L'uccello non reagì. Ma Kostja continuava a posare lo sguardo ora su di me ora sulla civetta. Poi sedette, con le mani intrecciate sui ginocchi.
— Che hai? — chiesi.
— Posso andare?
Non era solo stupito o spaventato, era scioccato.
— Va'. Ma prima prendi tutto…
Si affrettò a raccogliere le ampolle e a ficcarsele in tasca.
— Prendi un sacchetto, testa di legno! Non si sa mai, potrebbe esserci qualcuno sulle scale…
Il vampiro sistemò ubbidiente le ampolle nel sacchetto con la scritta: FACCIAMO RISORGERE LA CULTURA RUSSA! Sfiorando la civetta, uscì nel corridoio e s'infilò in tutta fretta le scarpe.
— Torna pure — gli dissi. — Io non sono tuo nemico. Finché non supererai il limite, non sarò tuo nemico.
Annuì e uscì come un razzo dall'appartamento.
Stringendomi nelle spalle, richiusi la porta. Tornai in cucina e fissai la civetta: — E allora? Che cosa è successo?
Dal suo sguardo giallo ambrato non trapelava nulla.
Allargai le braccia: — Come faremo a lavorare insieme? Come faremo a collaborare? Sei dotata di qualche strumento per comunicare? Mi sto confidando con te, mi senti? Ti sto parlando con franchezza!
Non avevo ancora attraversato completamente il Crepuscolo, mi ero proiettato solo col pensiero. Non si deve mai avere troppa fiducia negli sconosciuti, ma era poco probabile che il Capo mi avesse assegnato un'aiutante non affidabile.
Non vi fu risposta. Se anche poteva comunicare per via telepatica, Ol'ga certo non aveva intenzione di farlo.
— Che misure adottiamo? Bisogna cercare quella ragazzina. Ricevi l'immagine?
Non vi fu risposta. Dopo aver sospirato, lanciai a caso all'uccello un frammento della mia memoria.
La civetta dispiegò le ali e svolazzando venne a posarsi sulla mia spalla.
— Allora senti, eh? Ma non ti abbassi a dare una risposta. Va bene, se vuoi così. Che cosa devo fare?
Continuava il solito gioco del silenzio. Del resto, sapevo che cosa fare. Che non avessi nessuna speranza era un altro discorso.
— E come farò ad andarmene in giro per strada con te sulla spalla?
Uno sguardo beffardo, davvero beffardo. E l'uccello sulla spalla volò via nel Crepuscolo.
Allora le cose stavano così: era un osservatore invisibile. Non soltanto un osservatore: la reazione di Kostja alla civetta era stata più che emblematica. A quanto pare le Forze delle Tenebre conoscevano l'aiutante che mi era stata assegnata assai meglio di un qualunque agente della Luce.
— D'accordo — le dissi compiacente. — Mangia qualcosa, va bene?
Presi uno yogurt e mi versai un bicchiere di succo d'arancia. Il mio nutrimento dell'ultima settimana, ossia bistecche semicrude e succo di carne, quasi per niente distinguibile dal sangue vero e proprio, mi dava ormai la nausea.
— A te va del succo di carne, vero? La civetta si voltò.
— Be', come vuoi — le dissi. — Sono sicuro che non appena ti verrà fame troverai il modo di comunicare con me.
Capitolo 3
Mi piace camminare per la città al tramonto. Ma senza diventare invisibile, altrimenti rischi di essere investito a ogni istante. Così la gente si limita a trapassarti con lo sguardo senza notarti. Ma ora mi toccava lavorare allo scoperto.
Il giorno non fa per noi. Per quanto buffo, gli alleati della Luce lavorano di notte quando si attivano le Forze delle Tenebre. Non si può mai dire di che siano capaci le Forze delle Tenebre. I vampiri, i mutantropi. I maghi neri di giorno sono tenuti a vivere come comuni esseri umani.
Per la maggior parte, s'intende.
Ora camminavo avanti e indietro intorno alla stazione Tul'skaja. Come mi aveva consigliato il Capo, avevo perlustrato tutte le stazioni della linea circolare in cui avrebbe potuto scendere la ragazza con l'infernale vortice nero. Avrebbe dovuto lasciare una traccia, seppure debole, almeno distinguibile. Avevo deciso di setacciare i rami radiali.
Una stazione idiota, un quartiere idiota. Due uscite, dislocate a una discreta distanza l'una dall'altra. Il mercato, il pomposo grattacielo della polizia tributaria, l'immenso caseggiato. C'erano tante di quelle emanazioni oscure che individuare la traccia del vortice malefico era problematico.
Soprattutto se qui lei non si era fatta viva.
Perlustrai tutto, cercando di scovare l'aura della ragazza, spiando talora attraverso il Crepuscolo l'invisibile uccello, che aveva nidificato sulla mia spalla. La civetta sonnecchiava. Anche lei non percepiva nulla, e dire che ero persuaso che i suoi poteri fossero migliori dei miei nella ricerca.
Una volta i poliziotti mi controllarono i documenti. Per due volte venni importunato da alcuni giovani sciroccati che volevano darmi quasi gratis, per soli cinquanta dollari, un phon cinese, un giocattolino e un minuscolo telefonino coreano.
E qui persi il controllo. Scacciai il molesto venditore ed effettuai una rimoralizzazione. Lieve, nei limiti del consentito. Forse il ragazzo si sarebbe cercato un altro lavoro. O forse no…
Ma in quell'istante fui afferrato per i gomiti. Fino a un momento prima non c'era nessuno e ora dietro le mie spalle stava una coppietta. Una ragazza simpatica, robusta, dai capelli rossi e un ragazzo dal viso cupo.
— Tranquillo — disse la ragazza. Nella coppia era lei il capo, lo intuii all'istante. — Guardiano del Giorno.
Luce e Tenebre!
Mi strinsi nelle spalle e li fissai.
— Identificati! — intimò la ragazza.
Non aveva senso mentire, la mia aura era stata filmata già da un pezzo e individuare la mia identità era solo questione di tempo.
— Anton Gorodeckij.
Erano in attesa.
— Altro — ammisi. — Agente della Guardia della Notte. Allontanarono le mani dai miei gomiti. E addirittura arretrarono di un passo. Non sembravano affatto amareggiati.
— Andiamo nel Crepuscolo! — intimò il giovane.
Non dovevano essere vampiri. Anche questo era un bene. Si poteva confidare su una certa obiettività. Sospirai e passai da una realtà all'altra.
La prima sorpresa consisteva nella giovane età della coppia. La ragazza strega aveva all'incirca venticinque anni e lo stregone trenta, più o meno come me. Avevo pensato che all'occorrenza avrei potuto persino rammentarmi i loro nomi: alla fine degli anni Settanta di streghe e di stregoni ne erano nati pochi.
La seconda sorpresa fu l'assenza della civetta sulla mia spalla. O meglio, c'era: potevo sentirne gli artigli, potevo vederla, ma soltanto in un momento di particolare tensione. Era possibile che l'uccello avesse cambiato realtà insieme con me e si trovasse a un livello più profondo del Crepuscolo.
La faccenda era sempre più interessante.
— Guardiano del Giorno — ripeté la ragazza. — Alisa Donnikova, Altra.
— Pet'ka Nesterov, Altro — borbottò il ragazzo.
— Ci sono problemi?
La ragazza mi trapassava col suo sguardo "firmato" strega. A ogni secondo diventava sempre più simpatica e seducente. Certo io ero protetto da un intervento diretto, era impossibile farmi un incantesimo, ma la cosa era piuttosto d'effetto.
— Non siamo noi ad avere problemi. Anton Gorodeckij. lei ha avuto un contatto non regolare con un essere umano.
— Sì? E quale?
— Un'interferenza di settimo grado — ammise malvolentieri la strega. — Ma un fatto è un fatto. Inoltre l'ha spinto verso la Luce.
— Dobbiamo fare rapporto? — A un tratto trovai la situazione esilarante. Del settimo grado. Una sciocchezza. Era un'azione al limite tra la magia e la banale conversazione.
— Lo faremo.
— E che cosa scriviamo? Che un agente della Guardia della Notte ha stimolato leggermente nell'uomo la repulsione per la truffa?
— Violando così l'equilibrio stabilito — disse lo stregone, scandendo le parole.