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Orson Scott Card

I giorni del cervo

PROEMIO

O Palicrovol, con la morte e la vendetta negli occhi, ti scrivo perché lungo i secoli ci sono racconti che hai dimenticato, e racconti che non hai mai sentito. Ti narrerò tutti i racconti, e poiché essi sono veri, tu tratterrai la mano irta di lame, e non cercherai più la morte del ragazzo Orem, chiamato Fianchi-Magri, chiamato Banningside, chiamato il Piccolo Re.
Il ribelle in esilio e la principessa dei fiori

Questo non è il primo dei racconti, ma è il primo che devo raccontarti, perché se lo ricorderai, mi ascolterai fino alla fine.

Giunse da lei nel giardino, dove le sue donne la stavano adornando di fiori, cosa che facevano ogni giorno di primavera. — Qual è il nome della ragazza? — chiese. Le sue donne la guardarono, in attesa del permesso di rispondere. Lei fece un cenno a Fresca-nelle-Acque-Occidentali, che aveva la lingua tagliente e avrebbe saputo quali erano le parole appropriate.

— La nostra signora saprà il nome di quest’uomo che cammina sfrontatamente nel giardino sacro, e rischia di conoscere tutti i segreti che solo gli eunuchi conoscono.

L’uomo parve vagamente sorpreso. — Mi era stato detto che potevo andare dovunque in città.

Ancora una volta le donne la guardarono, e questa volta lei scelse Piegata-dalla-Nascita, la cui voce era acuta e strana.

— Puoi camminare dove un uomo può camminare, ma devi pagare ciò che devi pagare.

Con sua sorpresa, l’uomo non parve spaventato. A giudicare dalla sua mancanza di paura era uno sciocco. A giudicare dal suo accento goffo era uno straniero. A giudicare dalla sua presenza nel sacro giardino, era giunto da poco sull’Isola-Dove-l’Inverno-non-è-che-un-Giorno-fra-le-Montagne. Ma soprattutto, a giudicare dal suo viso, era forte e bello e buono, così lei fece un cenno a Nata-fra-i-Petali-di-Lillà.

— Sei alla presenza della figlia maggiore del Re Sopra-il-Mare-sul-Dorso-di-un-Cigno — disse Mesmisfedilain nella sua voce più vellutata.

Immediatamente lo straniero cadde in ginocchio e chinò la testa, ma non piegò la schiena. Questo era singolare. Lei fece un cenno a Verità-Senza-Tortura.

— Se sei un re nella tua terra, Uomo, perché ti inchini? E se non sei un re, perché la tua schiena nel non piegarsi cerca la tua morte?

— Io sono Palicrovol. Sono lontano una battaglia dalla morte o dal trono. Il mio nemico è Nasilee, che regna per diritto di sangue a Burland.

Verità-Senza-Tortura raccolse la sfida delle sue parole. — Se regna per diritto di sangue, come osi opporti a lui? Rispondi il vero, poiché la tua vita è sospesa alla tua lingua.

— Perché sono un uomo buono — rispose Palicrovol. — E Nasilee è uno di coloro che regnano per diritto di sangue ma si guadagnano l’odio di tutti gli uomini buoni. E tuttavia, non mi sarei ribellato se gli dèi non mi avessero scelto.

— Se gli dèi ti hanno scelto, allora perché sei solo un esule qui sull’Isola-Dove-l’Inverno-non-è-che-un-Giorno-fra-le-Montagne?

Palicrovol balzò d’improvviso in piedi. Per un momento la ragazza temette che volesse farle del male, ma ancor più che forse volesse fuggire. Invece, lui spalancò le braccia e intonò il racconto della battaglia. Nel linguaggio di lei le parole erano goffe, ma ben presto si rese conto che la goffaggine era dovuta al fatto che lui traduceva dalla poesia. Conosci il poema. Lui le disse che era sulla cima di una collina, la sera prima della battaglia, e i fuochi dei più grandi eserciti che mai si fossero visti in Burland brillavano sotto di lui, e seppe che, avesse vinto o perso, troppi uomini sarebbero morti. Non sarebbero rimaste forze sufficienti per difendere i confini dai predatori provenienti dalle montagne dell’interno, o le coste dai predatori del mare. Perciò disse al suo grande generale Zymas di suddividere l’esercito in piccoli reparti e di farli nascondere prima della mattina. Che pensino pure, tutti, che Palicrovol è un codardo; Palicrovol tornerà e vincerà la sua battaglia quando il costo sarà minimo, e il guadagno grande. In quei giorni, Palicrovol era saggio.

E lei gli sorrise, poiché era un degno re.

— Posso vivere, dunque? — le chiese.

Lei annuì.

— Con tutti i miei equipaggiamenti intatti?

Le donne ridacchiarono, ma lei non rise. Si limitò ad annuire di nuovo, gravemente.

— Allora posso rischiare una seconda volta la mia vita, dicendoti che sei solo una bambina, ma che non ho mai visto una bellezza così perfetta in tutta la mia vita?

Lei fece un cenno a Nata-fra-i-Petali-di-Lillà.

— Naturalmente è bella, Quasi-Re-di-Burland. Lei è la Principessa dei Fiori.

— No — disse lui. — Non parlo del suo viso perfetto o dei fiori che sembrano volgari accanto alla sua pelle perfetta, o dei capelli che sembrano profondi come un campo appena arato nel sole. Dico che possiede la perfetta bellezza di una donna che non dirà mai una bugia in tutta la sua vita.

Lui non poteva sapere, a meno che un dio non glielo avesse detto, che lei aveva fatto il più terribile di tutti i voti, quando era stata data al mare, all’età di cinque anni. Era legata alla verità, e anche se non gli aveva detto una sola parola, anche se neppure le Madri del Mare sapevano del suo voto, lui aveva guardato in lei e aveva visto.

— Lei non è una donna — disse Nata-fra-i-Petali-di-Lillà. — Ha solo undici anni.

— Io ti sposerò — disse Palicrovol. — Quando avrai vent’anni, se sarò re di Burland, ti manderò a chiamare e tu verrai da me, poiché io sono l’unico re al mondo che possa sopportare la bellezza di una moglie che non mente mai.

Lei allora si alzò, lasciando che i fiori cadessero a terra, e ignorando l’espressione attonita delle sue dame allungò una mano e gli toccò il polso della mano aperta. — Palicrovol, io ti sposerò allora, che tu sia re o no.

Palicrovol rispose: — Mia signora, se non sarò re, sarò morto.

— Non credo che tu possa mai morire — disse lei.

A questo punto le sue dame piansero, poiché lei si era promessa, e questo non poteva essere cambiato, per quanto suo padre potesse essere addolorato o infuriato dalla sua scelta.

Ma a Palicrovol non importava nulla delle loro lamentazioni. — Mia signora — disse — non conosco neppure il tuo nome.

Lei rivolse una cenno a Piegata-dalla-Nascita. Non poteva dire il proprio nome, poiché in quei giorni il suo nome non era vero.

Piegata-dalla-Nascita trovò la voce, malgrado il pianto, e disse il nome della Principessa dei Fiori. — Questa-È-la-Donna-con-la-Gioia-di-Tutte-le-Donne-sul-suo-Viso, Il-Dolore-di-Tutte-le-Donne-nel-suo-Cuore.

Palicrovol ripeté lentamente il nome, guardando le sue labbra. — Enziquelvinisensee Evelvenin — disse. Lei ascoltò con gioia, poiché con l’amore di lui era certa che un giorno quelle parole sarebbero state vere, anche se aveva timore del sentiero che conduceva al suo nome. — Ti manderò a chiamare — disse lui — e per me tu avrai più valore che la Corona del Cervo.

Partì, e la Principessa dei Fiori lo aspettò. Mai in tutta la sua vita ha rimpianto la sua promessa, né maledetto il terribile prezzo che ha pagato per lui, né mentito a Palicrovol, anche quando avresti desiderato che mentisse, anche quando le hai comandato con tanta crudeltà di non parlare.

1

PALICROVOL DIVENTA RE NEL SUO CUORE

Questa è la storia di come Dio insegnò a un uomo privo di ambizione a cercare un trono
Il sogno di Zymas

Zymas era il braccio destro del Re, l’occhio destro del Re, e (così dicevano gli irriverenti) anche il testicolo destro del Re. Zymas era nato da un garzone di stalla, ma prima la sua forza, poi la sua abilità, e infine la sua saggezza gli avevano portato una tale fama che adesso era generale di tutte le armate reali, e il terrore di Zymas correva per tutta Burland.