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— Che c'è di meglio? — chiesi io. — Siamo stati originati dagli uomini. Abbiamo imparato a muoverci nel Crepuscolo, a mutare la nostra natura di cose e persone. Che cosa è cambiato, Ol'ga?

— Che i vampiri almeno non vanno a caccia senza licenza.

— Dillo a un essere umano a cui hanno succhiato il sangue…

Sulla soglia comparve il gatto. Ci fissò, cacciò un urlo, guardando adirato la civetta.

— È una reazione a te — dissi. — Ol'ga, penetra più profondamente nel Crepuscolo.

— Ormai è tardi — rispose lei. — Scusa… avevo smesso di vigilare…

Il ragazzo balzò su dal divano. Nel modo più rapido possibile consentito nel mondo degli umani. Goffamente — ancora non capiva che cosa gli stesse accadendo — entrò nella sua ombra e cadde sul tappeto, fissandomi. Ormai nel Crepuscolo.

— Me ne vado… — bisbigliò la civetta, svanendo. Mi conficcò dolorosamente gli artigli nella spalla.

— No! — si mise a gridare il ragazzo. — Lo so, lo so che ci siete!

Mi alzai, allargando le braccia.

— Ti vedo! Non toccarmi!

Era nel Crepuscolo. Tutto qui. Era accaduto. Senza aiuto, senza corsi né attività stimolatrici, senza la guida di un mago tutor, il ragazzino aveva varcato la barriera tra il mondo ordinario e il mondo crepuscolare.

Ciò che vedi, ciò che senti la prima volta che entri nel Crepuscolo dipende per la gran parte da ciò che diventerai.

Agente delle Tenebre o agente della Luce.

"Non abbiamo il diritto di assegnarlo alle Forze delle Tenebre, l'equilibrio di Mosca s'infrangerebbe definitivamente."

Ragazzo, sei proprio al limite estremo.

E questo fa più paura di una vampira inesperta.

Boris Ignat'evič ha il diritto di deciderne l'eliminazione.

— Non temere — dissi io, senza muovermi dal mio posto. — Non temere. Sono un amico, non ti farò del male.

Il ragazzino strisciò in un angolo e si zittì. Non distoglieva lo sguardo da me ed era evidente che non aveva capito di trovarsi nel Crepuscolo. Per lui nella stanza si era fatto semplicemente buio, era calato il silenzio e dal nulla ero apparso io…

— Non temere — ripetei. — Mi chiamo Anton. E tu come ti chiami?

Taceva. A tratti deglutiva. Poi strinse la mano al collo, tastò la catenina e parve calmarsi un poco.

— Non sono un vampiro — gli dissi.

— Chi è lei? — Il ragazzino gridava. Meno male che nella realtà ordinaria questo grido penetrante non si poteva udire.

— Anton. Agente della Guardia della Notte.

Sbarrò gli occhi, come per il dolore.

— Il mio compito consiste nel proteggere gli esseri umani dai vampiri e da altre forze impure.

— Non è vero…

— Perché?

Si strinse nelle spalle. Era un bene. Cercava di valutare le sue azioni, di argomentare la sua opinione. Significava che la paura non l'aveva del tutto privato della capacità di ragionare.

— Come ti chiami? — ripetei. Si poteva intervenire sul ragazzino per togliergli la paura. Ma sarebbe stata un'interferenza magica e quindi proibita.

— Egor…

— Un bel nome. E io mi chiamo Anton. Capisci? Sono Anton Sergeevič Gorodeckij. Agente della Guardia della Notte. Ieri ho ucciso il vampiro che aveva cercato di aggredirti.

— Solo lui?

Magnifico. Si cominciava a dialogare.

— Sì, la vampira se n'è andata. Ora la stanno cercando. Non temere, sono qui per proteggerti… per annientare la vampira.

— Perché tutt'intorno è grigio? — chiese a un tratto il ragazzo.

Bravo! Davvero bravo!

— Te lo spiegherò. Solo, voglio precisare, io non sono tuo nemico. Va bene?

— Vedremo.

Si aggrappava alla sua assurda catenina come se avesse potuto salvarlo. Ragazzo, ragazzo, se fosse tutto così facile a questo mondo! Non ti salveranno né l'argento, né il ramo di frassino, né la croce benedetta. La vita si contrappone alla morte, l'amore all'odio… e la forza si contrappone alla forza, perché la forza non ha categorie morali. È tutto molto semplice. Ci ho messo due o tre anni a capirlo.

— Egor — mi avvicinai lentamente a lui. — Ascolta quello che ho da dirti…

— Fermo! — m'intimò, come se avesse avuto in mano un'arma. Sospirai e mi fermai.

— Va bene. Allora ascolta. Oltre al mondo ordinario degli esseri umani, visibile, ne esiste un altro oscuro, quello del Crepuscolo.

Era assorto. Malgrado la sua paura e aveva una paura nera — ero investito da ondate di angoscioso terrore — il ragazzino cercava di capire. Ci sono persone che restano paralizzate dalla paura. E altre a cui la paura dà forza.

Speravo ardentemente che lui fosse tra questi ultimi.

— Un mondo parallelo?

Ecco qua. Eravamo al fantasy. E sia, certe parole erano solo innocui suoni.

— Sì, e in questo possono entrare solo coloro che sono dotati di superpoteri.

— I vampiri?

— Non solo. Anche i lupi mannari, le streghe, i maghi neri…

I maghi bianchi, i guaritori, i profeti…

— Ma esiste davvero?

Era bagnato fradicio. I capelli erano appiccicaticci, la maglietta gli si era incollata al corpo, lungo le guance scorrevano rivoli di sudore. E tuttavia il ragazzo non distoglieva lo sguardo da me ed era pronto a fronteggiarmi. Come se ne avesse avuto la forza.

— Sì, Egor. Qualche volta tra gli esseri umani ve ne sono alcuni capaci di accedere al mondo del Crepuscolo. Essi passano dalla parte del Bene o del Male. Della Luce o delle Tenebre. Costoro si definiscono Altri. E così ci chiamiamo tra noi: Altri.

— Lei è un Altro?

— Sì, e anche tu.

— Perché?

— Tu ti trovi nel mondo del Crepuscolo, piccolo. Guardati intorno, ascolta. I colori si sono dissolti. I suoni si sono spenti. La lancetta dei secondi striscia appena sull'orologio. Sei entrato nel mondo del Crepuscolo… tu hai voluto vedere il pericolo e hai varcato il confine tra i mondi. Qui il tempo procede più lento, tutto è diverso. È il mondo degli Altri.

— Non ci credo. — Egor si voltò di scatto e mi fissò di nuovo. — E perché Gresik è qui?

— Il gatto? — Sorrisi. — Gli animali hanno le loro leggi, Egor. I gatti vivono in tutte le dimensioni spaziali simultaneamente, per loro non fa differenza.

— Non ci credo. — La voce gli tremava. — È soltanto un sogno, lo so. La luce si sta affievolendo… Sto dormendo. Mi è già successo.

— Hai forse sognato che accendevi la luce e la lampadina non si illuminava? — Conoscevo la risposta e oltretutto la lessi negli occhi del ragazzino. — O si illuminava debolmente come una candela? E tu camminavi e intorno fluttuavano le tenebre, e quando tendevi la mano non riuscivi a distinguere le dita?

Taceva.

— Succede a tutti noi, Egor. Gli Altri fanno sogni di questo tipo. È il mondo del Crepuscolo che s'insinua in noi, ci chiama, ci ricorda della sua esistenza. Tu sei un Altro. Anche se sei ancora piccolo, sei un Altro. E dipende solo da te…

Non capii subito che aveva gli occhi chiusi e la testa reclinata di lato.

— Idiota — mi bisbigliò Ol'ga dalla spalla. — È la prima volta che entra da solo nel Crepuscolo! Non ha la forza per farlo! Trascinalo fuori immediatamente o resterà qui per sempre!

Il coma crepuscolare è una tipica malattia dei neofiti. Me ne ero quasi scordato, non mi era mai capitato di lavorare con Altri così giovani.

— Egor! — Feci un balzo verso di lui, lo scrollai, lo afferrai per le ascelle. Era leggero, leggerissimo: nel mondo crepuscolare non cambiava solo il corso del tempo. — Svegliati!

Non reagiva. Così il ragazzo era riuscito in un'impresa che ad altri costa mesi di allenamento: entrare da solo nel Crepuscolo.