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— Brucia! — ripetei, convogliando sul palmo della mano un po' di forza.

La fiamma, diafana e ardente, avvolse l'arruffata lanugine blu. Di lì a un istante bruciava tutto il portone. Indietreggiai verso l'ascensore, pigiai il pulsante ed entrai nella cabina. Era più pulita.

— Ottavo piano — suggerì Ol'ga. — Perché sprechi le forze?

— Piccolezze…

— Potresti avere bisogno di tutte quelle che possiedi. Lascia che cresca.

Tacqui. L'ascensore continuava a salire lentamente. Era l'ascensore del Crepuscolo, una copia identica a quello che stava a pianterreno.

— Come ben sai — dichiarò Ol'ga — la giovinezza… l'incapacità di scendere a compromessi…

Le porte si spalancarono. All'ottavo piano il fuoco era già spento, il muschio blu era cenere. Faceva caldo, più caldo di quanto facesse di solito nel Crepuscolo. C'era un leggero sentore di bruciato.

— La porta è questa… — disse Ol'ga.

— Lo vedo.

In effetti avevo percepito l'aura del ragazzo davanti alla porta. Non aveva neppure osato uscire di casa quel giorno. Magnifico. Stava lì legato alla fune come un capretto in attesa della tigre.

— Penso che entrerò — decisi. E spinsi la porta.

Non si aprì.

Impossibile!

Nella realtà le porte possono essere chiuse con i chiavistelli. Il Crepuscolo invece ha le sue leggi. Solo i vampiri hanno bisogno di essere invitati per entrare in casa d'altri, è il loro pedaggio per le energie in eccesso e per il loro approccio gastronomico agli esseri umani.

Per chiudere a chiave una porta nel Crepuscolo, si deve quanto meno essere in grado di entrarvi.

— La paura — disse Ol'ga. — Ieri il ragazzino era terrorizzato. È appena stato nel mondo del Crepuscolo. Ha chiuso dietro di sé la porta… e, senza rendersene conto, l'ha fatto in tutti e due i mondi.

— E che cosa facciamo?

— Entra più in profondità. Seguimi.

Mi guardai la spalla. Non c'era nessuno. Creare il Crepuscolo, quando ci si trova nel Crepuscolo, non è un gioco da ragazzi. Sollevai la mia ombra da terra parecchie volte prima che acquisisse volume e cominciasse a ondeggiare al contrario.

— Su, su che ce la fai — mormorò Ol'ga.

Entrai nell'ombra e il Crepuscolo si infittì. Lo spazio si riempì di una nebbia fitta. I colori si dissolsero. L'unico suono rimasto era il battito del mio cuore, greve e lento, rimbombante come quello di un tamburo percosso dal fondo di un burrone. Il vento sibilava, l'aria s'insinuava nei polmoni, spianando lentamente i bronchi. Sulla mia spalla apparve la civetta bianca.

— Non resisterò a lungo qui — mormorai, aprendo la porta.

Sotto i miei piedi sfrecciò un gatto grigio scuro. Per i gatti non esistono il mondo ordinario e quello del Crepuscolo, essi vivono contemporaneamente in tutti i mondi. Che bello che non siano dotati di ragione!

— Micio, micio! — bisbigliai. — Non aver paura, micino…

Più che altro per sperimentare le mie forze, chiusi a chiave la porta dietro di me. Ecco qua, ragazzo, ora sei molto più al sicuro. Ma ti servirà quando sentirai il Richiamo?

— Esci — disse Ol'ga. — Stai perdendo molto in fretta le forze. A questo livello di Crepuscolo fa fatica anche un mago esperto. Uscirò anch'io più su.

Con sollievo toccai la superficie. Già, io non sono un operativo, in grado di vagabondare per le tre fasce del Crepuscolo. E poi non ho neppure bisogno di farlo.

Il mondo si fece un po' più luminoso. Mi guardai intorno: l'appartamento era accogliente e non particolarmente profanato dalle emanazioni del mondo del Crepuscolo. Qualche strato di muschio blu davanti alla porta… Non era terribile, sarebbe crepato da solo, dato che la colonia principale era stata annientata. Si udirono anche dei rumori dalla cucina. Diedi un'occhiata.

Il ragazzino stava accanto al tavolo e mangiava aglio, bevendo tè bollente.

— Luce e Tenebre… — mormorai.

Ora il ragazzino sembrava ancora più piccolo e più indifeso di ieri. Goffo, magro, anche se non si poteva dire gracile: si vedeva che faceva sport. Portava jeans azzurri scoloriti e maglietta blu.

— Povero — dissi.

— Molto commovente — concordò Ol'ga. — Diffondere quelle voci sulle proprietà magiche dell'aglio è stata una bella mossa per i vampiri. Dicono che sia stato Bram Stoker a inventarle…

— L'aglio è utile — dissi.

— Sì, e protegge dai virus dell'influenza — aggiunse Ol'ga. — Come muore in fretta la verità, come è tenace invece la menzogna… Ma il ragazzo è davvero forte. Un nuovo operativo non guasterebbe alla Guardia del Giorno.

— Ma lui è dei nostri?

— Per il momento non è di nessuno. Il suo destino non è ancora formato, lo vedi anche tu.

— E quali sono le sue inclinazioni?

— Non si capisce. Per ora non si capisce. È troppo spaventato. Ora è pronto a fare qualunque cosa pur di salvarsi dai vampiri. È pronto a diventare un agente delle Tenebre o anche un agente della Luce.

— Non posso giudicarlo per questo.

— Certo. Andiamo.

La civetta spiccò il volo verso il corridoio. Io seguii le tracce. Ora andavamo tre volte più veloce degli esseri umani: uno dei tratti distintivi del Crepuscolo era il mutamento del corso del tempo.

— Aspetteremo qui — ordinò Ol'ga, comparendo in salotto. — Ci sono luce, calore, comfort.

Io sedetti in una soffice poltrona accanto al tavolino. Gettai un'occhiata al giornale, abbandonato lì sopra.

Non c'è nulla di più allegro che leggere la stampa attraverso il Crepuscolo.

CROLLANO I PROFITTI DEI CREDITI recitava il titolo a caratteri cubitali.

Nella realtà la frase appariva del tutto diversa: "Nel Caucaso cresce la tensione".

Adesso si poteva prendere il giornale e leggere la verità. Quella autentica. Leggere ciò che pensava davvero il giornalista che aveva abborracciato l'articolo sul tema commissionatogli. Quelle briciole d'informazione che aveva avuto da fonti non ufficiali. La verità sulla vita e la verità sulla morte.

Ma perché?

Da un pezzo ormai avevo imparato a infischiarmene del mondo degli esseri umani. Quel mondo era stato il nostro fondamento. La nostra culla. Ma noi eravamo Altri. Passavamo attraverso porte chiuse e tutelavamo l'equilibrio tra Bene e Male. Noi eravamo pochi e non eravamo in grado di moltiplicarci… La figlia di un mago non diventava necessariamente una maga, il figlio di un lupo mannaro non imparava necessariamente a trasformarsi nelle notti di luna piena.

Noi non siamo tenuti ad amare il mondo ordinario.

Noi lo tuteliamo solo perché viviamo grazie a esso come parassiti.

Detesto i parassiti!

— A cosa stai pensando? — chiese Ol'ga. In salotto comparve il ragazzino. Si precipitò in camera da letto, rendendosi conto di essere nel mondo ordinario. Prese a rovistare nell'armadio.

— Mah, niente. Sono triste.

— Succede. I primi anni succede a tutti. — La voce di Ol'ga era del tutto umana. — Poi ci farai l'abitudine.

— Per questo mi rattristo.

— Dovresti rallegrarti che siamo ancora vivi. All'inizio del secolo il popolo degli Altri raggiunse il suo minimo storico. Sai che si discusse allora dell'unificazione tra le Forze delle Tenebre e le Forze della Luce? Che si elaborarono dei programmi eugenetici?

— Sì, lo so.

— Per poco la scienza non ci uccise. Non credevano in noi, non volevano credere in noi. Fintanto che si è ritenuto che la scienza potesse migliorare il mondo.

Il ragazzo tornò in salotto. Sedette sul divano, si aggiustò sul collo la catenina d'argento.