il messaggio non venisse consegnato, piuttosto che venisse consegnato alle persone sbagliate.

Sollevò lo sguardo, e fissò il drago.

«Sir Isaac?»

«Sì, Donald?»

«Cosa succederebbe, se io rifiutassi di consegnare l’anello?»

Sir Isaac rispose immediatamente, ma in tono grave e deliberato.

«Tu sei il mio uovo, non importa cosa accada. Questa è la tua casa… dove puoi abitare in pace… o dalla quale puoi andare in pace… a seconda dei tuoi desideri.»

«Grazie, Sir Isaac.» Sibilò Don, usando i sibili dei draghi, e usando il vero nome di ‘Sir Isaac’.

Costello disse, in tono urgente:

«Signor Harvey…»

«Sì?»

«Lei sa perché la lingua dei draghi viene chiamata ‘vera lingua’?»

«Uh, be’, no, non esattamente.»

«Perché si tratta realmente di una vera lingua. Vede… ho studiato semantica comparata… la lingua sibilata non contiene neppure un simbolo per il concetto di falsità o menzogna. E quando non si ha un simbolo per indicare una cosa, non la si può neppure pensare! Lo chieda a Sir Isaac, signor Harvey! Gli chieda la verità, nella sua lingua. Se egli risponde, lei potrà credergli.»

Donald guardò il vecchio drago. Una creatura che aveva vissuto per molti secoli… aveva accumulato saggezza attraverso le epoche, da quando la razza umana ancora non si era affacciata alle soglie dello spazio… una creatura aliena, bizzarra, forse mostruosa, secondo i suoi criteri di giudizio, ma intelligente e saggia e antica. La sua mente fu attraversata da una ridda di pensieri… sopra ogni altro, il pensiero che Costello aveva ragione… non esisteva alcun simbolo, nella lingua dei draghi, per definire ‘menzogna’, dato che i draghi, apparentemente, non erano mai arrivati a un’idea simile… oppure non ne avevano mai sentito il bisogno. Sir Isaac avrebbe potuto dire una menzogna? O era così umanizzato, da potersi comportare e pensare come un essere umano? Fissò Sir Isaac, e otto occhi inespressivi, oscillanti al termine dei loro peduncoli, restituirono quello sguardo. Come faceva un uomo a capire quello che un drago pensava?

«Lo chieda a lui!» insisté Costello.

Don non si fidava di Phipps; non poteva, logicamente, fidarsi di Costello… non ne aveva alcun motivo. E Isobel non figurava nello schema.

Ma un uomo doveva fidarsi di qualcuno, prima o poi! Un uomo non poteva andare avanti da solo… nessun uomo l’aveva mai potuto fare, ed era questo il senso dell’esistenza umana… ebbene, se doveva fidarsi di qualcuno, che fosse pure il drago con il quale una volta aveva ‘diviso il fango’.

«Non è necessario,» disse Don, bruscamente. «Ecco.» Si infilò la mano in tasca, estrasse l’anello, e lo infilò sulla punta di uno dei tentacoli di Sir Isaac.

Il tentacolo s’increspò, si curvò intorno all’anello, e lo assorbì nella massa che pulsava lentamente.

«Ti ringrazio, Nebbia-Sulle-Acque.»

CAPITOLO XVI

MULTUM IN PARVO

Donald guardò Isobel, e vide che la sua espressione era sempre solenne, non sorrideva, ma gli parve d’intuire un moto di approvazione in lei. Il signor Costello sedette stancamente sull’altra sedia, e sospirò profondamente, scuotendo il capo.